Necropoli di Pantelleria: tecnologia informatica rivela il mistero degli antichi Sesi
Il villaggio dell’Età del Bronzo di Mursia, a Pantelleria, con il suo possente muro di cinta e la relativa necropoli dei Sesi, con la sua monumentalità e il suo eccezionale stato di conservazione, si rivela uno dei complessi archeologici più notevoli e significativi e misterioso del Mediterraneo centrale.
Il villaggio, fu oggetto di curiosità fin dagli ultimi decenni del 1700, ma è solo dal 2000 che campagne sistematiche, prima di ricognizione poi di scavo, si svolgono con continuità in più punti dell’isola per svelare il mistero di quei singolari monumenti chiamati: Sesi, termine dialettale con cui si indicano i cumuli di pietre, che si trovano sulla Punta Mursia e risalenti al1700 a.C.
Studiosi di archeologia del progetto “Cantieri Porte Aperte” con équipe di ricerca formata da architetti, biologi e archeometri, affiancata dagli studenti del Suor Orsola Benincasa di Napoli e guidata da Massimiliano Marazzi, coordinatore del settore archeologico del corso di laurea in Conservazione dei Beni Culturali, hanno aperto una missione archeologica che ha regalato scoperte veramente interessanti e straordinarie nel loro genere.
L’attenzione degli studiosi si è maggiormente incentrata allo studio su uno dei Sesi, il Sese Rosso, così denominato per il gioco di luci e colori che assume durtante il tramonto, parzialmente conservato e apparentemente ancora inviolato.
I lavori di scavo all’interno del Sese Rosso hanno portato alla luce i corpi intatti degli antichi abitanti di Pantelleria coperti interamente di una finissima sabbia vulcanica, o da sottili lastre vulcaniche o da piccoli cumuli di ciottoli lavici levigati.
Come spesso accade in questi scavi, accanto ai corpi risaltava, ancora intatto, il corredo funerario ed intorno i resti dei sacrifici dei rituali di deposizione che precedevano il momento della chiusura della camera funeraria e, nel tempo, della chiusura del corridoi. Inoltre sotto il cumulo dei detriti, dovuti al crollo del materiale dell’ingresso, in uno dei corridoi è stato portato alla luce tutto il corredo vascolare utilizzato per l’esecuzione dei rituali funebri.
Il lavoro dell’équipe è stato caratterizzato soprattutto dall’utilizzo di raffinati supporti informatici quali: scanner da campo e rilevazioni tridimensionali. Contestualmente sono state sperimentate nuove forme di fotografia digitale, come era già avvenuto per gli scavi attuati a Vivara, piccola isola del Golfo di Napoli, appartenente al gruppo delle Isole Fregree e posta tra Procida e Ischia.