La creazione di nuova occupazione nel 2013 deve esplorare tutte le strade: dai lavori più umili che gli italiani non vogliono fare (mancano 6.000 pizzaioli) alla cosiddetta auto-imprenditorialità, come la gestione in franchising di punti di vendita, un settore che promette 5.000 nuovi occupati nell’anno in corso. Negli ultimi anni il trend dei nuovi occupati nel franchising è sempre stato positivo arrivando a circa 54.000 affiliati, che a loro volta hanno assunto 186.000 addetti. Oltre a ciò si aggiunga la crescita costante dei punti vendita italiani in franchising all’estero, arrivati a 7.342.
Conseguentemente nell’ambiente si registra una grande attesa per la fiera “Franchising Nord”, che tra circa un mese aprirà i battenti al PiacenzaExpo il 25 e 26 maggio, organizzata da QUiCKFairs® e BeTheBoss.it .
“Giunta alla terza edizione, Franchising Nord è ormai considerata la fiera dei potenziali franchisee, cioè delle persone che sono interessate ad aprire un negozio in franchising – spiega Giovanni Bonani, co-fondatore di BeTheBoss, sito leader del settore – e a dispetto delle norme attira giovani e meno giovani da tutta l’Italia, perfino dalle isole. Abbiamo circa 100 mila lettori registrati al sito, gente che ha capito come ormai sia impossibile pensare in termini di posto fisso di lavoro, e che una soluzione è rappresentata dalla auto-imprenditorialità”.
I punti di vendita di beni o servizi del franchising italiano spaziano in tutti i campi, dalla ristorazione all’alimentazione, dall’abbigliamento all’oggettistica, e sono resi attraenti per i potenziali affiliati anche per gli investimenti iniziale minimi e senza rischi eccessivi, in quanto il franchisor, cioè la società che propone le aperture di negozi in affiliazione, possiede un marchio già riconosciuto e ben posizionato nel mercato. Inoltre, il franchisor mette a disposizione il proprio know-how, la pubblicità e la gestione del marketing.
Ma come vede il popolo dei potenziali affiliati la crisi occupazionale e cosa chiede al nuovo Parlamento e al nuovo Governo? Un sondaggio, svolto a febbraio su un campione di circa 1.000 intervistati tra i lettori registrati del portale BeTheBoss.it, ha messo in evidenza analisi ed indicazioni utili per il legislatore.
Per quanto riguarda le cause della emergenza lavoro, la maggioranza ritiene che essa derivi dalla combinazione dell’incapacità dei governi a creare un clima che stimoli le aziende ad investire (56,1%) con la gravità della crisi economica-finanziaria (46,6%), cui si aggiunge il fardello degli ostacoli burocratici (73%). Un altro grosso problema viene individuato dalla legislazione sul lavoro troppo rigida, che per proteggere i lavoratori dal rischio del licenziamento ha in realtà creato un ostacolo a nuove assunzioni (36,3%). Anche la delocalizzazione delle fabbriche all’estero viene visto come un fattore che ha portato alla stasi attuale (35,7%), mentre sembra essere meno sentito il problema del precariato e dei lavori a tempo determinato: solo il 34,2% degli intervistati ritiene che si sarebbe dovuto procedere con un piano per trasformare i posti di lavoro precari in posti fissi, anche part time.
Per quanto riguarda le proposte per iniziare a risolvere la questione occupazionale, la maggioranza degli intervistati ritiene che vadano ridotte subito le tasse, sia alle imprese (70%) che ai cittadini (63,9%) e che vadano attivate linee di credito ai giovani orientati all’autoimprenditorialità (59,8%). Interessante la richiesta di facilitare in ogni modo il rientro in Italia dei “cervelli in fuga” tramite agevolazioni fiscali per quelle aziende o centri di ricerca che li assumessero (55,1%). La flessibilità viene considerata determinante dal 50,7% degli intervistati che propone venga consentita nelle aziende l’assunzione di personale nelle fasi di crescita e la riduzione di personale nei momenti di crisi. Anche il franchising può contribuire a ridurre l’emergenza occupazionale, e a questo scopo molti intervistati pensano sia utile favorire l’accesso al credito per gli operatori del franchising (45,5%). Infine un eventuale divieto di assunzione con contratto precario viene visto con favore solo dal 31,5% degli intervistati (le slides della ricerca sono disponibili a richiesta)