Tante le piste da seguire dietro una Tula Tokarev
Sull’agguato a Roberto Adinolfi, manager Ansaldo Nucleare, continuano le ipotesi. Il capo della polizia Antonio Manganelli a proposito della gambizzazione di Adinolfi ha dichiarato “Occorre molta cautela in questa fase, siamo aperti a tutte le ipotesi e si guarda all’area antagonista armata, dove sfumano i confini tra gruppi marxisti-leninisti e anarco-insurrezionalisti”.
Intanto però ci sono state delle perquisizioni a Rebibbia e presso il carcere di Catanzaro, nelle celle dei vecchi brigatisti della colonna romana delle Brigate Rosse, perquisizioni che pare abbiano interessato in particolar modo le celle dei cosìdetti irriduccibili.
Intanto l’attentato sembra avere molti scenari di difficile lettura. Si legge, che qualcuno tra gli inquirenti avrebbe definito l’attentato ad Adinolfi come una fusione a freddo tra spezzoni delle Brigate Rosse del gruppo Galesi-Lioce, delle Br di Seconda Posizione e elementi dell’anarco insurrezionalismo o meglio membri che potrebbero militare nella Fai, la Federazione Anarchica Informale. Sembra infatti che negli ultimi tempi ci sia stato una sorta di patto tra ex militanti in organizzazioni estremiste e l’ecoterrorismo anarchico.
Intanto però proseguono anche le indagini sulla pista commerciale anche se non sono stati trovati riscontri. Intanto si leggeva ieri in tarda sera, sull’Ansa che “In una perquisizione fatta dalla Digos di Genova il 10 giugno 2009 in casa di Riccardo Massimo Porcile, poi condannato a Roma per terrorismo” sarebbe stato trovato ”foglio formato A4 – riporta un verbale – scritto su ambo i lati recante descrizione con immagini di una pistola ‘Tula Tokarev Tt30 e Tt33”. E, è da notare che nell’agguato è stata usata proprio quell’arma anche se può non esserci un certo collegamento anche perchè la Tokarev è molto usata nell’Est Europa. Porcile, detenuto a Catanzaro, è stato perquisito e dunque fermato “nell’ambito dell’inchiesta su un gruppo accusato di aver progettato la ricostituzione del ‘partito armato’ sulla falsariga delle Brigate Rosse. Il processo di primo grado si concluse il 21 novembre dello scorso anno con tre condanne e tre assoluzioni: ai genovesi Riccardo Porcile e Gianfranco Zoja furono inflitti rispettivamente 7 anni e 6 mesi e 8 anni e 6 mesi di reclusione, mentre il romano Bernardino Vincenti e’ stato condannato a 4 anni e 6 mesi di reclusione”.