Sclerosi Multipla e Biomodulina T: perché non si studia?
Autunno è il periodo di congressi e dei convegni anche per gli specialisti che si occupano di sclerosi multipla, una malattia gravemente invalidante che colpisce oltre 60.000 italiani, con esordio soprattutto nei giovani tra i 20 e 40 anni, dunque nel pieno delle loro attività e con una maggiore incidenza fra le donne.
Poco si sa ancora sulle cause della malattia anche se sono state fatte varie ipotesi che spesso hanno diviso la comunità scientifica senza arrivare ad una posizione realmente condivisa.
Annualmente vengono presentati i risultati di numerosi trials terapeutici che hanno lo scopo di testare vecchi e nuovi farmaci che finora hanno dimostrato un’efficacia limitata nel rallentamento della malattia e con pesanti effetti collaterali (in alcuni casi anche la morte per un nuovo farmaco già in uso).
Mentre dunque si sperimenta veniamo a scoprire che a Cuba già da qualche anno è stato introdotto un nuovo farmaco denominato ”Biomodulina T”, ricavato dal timo bovino, che avrebbe un’efficacia migliore rispetto ai farmaci immunomodulanti attualmente in uso nei paesi occidentali, con bassi costi di produzione e soprattutto, cosa che interessa ai malati, senza effetti collaterali.
Nel 2008 sono stati pubblicati sulla Rivista Ecuadoriana di Neurologia, da parte di un team di ricercatori cubani, i risultati di un piccolo studio pilota intitolato “Studio pilota di trattamento dei pazienti con sclerosi multipla con l’uso di una formulazione omeopatica della Biomodulina T”.
Secondo gli autori al termine del trattamento dopo 15 mesi l’83% dei pazienti con sclerosi multipla era clinicamente stabile utilizzando la scala di disabilità.
Ora, visto che sono passati oltre tre anni da questa pubblicazione, viene da chiedersi come mai in Italia non si abbia notizia di alcun studio con un numero di pazienti più ampio che possa confermare i dati raccolti dagli specialisti cubani per una successiva introduzione del farmaco anche nel nostro paese.
E’ molto probabile che uno studio di questo tipo non venga considerato “remunerativo” dalle principali case farmaceutiche che finanziano la ricerca sui farmaci.
In questo caso dovrebbe intervenire lo Stato se l’interesse del malato ha ancora una qualche importanza.
Per il momento i malati attendono ed in molti casi peggiorano nonostante i costosissimi farmaci in uso.