Dopo tanti anni, anche i tribunali italiani si cominciano ad adeguare a quello che, negli Stati Uniti, è stato un cavallo di battaglia non solo delle associazioni di tutela dei consumatori, ma anche della stessa opinione pubblica: la responsabilità delle multinazionali del tabacco per i danni alla salute provocati dal fumo. Il catrame presente nelle sigarette provoca il cancro, almeno nei roditori da laboratorio.
Ma non solo. Esso è l’agente che crea assuefazione e dipendenza ancor di più dello stesso tabacco. Secondo alcuni studi, le case produttrici di sigarette, resesi conto di ciò, avrebbero volontariamente incrementato, nelle sigarette, la dose di catrame, a discapito di quella del tabacco al fine di rendere ancor più schiavi del vizio i consumatori.
La questione era stata sollevata, non senza chiare allusioni, da un famoso romanziere americano: John Grisham. Il suo più famoso libro, “La Giuria”, è una chiara accusa alle aziende produttrici di tabacco. Aziende tanto forti che, nella rappresentazione cinematografica del libro, sono riuscite a far modificare la trama, facendosi sostituire, quale parte imputata, dai fabbricanti di armi. E ciò perché, contro di essi, l’opinione degli americani è notoriamente più mite.
“Il fumo di tabacco è una sostanza molto complessa che presenta almeno trecento elementi la cui composizione è nota: sedici cancerogeni accertati, alcali, e altri composti con conseguenze biologiche accertate. Il fumo di tabacco è un miscuglio di gas che contiene minuscole goccioline: quando una persona lo inala, il cinquanta per cento viene trattenuto nei polmoni e alcune di queste gocce si depositano sulle pareti dei bronchi”. È questo uno dei passaggi più allarmanti del romanzo-inchiesta di Grisham.
Tornando alla storica recente sentenza italiana , un giudice del Tribunale di Milano ha condannato una casa produttrice di sigarette a poco meno di un milione di multa poiché, nel corso del processo, è stato inequivocabilmente provato il collegamento tra un tumore ai polmoni e la morte di un soggetto, “affetto” dal vizio del fumo. Gli eredi di quest’ultimo sono riusciti a dimostrare che il danneggiato arrivava a consumare in media un pacchetto e mezzo di sigarette al giorno: e ciò proprio per via della predetta assuefazione. La sentenza ritiene sussistente il nesso di causa-effetto fra l’attività di tabagista e la neoplasia polmonare. La produzione e la commercializzazione è un’attività pericolosa e la conoscenza dei rischi del fumo, da parte del consumatore, non esclude la responsabilità dell’azienda del settore. ( in tal senso Trib. Milano sent. n. 9235/14 dell’11.07.2014)
Tuttavia, la sentenza lascia, per alcuni versi, l’amaro in bocca: sembra quasi voglia condannare le aziende produttrici solo per il fatto di non aver correttamente informato il consumatore dei rischi connessi al fumo prima del 1991 (anno in cui è diventato obbligatorio scrivere sui pacchetti di sigarette “Attenzione: nuoce gravemente alla salute”). Compete a chi esercita l’attività pericolosa, cioè a chi vende le sigarette, provare di aver adottato tutte le misure idonee a evitare il danno. Solo nel 1991 sono comparse sui pacchetti le avvertenze sul carattere legale dell’assunzione del tabacco. La sentenza riveste comunque un’importanza senza precedenti. Infatti, sebbene in passato la Cassazione avesse qualificato come “attività pericolosa” quella di commercializzazione e vendita delle sigarette (Cass. sent. n. 26516/09 secondo cui “l’attività di commercializzazione e produzione delle sigarette è pericolosa e la pretesa conoscenza del rischio connesso al fumo non esclude la configurabilità della responsabilità del produttore), l’opinione non era condivisa da tutti i tribunali.
Tutt’altro: in una pronuncia della Corte di Appello di Roma, emessa a gennaio 2012, la responsabilità per il cancro ai polmoni non è del produttore di sigarette, ma niente meno che del consumatore, il quale, pur consapevole dei rischi che corre, sceglierebbe coscientemente di procurarseli, decidendo di fumare. ( in tal senso anche C. App. Roma sent. n. 1015/2005). E con ciò, il collegio di secondo grado dimostra di ignorare completamente il “complotto” a danno dei consumatori, ordito dalle multinazionali del tabacco, complotto appunto rivolto ad aumentare, con agenti chimici artificiali, la dipendenza da fumo!
Foggia, 28 luglio 2014 Avv. Eugenio Gargiulo