Amnistia e indulto, inutile ricordarlo, sono conseguenza dell’inattività nei sette anni dal precedente condono senza che nessuno, se non noi, incalzasse i vari governi affinché risolvessero strutturalmente il problema del sovraffollamento con depenalizzazioni, razionalizzazione delle sanzioni, potenziamento delle strutture penitenziarie reintegrando i fondi scippati per (salvare!) l’Alitalia, e rinforzando il personale penitenziario. Questa inattività andava denunciata senza farne pagare le conseguenze ai cittadini e alle vittime, condannate a trovarsi di nuovo davanti i loro aguzzini, estorsori o usurai. Ma c’é un altro rimedio che può alleviare la situazione rimanendo nel sistema.
L’indulto non consente di distinguere chi si conquista il diritto alla clemenza e chi no: é automatico, e gratifica anche chi non lo merita. Invece l’ordinamento penitenziario ha come cardine la premialità, all’interno della quale sarebbe legittimo ricercare soluzioni. Ad esempio, si pensi al fatto che, aumentando gli sconti di pena da novanta a centoventi giorni per chi si comporta bene, magari retroattivamente per un anno, si potrebbero liberare un migliaio di detenuti meritevoli, senza il rischio di mettere di nuovo per la strada anche pericolosi delinquenti.
Sappiamo che l’indulto, e ancor più l’amnistia, farebbe piacere trasversalmente a tutti i partiti che annoverano inquisiti o condannati tra di loro; ma c’é il limite della decenza. Se, ad esempio, a beneficiarne potessero essere, oltre Berlusconi, i tanti imputati di concussione o corruzione, oltre che i Fiorito e le centinaia ormai di consiglieri regionali sotto inchiesta per distrazione dei fondi ai gruppi, i partiti farebbero un piacere a qualche loro esponente, ma potrebbero trovare la dura reazione del popolo inferocito che quelle dilapidazioni non approva minimamente.