Durante la fase di carico, le sollecitazioni indotte nel terreno, quali possono essere quelle derivanti da un evento sismico, possono causare un aumento delle pressioni interstiziali fino a eguagliare la tensione soprastante. Viene così annullata la resistenza al taglio del terreno secondo il principio delle pressioni efficaci di Terzaghi, e si assiste così a un fenomeno di fluidificazione del suolo. Così recita la definizione reperibile online su Wikipedia, in genere si osserva anche che gli edifici costruiti al di sopra di un terreno soggetto a tale fenomeno subiscono affondamenti e ribaltamenti, questo perchè il terreno non è più in grado di opporre resistenza alla spinta proveniente dall’alto.In genere il fenomeno si verifica quando il deposito è antico, generalmente le sabbie derivano dall’Olecene, con una datazione di oltre 10mila anni.
La liquefazione delle sabbie è comunque un fenomeno conosciuto
A riguardo del fattore avvenuto con il terremoto dell’Emilia, ha riferito all’ADNK, Raffaele Brunaldi, consigliere regionale dei geologi emiliani che dichiara: “Non ci aspettavamo un fenomeno di liquefazione di queste dimensioni, ci ha sorpresi la sua natura massiccia e diffusa” “In Italia non si ha notizia di fenomeni di questo tipo e ora bisognerà guardare ai modelli giapponesi e statunitensi, dove il fenomeno è più presente, e tararli sull’Italia”.
L’interessante spiegazione del dottor Brunaldi prosegue: ” Il fenomeno della liquefazione ha bisogno di caratteristiche ed elementi precisi e concomitanti per manifestarsi: servono terreni sabbiosi immersi in acqua, come nel caso della Pianura Padana attraversata dagli alvei di paleofiumi, e una scossa sismica a provocare un forte scuotimento. L’acqua va in sovrapressione e la sabbia di conseguenza perde di aderenza, trasformandosi nel fango letteralmente eruttato con il terremoto.
Il fenomeno non può avvenire né su terreni argillosi, né su quelli rocciosi e anche per i terreni sabbiosi è necessaria la giusta tipologia di sabbia perché la liquefazione abbia luogo: devono essere sabbie compatte e recenti come quelle della Pianura Padana, che non hanno avuto il tempo di compattarsi e sono ancora soffici.
In più, i sedimenti sabbiosi immersi in falda devono venire ‘a giorno’, cioè in superficie, come nel caso dei dossi dei paleofiumi. E San Carlo risiede proprio su uno di questi dossi, come la maggior parte dei piccoli comuni della zona. Questo perché dopo l’estinzione del paleofiume, i suoi argini si sono trasformati nelle uniche zone in rilievo della zona e lì, come sulle colline, sono stati costruiti i paesi nel corso dei secoli”. “La maggior parte dei paesi con queste caratteristiche è a rischio, anche se bisogna ricordare che non tutte le sabbie si liquefanno”, aggiunge il geologo romagnolo, che conclude: “la crosta africana vuole scavalcare quella europea, e purtroppo lo sta facendo sotto Sant’Agostino“.