Se dunque da un lato “sono sempre di più le diagnosi fatte ai bambini e agli adolescenti, catalogati come malati da curare”, dall’altro lato, spiega Bianchi, la verità è che in molti casi “i ragazzi sono invece soggetti deviati dalle mode”. Il rimedio è uno solo: l’informazione sui rischi a cui si va incontro nel bere sangue umano. “L’unica cosa che si possa realmente fare per fronteggiare queste problematiche – ha suggerito lo psicoterapeuta – è realizzare attività di informazione rivolte ai ragazzi. È l’unico modo per ottenere risultati veri e immediati, evitando soluzioni fittizie”.