
Nel 2024 sono 7 le donne uccise in Sardegna, tutte morte ammazzate per mano violenta di un uomo. Ma la morte è l’ultimo step di un escalation di violenza silenziosa che subiscono le donne.
Il fenomeno della violenza di genere ha molte sfaccettature: unica certezza è che sempre, o quasi, la vittima è una donna.
La violenza sessuale è in crescita, in Sardegna l’incidenza è altissima infatti, se a livello nazionale si sono registrati11,18 violenze sessuali ogni 10mila abitanti, in Sardegna siamo a 9,37 in Sardegna. Nella nostra Isola le vittime sono tantissime, fa male scoprire che 3 vittime su 10 sono minorenni. Recenti rilevazioni dati, 2022, in Sardegna mettono in luce 613 vittime: nel 52,3% dei casi è stato denunciato un atto persecutorio, in circa il 30% percosse e in quasi il 18% una violenza sessuale. Ma non è solo questa violenza: esiste qualcosa di subdolo, invisibile e persino impercettibile, la violenza economica e psicologica.
La violenza economica: catena invisibile di troppe donne
È una delle declinazioni della violenza di genere, è una violenza psicologica, meno facile da riconoscere rispetto alla violenza fisica: si esercita su una donna quando le si vuole impedire di essere autonoma nell’accesso e nell’utilizzo delle risorse economiche, quando le si nega di avere un lavoro e di avere un’entrata finanziaria personale. Il denaro viene usato come strumento di controllo. Una violenza subdola, un abuso nascosto, invisibile dai risultati devastanti sia a livello economico che psicologico.
Controllare, limitare o sabotare l’accesso di una persona alle risorse economiche, impedendole di raggiungere o mantenere l’indipendenza finanziaria è privare della libertà il prossimo. Controllo del denaro: monitoraggio delle spese, limitazione dell’accesso ai conti bancari, richieste di giustificazione per ogni acquisto così come il sabotaggio lavorativo: impedire alla vittima di trovare o mantenere un lavoro, sabotare opportunità di carriera, costringerla a dimettersi. Ma ci sono tantissime altre forme sottili di violenza economica costantemente praticate da chi sovrasta le donne.
8 marzo nessuna festa: per noi
Per noi, non è festa della Donna sino a che continueranno ad esserci donne morte ammazzate da un uomo, donne private della libertà di esistere e di esprimersi in nome di un “amore” falso e malato.
Per questo motivo ed altri motivi non ci sentiamo di festeggiare l’8 di marzo.
La nostra associazione Namastè, nata da qualche mese, ha già in programma per le prossime possibilmente spezzare quella catena invisibile. Questo particolare tema sembra interessare migliaia di donne. Lo sapevate che sono pochissime le donne ad avere risorse economiche proprie?
Nelle settimane a venire Namastè organizzerà un momento di incontro tematico dedicato proprio alla violenza economica.
Quando festeggeremo l’8 marzo
Torneremo a festeggiare come un tempo l’8 di marzo quando anche nel nostro Paese la questione delle violenze di genere diventerà parte integrante della discussione politica, cesserà di essere soltanto un’emergenza. Quando il termine libertà entrerà ad essere, nuovamente, parte del dibattito politico, quando anche le donne saranno libere di autodeterminarsi ed esprimersi allora forse l’8 marzo tornerà ad essere una festa e non una giornata dedicata al marketing in giallo.
L’8 marzo lo festeggeremo quando i consultori saranno laici per davvero e tutte le donne di qualsiasi credo religioso potranno avere la giusta assistenza, quando essere donna non vorrà dire essere pagata meno e maltrattata.
NAMASTE’: chi siamo.
Namastè è un’associazione che si impegna a favorire la crescita culturale e sociale ma anche a preservare il patrimonio di tradizioni e storie locali e personali.
Ad oggi abbiamo una sede operativa e legale ad Oristano, a breve saremo operativi anche su Selargius.
Namastè nasce in memoria di una insegnante che ha dato parte della vita a generazioni di donne e uomini di Sardegna, è la volontà di un gruppo di amici di tenere viva la memoria praticando azioni concrete.