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VIDEO INCHIESTA DI GREENPEACE NEI SUPERMERCATI

ROMA, 15.12.22 – I supermercati italiani non sempre consentono alla clientela di usare i propri contenitori riutilizzabili per l’acquisto dei prodotti sfusi serviti al banco del fresco, come invece si potrebbe fare per legge. Lo rivela la nuova video inchiesta di Greenpeace realizzata da volontarie e volontari dell’organizzazione ambientalista in dieci città italiane (Bari, Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Pisa, Roma, Torino e Trieste), all’interno dei supermercati dei marchi Conad, Coop, Selex, Végé, Eurospin, Esselunga e Sogegross.

Dei 54 punti vendita visitati, solo in 24 (il 44,4 per cento) è stato possibile utilizzare il proprio contenitore portato da casa anziché i comuni imballaggi usa e getta per acquistare alimenti sfusi come pomodori secchi, ricotta, olive. Nei restanti 30 supermercati (il 55,6 per cento) la vendita con tale modalità non è stata permessa dal personale nonostante la legge 12/12/2019 n. 1411, il cosiddetto Decreto Clima, preveda che “ai clienti è consentito utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare”.

Il personale può rifiutare l’impiego di questa tipologia di imballaggi laddove ritenga che non sussistano le condizioni igieniche: una casistica che non è stata rilevata nel corso dell’indagine. Al contrario, nei casi in cui non è stato concesso l’uso di contenitori portati da casa, operatori e operatrici dei supermercati hanno spesso fatto riferimento ad altre problematiche come la mancanza di disposizioni, l’impossibilità di apporre lo scontrino (e quindi effettuare il pagamento) o la mancanza di autorizzazione a usare contenitori per alimenti di provenienza non conosciuta.

«A più di tre anni dall’entrata in vigore del Decreto Clima, è inaccettabile che questa modalità di vendita sia ancora poco nota al personale addetto alle vendite tanto da essere negata alla clientela in più della metà dei supermercati che abbiamo visitato. È urgente adeguarsi subito a una normativa pensata per ridurre i rifiuti che potremmo evitare», dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace. «Non solo i supermercati italiani continuano a basare il loro business sul massiccio ricorso al monouso in plastica e mancano di investimenti in sistemi di riuso, ma addirittura spesso negano l’applicazione delle normative vigenti sui contenitori riutilizzabili».

Come dimostra infatti la recente indagine di Greenpeace eilfattoquotidiano.it sull’uso di plastica usa e getta nei supermercati italiani, gran parte delle aziende analizzate non ha ancora un piano concreto per fare a meno della frazione monouso, aumentare la vendita di prodotti con sistemi di riuso e ricarica e allontanarsi da un modello di business inquinante. Eppure, la vendita di prodotti con contenitori riutilizzabili è già possibile in tante realtà, incluse alcune catene di supermercati italiani ed europei. In provincia di Varese, per esempio, la novità legislativa introdotta dal Decreto Clima ha ispirato l’iniziativa “Spesa Sballata”, a cura della Cooperativa Totem. Le famiglie che hanno partecipato all’iniziativa, svoltasi in piena pandemia da Covid-19, non solo hanno avuto la possibilità di acquistare con i propri contenitori prodotti freschi al banco gastronomia, ma anche frutta e verdura con retine riutilizzabili e prodotti da forno (come il pane) con sacchi in tela.

Il riuso dei contenitori, secondo i dati evidenziati dal recente lavoro delle Nazioni Unite nell’ambito della “Life Cycle Initiative”, comporta numerosi benefici ambientali dei prodotti riutilizzabili (inclusi gli imballaggi) rispetto al monouso, indipendentemente dal tipo di materiale. Anche a seguito di valutazioni come questa, numerosi Stati europei (come ad esempio Austria, Francia, Portogallo) e alcune multinazionali (ad esempio Coca-Cola) hanno già scelto di ricorrere a quantità crescenti di contenitori riutilizzabili per la vendita dei propri prodotti nei prossimi anni. Anche la recente proposta di Regolamento europeo sui rifiuti da imballaggio prevede il crescente ricorso al riuso per alcune categorie di prodotti come bevande calde e fredde, cibo pronto da asporto, bevande alcoliche e analcoliche.

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