L’Intervista: Romano Baratta, Light Artist & Lighting Designer «Foggia deve farsi conoscere, sostenendo le sue eccellenze»
Qualche settimana fa pubblicammo un articolo, “«Che Villa Faragola diventi il rilancio per la Daunia» per Romano Baratta, lighting designer”, dove, appunto, Romano Baratta, noto Light Artist & Lighting Designer, foggiano D.O.C. ma residente a Gallarate, che da sempre segue e promuove il nostro territorio durante le sue opere, il suo lavoro, i suoi viaggi e lezioni universitarie, intervenne sul disastro che colpì uno dei centri archeologici più importanti della Capitanata. Il suo amore per il nostro territorio ha spinto il dott. Romano Baratta a non sottrarsi a dir la sua, anzi ha promosso, con un messaggio, la presa di coscienza e ripresa dei valori culturali e storici di chi può far ritornare al centro delle attenzioni istituzionali il tesoro della nostra bella Italia. Un tesoro spesso dimenticato da noi cittadini della provincia di Foggia, anche bistrattato dalle istituzioni locali che non riescono a far rete per rilanciare la nostra bellissima e unica Capitanata. Ciò lo testimonia soprattutto la storia, sempre lei, anche a distanza di oltre mille anni, che con Federico II di Svevia e dopo la rottura con la Chiesa, l’imperatore trovò le porte di Foggia chiuse, esclamando con dolore: «Fogia, cur me fugis, cum te fecit mea manus?», «Foggia, perché mi sfuggi, giacché la mia mano ti costruì?». E da lì si aprirono le porte ed i foggiani accolsero con entusiasmo e gratitudine l’Imperatore, lo “Stupor Mundi”. Un’apertura che tuttora c’insegna quanto sia importante aprirsi all’evolversi del tempo mantenendo intatti i valori, la storia, la cultura.
Premiato con il “Lighting Design Award” tra i quaranta migliori light designer “under 40” del Mondo, a Londra presso la London Hilton Park Lane, dalla rivista specializzata britannica “Lighting Magazine”, autorevole magazine del settore, per il lavoro svolto sul fronte del lighting design, la data del 04 maggio 2017 per Romano Baratta rimarrà quell’indelebile giorno che per la prima volta ha coronato con sacrifici, dedizione, studio, tanta passione e caparbietà, quel sogno tanto inseguito, ora raggiunto e trampolino di lancio per future soddisfazioni professionali e personali. Una notizia rimbalzata immediatamente su tutti i media locali, nazionali e internazionali, come testimoniano diverse recensioni su giornali, riviste e web site, del settore, destando interesse e soprattutto riconoscimento verso Romano Baratta per aver portato nel mondo il nome della sua città natale, appunto Foggia e la sua provincia. Romano Baratta da qualche settimana è ritornato da un interessante e formativo workshop tenutosi in terra sudamericana. Difatti dal 6 al 9 ottobre 2017 a San Gabriel Ixtla, Stato del Messico, è stato realizzato dal Brandi Institute for Light and Design un Master Class cui Baratta ha avuto l’opportunità di insegnare, rilasciandoci un’interessante intervista, lunga ma proficua, per rafforzare la conoscenza sulla luce e su quello che si potrebbe realizzare laddove il lighting design e la light art sono poco conosciuti nella loro interezza.
D: Buongiorno dott. Romano Baratta, innanzitutto grazie per aver accettato la nostra richiesta di conoscerla meglio e di poterle porgere alcune domande. Complimenti per il prestigioso riconoscimento e per aver portato nel mondo il nome di Foggia e provincia. Lei è un “Foggiano D.O.C., che nel corso della sua carriera ha sempre portato la Capitanata e le sue peculiarità. È tornato da poco da una Master Class sudamericana. Ce ne può parlare, a benefico anche di chi vorrebbe intraprendere la professione di Light Artist e Lighting Designer?
R: È stata una bella esperienza professionale e di vita. Sono stato invitato in Messico da un lighting designer messicano per insegnare ad un workshop sulla luce, organizzato dal Brandi Institute for Light and Design tedesco. Un workshop dove hanno partecipato professionisti della luce e dell’architettura. Il workshop verteva sul tema a me molto caro: la coesistenza della luce artificiale durante le ore diurne con quella naturale in luoghi aperti. Non si pensa mai alla luce artificiale come elemento per alterare il paesaggio visivo diurno, per alterare la visione di un monumento. È vero che non serve funzionalmente per vedere, ma può essere utile per narrare qualcosa che solo la luce naturale non può fare.
D: Dal Messico cosa ha imparato e cosa Lei ha insegnato?
R: L’esperienza messicana è stata una totale immersione nei colori, nei paesaggi, nella natura, nei sapori del Messico. Una terra eccezionale che negli ultimi tempi è stata più volte colpita da terremoti violenti. È straordinaria la forza dei messicani di andare avanti nonostante le difficoltà. Dal punto di vista professionale è stato interessante vedere l’emozione che sprigionavano i miei insegnamenti e la visione dei miei progetti nei partecipanti. Ho avuto la conferma che quanto faccio ha un valore universale geograficamente. È bello vedere che le ricerche effettuate sono informazioni preziose anche per altri. Umanamente è stato bellissimo condividere con i partecipanti e gli altri insegnanti le ricerche, i progetti, le storie, le culture differenti, le lingue ma soprattutto il tempo. Il tempo per la colazione, il tempo per le riflessioni, il tempo per i progetti, il tempo per i pranzi, le passeggiate, i sorrisi.
D: Se dovesse consigliare questa esperienza a chi La segue, come lo comunicherebbe?
R: Partecipare ad un workshop con la modalità residenza è un valore superiore ai workshop normali, dove una volta finito le ore di corso si va tutti a casa. Si instaura anche la relazione umana con i partecipanti, si entra in sintonia con loro.
D: Lei è stato premiato come uno dei 40 migliori lighting designer under 40 a livello mondiale. Ci racconta le emozioni provate?
R: Sì, è stata una grande emozione e soddisfazione ricevere il premio a Londra dal vice presidente di Osram dr. Gernot Steinlesberger. Fa piacere sapere che oltre ai clienti anche gli addetti ai lavori apprezzano quello che fai, soprattutto quando a farlo sono gli inglesi che non sono per niente amorevoli con gli italiani e nell’ambito dell’arte e del design solitamente ci snobbano spesso. È quindi una doppia soddisfazione. È anche vero che nella giuria c’erano personalità anche di altre nazionalità: americani e tedeschi su tutti.
D: Fra le tante realizzazioni artistiche e progettuali che ha compiuto quale lavoro le ha dato più soddisfazione artistica?
R: Ad oggi, tra i lavori completati, indubbiamente il False Sunset eseguito al Kursaal di Giulianova, dove ho ricreato il riflesso solare del tramonto identico a quello reale, dove però non è possibile, ovvero, sulle coste del Mare Adriatico, appunto dove il sole sorge. Il Sole, tramontando ad ovest dietro la catena montuosa appenninica, non riesce a riflettere la sua luce dorata sugli edifici fronte mare. Con questo intervento ho voluto offrire un momento magico: far vivere e vedere il riflesso di un tramonto sulla facciata del Kursaal. Produrre quell’emozione furtiva di luce dorata è stato come seminare gioia nelle persone. Con questa installazione chi ha potuto godere dell’opera ha visto un tramonto, nei suoi colori, nei tempi scrupolosamente studiati e attuati, nelle sfumature di quel sole che scendendo dapprima accarezza e poi lambisce il lido. Un’interazione tra luci naturali e artefatte che coniugandosi realizzano ciò che la natura compie da altre parti. Uno studio da me sempre intrapreso e in continua evoluzione. Tra quelli ancora non completati sicuramente c’è l’illuminazione della Lanterna di Genova dove l’illuminazione permetterà al monumento di far riemergere la propria storia e quella della città.
D: Una bella soddisfazione quella del “Fulse Sunset”, ma ancor di più un’aspettativa con il Lanterna che non tarderà a sortirne altre. Ora, entrando nel tecnico, secondo Lei, da esperto, quali sono le migliori fonti luminose: quelle ad incandescenza o a LED. E perché?
R: Non esistono fonti luminose migliori di altre ma diventano migliori in base all’utilizzo che bisogna farne. Ogni sorgente ha delle proprie caratteristiche che se sfruttate permettono di ottenere ottimi risultati. Tutto è correlato al loro spettro luminoso e ai materiali dalla quale la luce viene ottenuta. Conoscendo queste informazioni è possibile ottenere il meglio.
D: Lei dice il meglio: si riferisce ai benefici di una buona luce, installata bene e secondo le necessità personali di chi la utilizzerà?
R: Il meglio è inteso sia dal punto di vista visivo che fisiologico e psicologico. Per vivere bene abbiamo bisogno di tutte le bande dello spettro anche di quelle UV (ultraviolette)e IR (infrarosse). Poi c’è l’aspetto esperienziale legato alla capacità di alcune sorgenti di creare particolari climi luminosi o di spostare sul piano emozionale dei ricordi apportando benessere, e su questo punto ahimè i LED ancora non riescono a raggiungere i livelli di quelle ad incandescenza.
D: Lo chiediamo a lei che è esperto: per vivere bene l’ambiente come deve essere illuminato? Luce soffusa, calda, fredda, con poca o tanta luce?
R: Tutto dipende di quale ambiente parliamo: domestico, lavorativo, ricreativo, ecc. In quello domestico la luce deve essere prettamente calda e soffusa, magari con alcuni colpi di luce per variare il mood, naturalmente in cucina dove bisogna fare attenzione si può utilizzare una luce più fredda e con flussi maggiori. In ambiti lavorativi per esempio è preferibile quantità alte di illuminamento con colorazione neutra o fredda, ma anche qui dipende dal tipo di lavoro che si esegue. Quanto detto va bene per ambiti operativi ma potrebbero non andare bene per un ufficio di rappresentanza o di un notaio.
D: Premettendo che la luce naturale è la migliore, qual è quella più consigliata?
R: È quella che vi fa stare meglio. Ma per saperlo è necessario affidarsi ad uno specialista. È come se ci chiedessero quale è il cibo che ci fa stare meglio: al 90% non lo sappiamo, ma potremmo saperlo affidandoci ad uno specialista. Che però deve essere un vero specialista e non uno dei tanti venditori di lampade. Maneggiare la luce non è cosa semplice e purtroppo pochi sanno veramente farlo. Quindi non fidatevi facilmente. Detto questo, posso dire che la luce in un ambiente non deve abbagliare, non deve stancare gli occhi, non deve alterare i colori degli oggetti, del cibo o dell’incarnato delle persone, non deve alterare lo spazio compromettendo la sicurezza oppure deve alterarlo per migliorarlo e renderlo fruibile. Comunque consiglio vivamente di stare molte ore alla luce solare perché è fondamentale per sintetizzare la vitamina D ed evitare la depressione e problemi alle ossa e al cuore.
D: Lei è di Foggia e non possiamo non chiederle cosa le piacerebbe illuminare nella sua città che le ha dato i natali. Lei ama la sua terra e lo evidenzia nel suo operato che mai dimentica l’origine. Ebbene, che ci dice?
R: Ehhh…, in primis mi piacerebbe lavorare per la Cattedrale di Foggia. Per esser franco il concept esiste già, in quanto fui contattato dalla precedente amministrazione comunale per occuparmene. Poi tra cambi e burocrazie il progetto non è più partito. Spero vivamente di realizzarlo sia perché ci tengo da foggiano ad illuminare il principale monumento cittadino, ma anche perché il concept stilato permette alla Cattedrale di emergere non solo visivamente dal torpore notturno attuale nel quale è avvolto il centro storico, ma anche culturalmente. L’illuminazione come l’ho concepita fa affiorare anche il passato della Cattedrale prima del crollo del terremoto del ‘600, ricordando il suo indiscusso legame con le “Tre Fiammelle” della Madonna dei Sette Veli e con Federico II di Svevia. È una illuminazione non banale, come purtroppo spesso si vedono per le chiese, ma che enfatizza il carattere e la convivenza tra il medievale e il barocco.
D: Ovviamente la Cattedrale di Foggia non è l’unico sogno nel cassetto. Ce ne sono altri?
R: Infatti non è l’unico! In teoria mi piacerebbe illuminare tutta la città con un lighting master plan per riequilibrare le connessioni e il modo di viverla. Però se devo scegliere dei luoghi, direi la Chiesa delle Croci, la Villa Comunale, la Stazione Ferroviaria, porta importante della città, dove ogni centro urbano dovrebbe riporre attenzione e investire per offrire a chi entra un luogo accogliente e ospitale.
D: Ma qui non c’è solo Foggia; abbiamo una provincia ricca di storia e testimonianze che andrebbero rivalutate e allestite per renderle appetibili e fruibili al turismo. Lei ha qualche sogno per realizzazioni in Capitanata?
R: Certo, la provincia è anche nei miei sogni e nei miei progetti, perché forse qualcosa si sta muovendo. Andando fuori città mi piacerebbe lavorare su Borgo Segezia, al Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, presso la Fortezza Sveva Angioina e l’Anfiteatro Augusteo di Lucera, fare interventi di lighting sull’esterno della Cattedrale di Troia, per il Castello di Bovino dove tra l’altro ogni giorno va in scena lo spettacolare tramonto con il sole che pian piano scompare dietro i Monti Dauni. Poi c’è, seppur ridotto a un rudere, Castel Fiorentino dove morì Federico II. E lì avrei intenzioni, magari, di progettare e installare un’illuminazione che attragga il visitatore, tale da renderlo un indotto turistico d’eccellenza. Come pure, sempre per valorizzare la nostra storia e incrementare il turismo culturale, il cosiddetto “Castello dei Diavoli”, presso la masseria Ponte Albanito, che come citato dalle fonti del periodo di Federico II di Svevia era una residenza fortificata. Poi ci sono i monumenti medievali di Siponto e Manfredonia e un luogo sui generis, quelle Saline di Margherita di Savoia che offrirebbero spunti artistici luminosi che solo col sale possono essere realizzati.
D: Lei cita luoghi storici e culturalmente importanti del Sub-Appenino dauno. E per lo Sperone d’Italia che offre scorci e anfratti incantevoli, per altro perle incastonate nell’arido Monte Gargano, cosa e dove le piacerebbe lavorare, oltre alla già citata Monte Sant’Angelo?
R: Monte Sant’Angelo rimane il luogo d’eccellenza dove vorrei proporre e realizzare dei miei lavori; c’è un’affinità particolare mistico-religiosa che lega noi della pianura con la dimora dell’Arcangelo Michele. C’è Peschici, Vieste, Rodi, Vico del Gargano, e le loro spiagge ricche di faraglioni, cale e grotte. C’è l’ingresso per la Foresta Umbra e del bosco di San Matteo a San Marco in Lamis, dove con un master plan si potrebbe realizzare una illuminazione d’ambiente per interi paesi dove passeggiare di sera diventerebbe una esperienza sublime. Ovviamente ho citato solo alcuni dei paesi garganici, tutti meritevoli di attenzione per una migliore vivibilità luminosa.
D: Bene, siamo giunti quasi alla conclusione, e chiediamo ai nostri lettori un po’ di pazienza. Ma una domanda è d’obbligo. A Foggia abbiamo saputo che lei fin da piccolo era innamorato dell’arte e della sua storia e cultura. Sappiamo che girovagava per campi, in particolare dove un tempo c’erano infrastrutture e manufatti antichi: vedi Arpinova, Masseria Pantano, la chiesa di San Lorenzo in Carmignano. E girovagava per studiare ritrovamenti. Ma è vera questa storia? Su Masseria Pantano e la chiesa di San Lorenzo in Carmignano si potrebbe intervenire o è tardi? Infine voci dicono che la Tomba della Medusa potrebbe essere ricoperta. Cosa ne pensa lei dopo che son stati investiti fior di quattrini senza mai realizzare ciò che si avrebbe voluto?
R: Sì, è vero. Che ricordi! Ma come lo sapete? A questo punto deduco che siete degli ottimi giornalisti investigativi. Tutto iniziò quando avevo 14 anni e assieme all’amico Giuseppe ci armavamo di tanta buon volontà, passione, scarponi e bici per andare a visitare i luoghi nei dintorni di Foggia dove la storia di un passato glorioso era ancora visibile seppur avvolte difficile da scovare. Facevamo tanti chilometri in bici e non con le super leggere e dotate bici di oggi, ma con delle sgarrupate grazielle. Era sempre una grande emozione scovare e vedere antiche mura medievali, tombe romane, ceramiche federiciani e romane. È stata una grande scuola di storia dell’arte sul campo. Abbiamo avuto modo di comprendere le tecniche di lavorazione e costruzione nonché la grande creatività figurativa e coloristica. Nel 1993 pochi sapevano di luoghi come San Lorenzo in Carmignano, di Masseria Pantano ma anche del convento dei Cappuccini di via Ciano.
La chiesa di San Lorenzo in Carmignano è recuperabile. C’è stato qualche anno fa un accenno di sistemazione per renderlo un museo, ma poi tutto si è, come al solito, fermato. A San Lorenzo in Carmignano sarebbe bello riuscire anche a creare un polo museale più vasto che permetta di far affiorare i resti dell’antico Castrum medievale e del Palacium Pantani (Domus Solaciorum) federiciano. Un sogno sarebbe creare un polo più ampio lungo tutto l’asse che porta dal Palacium al Castrum ed arrivare all’altro Palacium federiciano, nei pressi del Bosco dell’Incoronata, se vogliamo rimanere in ambito medievale. Ma andando oltre si potrebbe includere sullo stesso asse le rovine di Herdonia. Masseria Pantano è già più complesso recuperarla, ma se ci sono i fondi è possibile. Tutto è possibile se lo si vuole. Masseria Pantano sorge poco distante da quella che doveva essere il Palatium Pantani di San Lorenzo. C’è chi pensa che il Palacium fosse più ampio e includesse quindi l’area della masseria con resti nelle strutture basse e chi indica che la masseria fu costruita con resti del Palacium stesso vicino. Ma magari la masseria era semplicemente una delle varie strutture rustiche adiacenti (masserie regie) alla Domus centrale. Questo perché non dobbiamo pensare che il Palacium fosse l’unica struttura esistente ma che ci fossero varie Domus per lo svago non solo dell’Imperatore ma anche della sua corte.
La storia della Tomba della Medusa è davvero l’ennesima brutta figura che facciamo rispetto al nostro patrimonio, ritrovato, recuperato per poi essere nuovamente abbandonato. Una struttura che potrebbe portare turismo sfruttando l’asse Manfredonia-Foggia, dove sorgono bei monumenti medievali e resti archeologici romani. Immaginate se tutti questi siti venissero recuperati creando dei percorsi turistici che sviluppo sarebbe per l’economia della provincia? Tanti stranieri conoscono il nostro mare e le nostre spiagge. Ma nessuno conosce la vastità culturale del foggiano. Foggia nella stessa Italia è vista come una città senza bellezza e spesso sento dire che non c’è niente da vedere. Ma non è vero. Il problema è che questi luoghi non sono visitabili. Come non sono valorizzate le chiese storiche della città, o gli antichi tratturi che sono gli unici esempi in tutta Italia di strade legate alla transumanza. Oggi potrebbero essere recuperate come dei sentieri per il trekking, per le passeggiate e come percorsi ciclabili. Non ci vuole tanto per farlo e i costi sarebbero minimi. La nostra zona potrebbe essere un ottimo luogo per passare delle vacanze e non lo penso solo io ma lo pensava proprio Federico II “Cum solatiis nostris Capitanatae provinciam frequentius visitemus et magis quam in aliis regni nostri moram sepius trahimus ibidem” Foggia purtroppo non si fa conoscere.
D: Siamo davvero alla fine. Sappiamo che qualche settimana fa è sceso a Foggia per lavoro. Ha avuto qualche offerta? Ce ne può parlare, se può, o almeno accennare? Sappiamo anche di un suo contatto a Londra dopo la premiazione. Ha in cantiere altre novità?
R: Sì, effettivamente sono sceso a Foggia per discutere di alcuni progetti che mi sono stati sottoposti sia in ambito privato che pubblico. Come dice il proverbio: se son rose fioriranno…
Grazie per la sua cordiale disponibilità.
NOTE INFORMATIVE
“La luce in sé è percepibile anche senza oscurità, come l’oscurità è percepibile anche senza la luce.” Romano Baratta.
Romano Baratta, (Foggia, classe 1979), è un light artist e lighting designer italiano. Laureato all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano in scenografia con 110 lode e bacio accademico, ha conseguito un Master post-laurea in Lighting Design. Dapprima si è diplomato in Decorazione Pittorica presso l’Istituto Statale d’Arte Perugini di Foggia, per poi trasferirsi a Milano dove ha conseguito tutti gli altri titoli di studio.
Nel 2017 è stato premiato e annoverato tra i 40 miglior Lighting designer under 40 del mondo. Le sue installazioni di luce, visionarie e surreali, sono frutto di ricerche e sperimentazioni costanti e assidue. Si occupa solo di luce a 360° dal 2004 effettuando conferenze, docenze, pubblicazioni e progettazione della luce. Ha teorizzato i concetti di Antropologia della Luce, Filosofia della Luce e Clima Luminoso. Docente di Lighting Design dal 2014 presso l’Accademia di Belle Arti di Novara. Nel 2008 ha fondato Lighting Now! Il sito di cultura e riflessioni sull’illuminazione contemporanea. Nel 2011-2012 è stato membro del direttivo dell’Accademia della Luce. Direttore artistico del Contemporary Lighting Context, primo festival di Lighting Ambient in Italia. Ha esposto in gallerie d’arte e musei. Selezionato e premiato in concorsi e mostre internazionali, tra cui La Biennale di Venezia, Premio Codega, Luminale, Milano (fonte Design Week, Darc Awards).
Tra le esperienze artistiche e lavorative di Romano Baratta troviamo, oltre a quella come light artist e lighting designer, quella come costumista e scenografo per il film cinematografico Goliath diretto da Ettore Pasculli e come assistente alla direzione della fotografia alla RAI. Attualmente, oltre a quello già scritto, è direttore del web site di cultura della luce Lighting Now! (come già detto) e moderatore del più importante gruppo social professionale sulla luce. Inoltre è stato citato in un libro “L’Emigrante laureato. 100 eccellenze di Capitanata”, scritto da Ettore Braglia ed edito da Bastogi libri, a testimoniare della sua professionalità che potrebbe far ritorno in terra natia se si avesse consapevolezza e la volontà di chi è preposto a tal fine che le eccellenze sono patrimonio inestimabile da non fa emigrare. I nostri cervelli non devono fuggire, bensì rimanere.
È corretto affermare, a beneficio del lavoro svolto dal dott. Romano Baratta, che il “Lighting Design Award” per l’anno 2017 è stata una scelta compiuta per lavori artistici e progettuali, con pubblicazioni importanti e dopo un’attenta e approfondita analisi dei suo curriculum, cui però il “False Sunset”, ritenuto il suo attuale capolavoro, ha contribuito a tal scelta. Romano Baratta non è nuovo a queste tipologie di installazioni. Difatti è riconosciuto nel mondo dell’arte contemporanea per le sue installazioni spesso visionarie dove la poesia applicata alla luce. La finalità della sua arte è la ricerca e la pura sperimentazione nel campo luminoso e il suo palmares lo testimonia inequivocabilmente. Pertanto è corretto affermare, se non proprio obbligato, che l’osmosi tra luce e architettura in essere o progettata all’occorrenza è un dogma i suoi studi e poi per le sue realizzazioni.
Info Romano Baratta: