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Conigli, Anlac: export peggiora e aumentano pratiche sleali. Intervenga Antitrust

L’ export ha avuto la sua parte importante nel peggioramento della crisi del settore cunicolo e del saldo commerciale, nonostante consumi favorevoli e import stabile. Una crisi che, dopo il 2007, da congiunturale è diventata strutturale (le importazioni hanno cioè superato le esportazioni), senza che le misure varate dal governo nel 2009 siano riuscite a porre freno a distorsioni e pratiche sleali, che da tempo contraddistinguono questo settore. Lo ha dichiarato Saverio De Bonis, presidente dell’ Anlac, associazione nazionale liberi allevatori di conigli.

L’ Europa – aggiunge – non tutela dalle pratiche sleali come dovrebbe e permette ad alcuni Stati membri come la Francia di esportare, prove alla mano, dentro il mercato comune carne di coniglio a prezzi dimezzati rispetto a quelli praticati dentro i propri confini territoriali francesi. Una pratica vietata dalle norme europee.

Questa pratica, assimilabile a un dumping predatorio, ha arrecato grosso pregiudizio ai paesi importatori – tra cui l’ Italia – dal momento che le loro merci risultano meno competitive, così costringendo i nostri produttori interni a perdere quote di mercato e ad uscire dal settore. Migliaia i posti di lavoro e occupazione persi, in particolare in regioni come il centro-sud dove sono più concentrati i consumi e più penalizzato il diritto al lavoro.

Del resto – fa notare l’ Anlac – i grossisti-macellatori italiani, pur sapendo del fenomeno anticompetitivo in atto, e pur essendo stati sollecitati a farlo, non hanno mai segnalato il problema alle Autorità competenti per difendere il mercato nazionale e le esportazioni italiane. Nemmeno in ossequio ai loro doveri di responsabilità sociale, che prescindono dai doveri normativi sulla concorrenza e comportano un’ azione volontaria incoraggiata dalla stessa Commissione europea affinchè le condizioni di lavoro siano rispettose dei diritti umani, specie nelle aree a maggior disagio.


Anzi – prosegue – alcuni hanno addirittura alimentato il fenomeno, specie con il baratto (countertrade) che ha favorito l’ esportazione di maiali (o altre tecnologie) in cambio dell’ importazione di conigli, peggiorando così ulteriormente l’ andamento dell’ export nazionale di carne cunicola, che nel periodo 2003-2013 ha subito così una variazione negativa annua media del -6,10% perfettamente parallela alla tendenza negativa del saldo.

Altri ancora hanno alimentato il fenomeno delle vendite sottocosto francesi, utilizzando strategicamente uno-due camion importati a settimana con l’ obiettivo esclusivo di condizionare con piccoli volumi i prezzi di un grande mercato come quello italiano, governato purtroppo da “opache” borse merci (il morto a Milano e il vivo a Verona).  Un mercato importante come il nostro, che risulta autosufficiente, è il primo in Europa per produzione. Da noi – rileva l’ Anlac – i consumi sono pressochè stabili e l’ import non incide più dell’ 5-8 % sul consumo complessivo nazionale. L’ andamento dell’ import, infatti, nel periodo 2003-2013, ha subito una variazione negativa di appena -0,08%, confermando volumi mediamente stabili delle importazioni, almeno di quelle che risultano apparentemente ufficiali.

Il lieve decremento dei consumi (-1,3% nel 2013), inoltre, rende di fatto nulle tutte le dichiarazioni rilasciate dai macellatori in Cun durante il 2013 che hanno sempre sostenuto (falsi) abbassamenti della domanda e (falsi) aumenti delle importazioni, per causare alterazioni di prezzo non giustificate dalla situazione vera di mercato.

Se questi dati sono confermati – si chiede l’ associazione – come può qualche camion condizionare un mercato cento volte più grande? Ha senso assecondare delle promozioni al trade sottocosto se il prodotto è insufficiente? Qual’ è la ragione che ostacola la chiusura della borsa merci di Verona del coniglio vivo se esiste una Cun e un chiaro parere antitrust? Sono questi i quesiti a cui deve dare risposta l’ antitrust italiano, dopo le conclusioni cui è giunta l’ ultima risoluzione parlamentare, aprendo al più presto un’ indagine seria, per far luce in un settore in cui lo Stato non è ancora riuscito – dopo quattro anni – a risolvere la crisi, nonostante un piano di azioni concordato con le Regioni. Nell’ era dell’ informatica, è impossibile ottenere trasparenza sui dati di macellazione da appena quaranta macellatori. Non si è riuscito ad imporre l’ etichettatura obbligatoria dell’ origine. Non si è riuscito a spendere un euro dei fondi previsti dal piano per la pubblicità istituzionale per promuovere i consumi. Non si è riuscito a dettare le linee per un regolamento della Cun neutrale e trasparente.

Noi vogliamo – conclude – un Governo che non sia ostaggio di potenti lobby ma che agisca rispettando gli impegni al fine di difendere il lavoro di tutti, anche del 40% di allevamenti chiusi, del 20% di macelli chiusi e del 70% di supermercati sforniti di conigli, con buona pace dei consumatori che rimangono così confusi, disorientati e insicuri.

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