Monica Vitti ci ha lasciato e con lei scompare un’icona della cinematografia mondiale.
Consacrata dal regista Michelangelo Antonioni, nella trilogia dell’incomunicabilità girato in bianco e nero L’avventura – 1960, La notte – 1961, L’eclisse – 1962 il cui atto conclusivo con l’apporto del colore ne Il deserto rosso. Monica Vitti è stata anche amante dell’arte visiva, basti ricordare che dal 1994 al 1996 cura, all’interno della rivista internazionale Cahiers d’Art Italia, una rubrica dal titolo L’occhio innocente. Nel percorrerne il passato, emergono tratti di pensiero sull’arte che Monica Vitti ha senz’altro concorso con Michelangelo Antonioni nei momenti del loro rapporto artistico e che ne risulta comprendere meglio il nome della rubrica L’occhio innocente. Frequenta artisti tra gli anni Cinquanta e Sessanta, di cui parlava nella sua rubrica. Conosce pittori come Mark Rothko e Saul Steinberg a New York; frequenta Giorgio Morandi, di cui compera due opere; incontra gli espressionisti astratti e la Pop Art americana, i metafisici e gli informali. Anche l’arte visiva contemporanea piange la morte di Monica Vitti. La ricorda il pittore transrealista Francesco Guadagnuolo il quale gli chiese una collaborazione per la sua mostra che stava realizzando per la scomparsa di un’altra colonna portante del cinema mondiale il regista Federico Fellini. Lei, con la sua voce tipica, fu chiamata come doppiatrice ne Le notti di Cabiria del regista.
Cosi si esprimeva Monica Vitti nella sua testimonianza autografa “Per Federico” riservata a Guadagnuolo per la realizzazione dell’opera pittorica:
«Ho conosciuto Federico al doppiaggio, appena uscita dall’accademia. La mia voce roca gli piaceva molto e ho doppiato un personaggio in “Le notti di Cabiria” mi pare anche ne “La strada”.
Eravamo amici. Mi ha subito dato dei diminuitivi “Monichina, Monicuccia”. Le cose che ricordo di più, sono il suo modo di guardare, di parlare, di sorridere mentre continuava a pensare. Guadava anche me come guadava tutto e tutti: con attenzione, dandomi l’impressione che trovasse in me qualcosa che io non sapevo di avere. Gli occhi di un artista sono acuti, attenti, attraversano il cuore e cercano di capire cosa c’è dietro una faccia.
Abitando vicini, ci incontravamo in queste stradine di sera, si faceva qualche passo insieme ridendo e poi con un bacio si andava a dormire. Il dolore per la sua morte, non ha fatto che aumentare la mia amicizia e la mia ammirazione.
Per fortuna, un artista non muore mai e le sue immagini, le sue parole continueranno ad ispirare ed aiutare gli artisti ed il pubblico di tutto il mondo. Viva Federico! » Monica Vitti.
Queste ultime parole possono essere indicate anche per la scomparsa della grande attrice, che un artista non può mai morire, perché rimane sempre nell’immaginario collettivo.
È del ’93/’94 la mostra di Guadagnuolo dal titolo Incantesimo dei Luoghi e dei Simboli– in memoria di Federico Fellini, l’artista costruisce opere con la presenza di prosa, musica, poesie autografe, inserendo testi e testimonianze che vede coinvolti importanti attori, registi, musicisti e scrittori che hanno ammirato Fellini o che hanno operato con lui da Monica Vitti, Nanni Loy, Enrico Vanzina, Palma Bucarelli, Edoardo Cacciatore, Franco Fortini, Tonino Guerra, Mario Lunetta, Mario Luzi, Valerio Magrelli, Stanislao Nievo, Plinio Perilli, Vito Riviello, Emilio Servadio ad Andrea Zanzotto e spartiti musicali autografi di Nicola Piovani.
Scrive il critico Renato Mammucari: «Francesco Guadagnuolo si è occupato del binomio “arte e cinema”, secondo la sua esperienza e la sua intuizione ci fa vedere come il tempo appartiene anche all’arte e nell’arte di Guadagnuolo le situazioni temporali si combinano tra loro e quindi passato, presente e futuro con la realtà diventa un aspetto di ancoraggio senza tempo, dove vengono espresse rappresentazioni da una parte e dall’altra sempre in continuo svolgimento e ci ha fatto capire che il tempo appartiene anche all’arte. “Visualizzare il tempo, se così è lecito dire – scriveva il filosofo Rosario Assunto sulle opere di Guadagnuolo – in una sola e unica immagine, per sovrapposizione e intreccio di linee, delle linee consapevolmente alternando lo stacco netto ed il fluente generarsi l’una dall’altra, contrarre un intero racconto”. Dice ancora Rosario Assunto “…Guadagnuolo, ci porta a esplorare il tempo che è anche una maniera di rincontrare il tempo, fornendoci una riconquista contro il suo passaggio inesorabile e quindi della morte”».
Con la morte di Fellini nel 1993 ed ora nel 2022 con Monica Vitti è come attraversare il tempo tra cinema e arte, nel suo passaggio inesorabile, possiamo pensare al loro incontro con un lungo abbraccio in un luogo celeste senza più il tempo.