Papilloma Virus: il caso Gardasil
La sigla HPV o meglio il papillomavirus è come noto un virus in grado di generare infezioni estremamente diffuse che possono causare malattie della pelle e delle mucose che secondo studi ormai conclamati avrebbero la capacità di degenerare anche in tumori della cervice uterina.
Una delle soluzioni approntate dalla medicina per combattere questo tipo di infezione, ormai diffusissima tra le fasce più giovani della popolazione (20-35 anni) – si stima che oltre il 75% delle donne sessualmente attive sono o saranno infettate dal virus HPV nel corso della vita – per la facilità di contagio attraverso i contatti di tipo sessuale sia direttamente o in luoghi poco puliti (ad esempio bagni pubblici non disinfettati a norma) è attraverso la vaccinazione.
Da inizio del 2007 è stato introdotto sul mercato italiano il “Gardasil”, un vaccino quadrivalente dai notevolissimo costi (360 dollari per 3 iniezioni e 300,00 euro in Italia) prodotto dalla causa farmaceutica Merck & Co la quale da anni sponsorizza la necessità di vaccinazioni di massa per debellare la malattia attraverso l’introduzione dell’obbligatorietà del proprio vaccino. A tal uopo, la società, attraverso una forte azione lobbistica, avrebbe finanziato l’associazione “Women in Government”, che raccoglie le donne con responsabilità di legislazione in modo bipartisan, che negli ultimi due anni ha tenuto conferenze in tutti gli Stati Uniti promuovendo la lotta contro il tumore della cervice uterina.
Negli USA ne è sorto quindi un dibattito acceso che ha visto alcune associazioni dei consumatori e gruppi religiosi sostenere la tesi della non necessarietà della vaccinazione data, da una parte la storia naturale della malattia, condizionata dall’equilibrio che si instaura tra ospite e virus HPV con le tre possibili conseguenze: regressione, persistenza e progressione – tant’è che secondo alcuni studi la gran parte delle infezioni da papillomavirus (70-90%) sarebbe transitoria, mentre la persistenza dell’infezione virale sarebbe una delle condizioni per l’evoluzione verso il tumore – e dall’altra la bassa incidenza del carcinoma alla cervice secondo i dati forniti dalla FDA, per cui su una popolazione di oltre 250 milioni di abitanti, i nuovi casi di tumore alla cervice sarebbero 9.710 per un totale di 3.700 donne morte per questa causa ogni anno.
La Merck & Co ha fatto quadrato contro le accuse di voler fare profitto a tutti i costi a discapito dei reali effetti del vaccino sulla salute dei pazienti, sottolineando i dati relativi all’efficacia del prodotto che sono stati pubblicati anche sull’autorevole rivista medico – scientifica “Lancet” secondo cui sarebbe pari al 91% dei casi.
In Italia, secondo l’Istituto Superiore della Sanità, l’incidenza del virus è più elevata in virtù del rapporto con la popolazione, poiché si contano mediamente 3.500 nuovi casi con circa 1.000 decessi annui.
Per Giovanni D’Agata, fondatore dello “Sportello dei Diritti”, si tratta solo di una questione di lobby per cui una causa farmaceutica è portatrice del mero interesse di vendere il proprio prodotto e fare profitto o il vaccino è così efficace e necessario tanto da essere indispensabile per debellare la temibile malattia?
La risposta, anche in questo caso dovrebbe derivare da una commissione di verifica realmente indipendente e dotata del carattere imprescindibile della terzietà anche nel nostro Paese, perché quando si tratta del conflitto ormai persistente tra interessi economici e salute dei cittadini, troppo spesso sono i primi ad avere la meglio e chi paga il dazio più pesante è quasi sempre l’inerme cittadino-ammalato.