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Le Brigantesse l’altra metà del cielo dell’intera popolazione meridionale. Il saggio di Giordano Bruno Guerrieri

Le Brigantesse l’altra metà del cielo dell’intera popolazione meridionale. Il saggio di Giordano Bruno Guerrieri“L’amore di una madre per i figli

non può nemmeno essere compreso dagli uomini […]

Con donne simili una nazione non può morire.”   Giuseppe Garibaldi

Donne giovani e spietate passate alla storia come le “Brigantesse”.

Donne che dopo il 1860, in un’Italia appena unita, imbracciarono il fucile e si misero a capo di bande di briganti per strappare all’esercito italiano il controllo delle regioni dell’ex Regno delle Due Sicilie.

La loro storia: quasi sempre dall’epilogo drammatico.

Le brigantesse, l’altra metà del cielo dell’unità nazionale,così etichettate dai “piemontesi”.

Ci furono donne che insorsero in armi, affiancando i loro uomini, altre li seguirono nella latitanza, altre ancora li fiancheggiarono in tutti i modi, fornendo loro l’essenziale per la vita alla macchia.

Risvolto di un ribellismo contadino meridionale, di un’autentica rivolta popolare, alla quale non si sottrassero le donne che, anzi, vi parteciparono in massa.

Il giusto desiderio di sottrarle all’oblio in cui erano state confinate e restituirle alla memoria collettiva, per quello che sono veramente state: donne testimoni e, insieme, protagoniste di un’epoca, che reagirono alla violenza dell’invasione piemontese è l’intento dello scrittore Giordano Bruno Guerri, nel suo “Il bosco nel cuore – Lotte e amori delle brigantesse che difesero il sud”, edito da Mondadori.

Nel saggio l’autore completa il quadro aperto con “Il sangue del Sud”, una narrazione del brigantaggio e delle sfaldature dell’unificazione d’Italia. Uno Stato, l’Italia di allora, che si andava compattando a caro prezzo: italiani contro italiani: culture, costumi, lingue diverse.

 Il Sud trattato come una colonia da educare e sfruttare, senza mai cercare davvero di capire chi fosse “l’altro” italiano e senza dargli ciò che gli occorreva: lavoro, terre, infrastrutture, una borghesia imprenditoriale, un’economia moderna.

Così, le incomprensioni fra le due Italie si sono perpetuate fino ai nostri giorni.

Modi e mondi che avrebbero tardato a comprendersi ancora per molto tempo. Con il suo“Il bosco nel cuore”, saggio ricco di un’avvincente documentazione, Giordano Bruno Guerri rilegge la vicenda del Risorgimento e del brigantaggio come una “antistoria d’Italia”: per liberare i fatti dai troppi luoghi comuni della storiografia postrisorgimentale e per evidenziare invece le conseguenze, purtroppo ancora attualissime, della scelta di affrontare la “questione meridionale” quasi esclusivamente in termini di repressione.

Con questo libro che guarda il Risorgimento con gli occhi delle donne che non lo compresero e non lo accettarono, l’autore intende “..restituire umanità e dignità alle vittime, condannate all’oblio dalla cattiva coscienza dei fondatori della patria o recentemente esaltate da chi ha voluto sfruttare gli errori commessi dopo l’unità per mitizzare il passato borbonico, e accentuare divisioni antiche.”

Il dramma delle donne del brigantaggio si consuma nell’indifferenza, quando non nel disprezzo, nel silenzio dell’opinione pubblica. Gli atti ufficiali dei Carabinieri Reali, quelli delle Prefetture, i fascicoli processuali le accomunano tutte ai loro uomini, non attribuendo mai alle donne del brigantaggio un ruolo di soggetto sociale autonomo.

Le cronache giornalistiche le descrivono come, amanti, concubine, donne di piacere dei briganti. Ciò ha impedito di prendere in considerazione il fenomeno e non ha consentito uno studio più approfondito sui risvolti sociali e politici della rivolta delle donne meridionali .

Delle “brigantesse” restano oggi solamente le poco foto che tramandano una distorta lettura iconografica del brigantaggio. Così, accanto a “brigantesse” che si sono fatte ritrarre – armi in pugno – in abiti maschili, vi sono le foto ufficiali dopo la cattura e, talora, dopo la morte in una postura innaturale. Come i loro uomini, trucidati e frettolosamente rivestiti, legati ad un palo o ad una sedia, gli occhi rigidamente spalancati, con in mano i loro fucili e circondati dai loro giustizieri.

Macabro trofeo di una guerra civile occultata.

“pure ‘a Calabria mo s’è arrevotata
e stu nemico ‘o facimmo tremmà

Chi ha visto o lupo e s’è miso paura
nun sape buono qual è a verità
o vero lupo ca magna ‘e creature
è ‘o piemontese c’avimma caccià

Femmene belle ca date lu core,
si lu brigante vulite salvà
nun ‘o cercate, scurdateve ‘o nome
chi ce fa guerra nun tene pietà

Ommo se nasce, brigante se more,
ma fino all’ultimo avimma sparà
e si murimmo, menate nu fiore
e na bestemmia pe’ sta libertà”

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