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Il Jiu-Jitsu Il metodo Bianchi Il maestro che adattò il Jiu-Jitsu al mondo occidentale

Il Jiu-Jitsu fu portato in Italia nel 1908 da due marinai, Pizzola e Moscardelli, facenti parte dei gruppi di spedizione italiana in oriente. Fu organizzato un ente sportivo da Carlo Oletti, con la denominazione “ Federazione Italiana Lotta Giapponese Jiu-Jitsu e Judo “ e, in un secondo tempo, assorbito dall’ ente federale di allora.


Del Jiu-Jitsu non se ne parlò più come disciplina sportiva a se stante, finche non ritornò in Italia Gino Bianchi, arruolato nel battaglione S. Marco, facente parte anch’egli di gruppo di spedizione  di stanza a Tien –Tsin in Cina ( Caserma “ parlotto “, 1935 ). 

Il M° Bianchi, a diversità di altre persone che divulgarono il Jiu-Jitsu in Italia così come lo avevano imparato, lo plasmò e lo modificò, adattandolo al modo di pensare occidentale. Lasciamo la spiegazione di ciò allo stesso M° Bianchi: “ ..essendomi reso conto delle difficoltà che incontravano gli occidentali a adattarsi ad alcune discipline orientali per diverse abitudini di vivere e di pensare, venni ala conclusione di fare in modo che ogni occidentale potesse essere introdotto alle conoscenze dell’autodifesa, senza intaccare le sue abitudini e senza deviarlo dai suoi rituali movimenti e in particolare, senza costringerlo a fare cose che la sua origine  di occidentale non gli permettesse di fare. Insomma “ orientalizzarlo “ quel tanto che basti per certi tipi di esercizi..” ( La Dolce Arte del Samuraj, Genova 1956 ).

Bianchi, seguendo questi principi, scompose quanto aveva appreso e lo riordinò in settori numerati, che tenevano conto di prese e di sistemi di attacco tipicamente occidentali e introdusse un nuovo sistema di entrata nei colpi d’ anca fondamentali e di sollevamento. Un’altra innovazione è stata l’ identificazione delle tecniche non in giapponese, ma bensì con numeri o corrispondenti termini italiani. Il Jiu-Jitsu che derivò da tali mutamenti, risultò un sistema di difesa e di allenamento psicofisico più consono alla mentalità occidentale.

Nel 1956, Bianchi diede alle stampe un libro che descriveva il suo metodo con delle serie di fotogrammi molto particolareggiate, contenente anche il primo abbozzo di regolamento di quella che egli volle definire “ Dolce Arte “; in seguito, il sistema illustrato sul libro subì dei mutamenti e venne sostituito. A Savona, che fu il primo centro di divulgazione fuori dalla provincia di Genova, alcuni atleti del M° Bianchi presero ad insegnare il Jiu-Jitsu in maniera diversa, pur lasciandolo integro nella sostanza. Fra questi ricordiamo il M° Terracciano, che fu il precursore e successivamente l’ istruttore Grasselli. La diversità del metodo originale, consisteva nell’ insegnare le tecniche in progressione di difficoltà e tale variazione fu perfezionata, in seguito, dal M° Rebagliati, allievo di Grasselli. Nel 1959, esso divenne il programma della palestra “ Priamar “ di Savona e in seguito fu trasmesso all’ Unione Gruppi Jiu-Jitsu. Il M° Bianchi considerò tale derivazione parte integrante del proprio metodo e, a conferma di ciò, nell’Ottobre 1960, conferì alla palestra Priamar il gagliardetto delle società che praticavano il metodo Bianchi. 

Dalla sua Genova, Bianchi cominciò a divulgare il Jiu-Jitsu in una Liguria che ancora non sapeva cosa fosse la lotta giapponese. Faceva il collaboratore in una scuola statale e continuò a farlo fino alla morte, senza trasformare la “Dolce Arte “ in un mestiere che avrebbe reso anche bene, in un ambiente in cui non esisteva concorrenza. Al contrario, dedicò parte della propria vita a regolamentare il suo metodo secondo dettami federativi; nacque così l’O.L.D.J. ( Organizzazione Ligure Divulgativa Jiu-Jitsu ) ed in seguito, con l’ampliamento della federazione, la F.A.N.J. ( Federazione Autonoma Nazionale Jiu-Jitsu ).

Il Jiu-Jitsu, in questo periodo, si presentò a Genova e all’Italia con centinaia di gare e di manifestazioni a carattere divulgativo, eseguite per lo più a scopo di beneficenza, e con il suo primo congresso che si tenne a Genova nel 1960.

Negli ultimi anni della vita del Maestro, infuriarono più che mai accese, le polemiche tra il Jiu-Jitsu e il neo arrivato Judo,  i cui istruttori, non comprendendo l’occidentalizzazione della lotta giapponese, giunsero persino ad offendere lo stesso Maestro Bianchi. Nel 1964, dopo aver insegnato ad oltre 5000 allievi le tecniche della Dolce Arte, Bianchi, mentre si recava al lavoro, venne meno sui gradini della Chiesa del Carmine.


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