Consumi degli Italiani 2018: aumentano le disuguaglianze
Secondo i dati Istat si sta assistendo a un nuovo rallentamento dei consumi nello Stivale e a un aumento del divario fra quelli fra Nord e Sud e fra ricchi e poveri, per una differenza più o meno di ben 800 euro a famiglia. In sostanza chi spendeva meno ha diminuito ulteriormente i consumi del 5% e chi spendeva di più ha invece aumentato del 4,3%. La conseguenza è un aumento generale dei consumi, ma una forte differenza interna fra le famiglie.
Le diseguaglianze nella penisola
Andando a osservare bene le differenze all’interno del Bel Paese si può appurare che al Nord una famiglia spende mediamente 2850 euro mensili circa per la spesa, contro i 2000 circa che si spendono al Centro e al Sud. Questi valori confermano le differenze territoriali presenti in Italia, dove livello di reddito, di prezzi e comportamenti nella spesa sono diversi. Fattori economici e sociali, quindi, sono causa di differenze fra Nord, Centro e Sud.
Un’altra forte differenza si ha fra stranieri e autoctoni. Anche in questo caso la differenza nei consumi è pari a circa 900 euro con valori maggiori per gli Italiani. Secondo i dati statistici nelle famiglie di soli stranieri la spesa per alimentari, bevande analcoliche e spese di casa (acqua, elettricità, combustibili) ammonta al 50% del totale speso, mentre per gli Italiani queste spese sono pari al 29%.
Le differenze sono presenti anche andando a vedere il livello di istruzione: le famiglie in cui le figure di riferimento sono laureati spendono sostanzialmente il doppio delle famiglie in cui si ha al massimo la licenza elementare. In posizione intermedia i nuclei in cui ci sono diplomati. La motivazione pare da ricercarsi nelle spese extra per ricreazione, cultura, spettacoli, ristorazione, servizi ricettivi. Al pari le spese per l’intrattenimento di altro genere, come sport e giochi, come casinò online, poker, tombola online, ticket per partite ed eventi sportivi etc.
Si rischia la ripresa dell’inflazione?
La crescita delle differenze interne al Paese più che di quella dei consumi di per sé, mette in allarme i commercianti. Questo perché con il diminuire dei consumi si rischia l’aumento dell’inflazione, con conseguente ulteriore restringersi dei consumi, un circolo vizioso pericoloso per l’economia. L’allarme è stato lanciato anche da Confesercenti.
Se si nutrivano speranze di una rapida uscita dalla crisi, se la situazione prosegue in questi termini l’evolversi della situazione sarà molto più lenta. D’altronde l’Unione Nazionale Consumatori sottolinea come vi siano le difficoltà appena viste che vedono: da una parte chi ha deciso di tornare a spendere e dall’altra, i benestanti, sentendosi ormai fuori dalla crisi e dall’altra chi ancora non riesce ad arrivare a fine mese. La disparità territoriale non fa che peggiorare questa situazione.
Il governo, secondo Confesercenti, Unione Nazionale dei Consumatori e Codacons auspicano manovre adatte a rispondere a questo momento di arresto dei consumi da parte del nuovo governo Conti. Un’idea potrebbe essere l’introduzione delle liberalizzazioni nel commercio interno che potrebbe risollevare il settore, l’abrogazione dei saldi di fine stagione restrittivi, lasciando che i negozi possano farli quando meglio credono in base alle esigenze.