
ActionAid è devastata e indignata nell’apprendere che Mohammad Ahmad Abu Marshood, ingegnere e coordinatore dei progetti presso
Al Awda Hospital – partner di ActionAid – è stato ucciso dalle forze israeliane insieme a molti membri della sua famiglia, tra cui sua moglie incinta, mentre altri sono ancora intrappolati sotto le macerie.
La sua uccisione rientra in un massacro di oltre 400 persone, tra cui molti bambini, che hanno perso la vita a causa dei recenti attacchi aerei israeliani, che hanno infranto il cessate il fuoco durato due mesi e colpito indiscriminatamente i civili e strutture
sanitarie. Dopo quasi tre settimane di blocco totale, i medici stanno esaurendo le forniture necessarie per salvare vite umane. Con
cibo, acqua, medicine e carburante tagliati, le équipe mediche sono costrette a prendere
decisioni impensabili su chi curare e chi lasciare morire – tutto ciò mentre le famiglie osservano il Ramadan,
digiunando tutto il giorno senza alcuna certezza di un pasto, acqua pulita o cure mediche in caso di malattia.
Nel frattempo, Israele ha emesso nuovi ordini di evacuazione nell’area est di Gaza, che includono
tre centri di assistenza sanitaria primaria e un ospedale da campo, alimentando i timori di un’ulteriore escalation e costringendo le famiglie – molte delle quali già sfollate numerose volte – a fuggire ancora una volta,
senza nessun posto sicuro dove andare.
Il dottor Mohammed Salha, direttore ad interim dell’ospedale Al-Awda, ha descritto la devastazione in un messaggio vocale condiviso con ActionAid dopo gli attacchi aerei di ieri:
“Le forze di occupazione israeliane sono tornate a bombardare Gaza. Abbiamo anche perso uno dei nostri membri del team, l’ingegnere Mohammad Marshood, che lavorava nel coordinamento e nella gestione dei progetti. Siamo profondamente addolorati per questa
perdita, ma qui all’ospedale Al-Awda continuiamo a fornire i nostri servizi alla popolazione. Non sappiamo davvero cosa accadrà in futuro, nei prossimi giorni. Speriamo che tutto questo finisca presto”.
Questa straziante perdita è l’ennesimo esempio del palese disprezzo dell’esercito israeliano per le vite dei civili e del suo inquietante schema di attacchi contro ospedali e operatori sanitari.
Gli ospedali dovrebbero essere luoghi di cura, non di orrore. La comunità internazionale
deve agire subìto per fermare questi attacchi, far rispettare il cessate il fuoco, garantire il rilascio totale degli ostaggi e
assicurare l’immediato afflusso di aiuti salvavita.