Storia di una stella tra tradizione e magia: Sa Sartiglia
Un po’ di tempo fa, un amico sardo mi parlò di una manifestazione che si svolge ad Oristano nel periodo di Carnevale: la Giostra della Sartiglia. La cosa mi affascinò e così ho pensato di scrivere due righe per far conoscere, a persone al difuori della Sardegna, questa spettacolare tradizione del popolo sardo. Sarebbe interessante citarne anche altre molto suggestive, come la corsa dei candelieri o sant’Efisio a Cagliari; ma continuiamo con la Sartiglia.
L’ultima domenica e il martedì di Carnevale i gremi (corporazioni) dei contadini e dei falegnami organizzano ad Oristanola Sartiglia, un tradizionale torneo equestre fra i più spettacolari e più coreografici festeggiamenti carnevaleschi della Sardegna, che si ripete immutato da secoli. Ricordi sfumati di duelli e Crociate, colori spagnoleggianti e costumi della civiltà contadina e pastorale sarda. Ritenuta da alcuni d’origine medievale,la Sartiglia conserva numerosi elementi iberici.
Il vocabolo deriverebbe dal castigliano Sortija, che a sua volta ha origine dal latino sorticola, anello. L’esibizione è espressione di una società contadina ed ha carattere magico-propiziatorio, come dimostra il momento culminante della festa, l’infilzamento , alla stella, ma anche una festa legata alla buona o la cattiva sorte. La tradizione la vuole legata al canonico oristanese Giovanni Dessì, che nel periodo della dominazione spagnola (1523), per evitare durante la confusione carnevalesca il ripetersi di risse e spargimenti di sangue dovuti all’odio della popolazione verso i dominatori aragonesi, istituì un fondo legato al gremio dei contadini e a quello dei falegnami (su cungiau de sa Sartiglia); ciò per sostenere le spese del ricco pranzo per i partecipanti al torneo, dove il corpo a corpo era vietato.
La Sartiglia della domenica si svolge sotto la protezione di s.Giovanni Battista,
quella del martedì sotto la protezione di s. Giuseppe. Le usanze ereditate nel tempo fanno da contorno all’unico vero protagonista il su Cumponidori (capo corsa) e la sua maschera androgina. È lui il Signore della Festa. Uomo e donna al tempo stesso, né femmina né maschio.
Il 2 febbraio, giorno della candelora, dopo la messa, i rappresentanti dei gremi si recano dal su Cumponidori prescelto, consegnandogli il cero ornato di nastri e fiori, benedetto durante la funzione religiosa e poi comunicano ufficialmente a tutti gli oristanesi il nome di questo prescelto. Una volta il nome era tenuto segreto fino alla proclamazione; ora, per questioni organizzative, viene comunicato un po’ di tempo prima, ma ciò non toglie la magia e solennità di questa emozionante cerimonia.
Si arriva così al giorno della Sartiglia. Al mattino della domenica, un araldo a
cavallo declama il bando della giostra; lo stesso si ripeterà anche il martedì. Dopodiché seguirà la cerimonia della vestizione de su Cumponidori da parte di giovani ragazze (massajeddas) che indossano costumi antichi, coordinate dalla massaja manna (la maestra); durante questo rito e sino alla fine della Sartiglia, su Cumponidori non potrà mai toccare terra, perché diventa la personificazione della festa: essere puro sceso in terra per propiziare i raccolti. Fatto ciò salirà su un cavallo bardato a festa, con le rosette,( preziose coccarde di nastri di raso colorato) e gli verrà consegnata sa pipia de maju, una sorta di scettro sacro fatto di un fascio di pervinca stretto da una fettuccia di lino verde, mentre le estremità sono ornate da due grossi mazzi di viole mammole che stanno a simboleggiare l’arrivo della primavera e la fertilità.
Inizia il corteo al suono dei tamburi e trombe; figuranti in abiti tradizionali precederanno su Cumponidori che, accompagnato da due luogotenenti (su Segundu Cumponi e su Tertzu Componi), si metterà alla testa dei cavalieri, vestiti con costumi sgargianti, che parteciperanno alla giostra, e si recherà da s’Oberaju Majore; a lui consegnerà lo scettro e prenderà la spada, che per tre volte, incrocerà con su Segundu sotto la stella. Poi sarà lui che inizierà il primo assalto per infilzare la stella; toccherà quindi ai suoi luogotenenti e, via via, anche agli altri cavalieri. Una volta soddisfatto del numero di stelle colte per i gremi e per la città, ritorna da s’Oberaju Majore per consegnargli la spada e ricevere su stoccu ( un groso bastone) col quale tenterà ancora una volta di cogliere la stella;dopodiché, riconsegnerà su stoccu e, ripreso in mano il suo scettro, si lancerà, disteso di schiena, sul cavallo in una corsa, sa remada, benedicendo la folla con ampi gesti. Egli dichiara così conclusa la giostra della stella. Ogni istante di questo e degli altri momenti è sottolineato dallo squillare delle trombe e dal rullare dei tamburi.
Ha inizio ora la seconda parte della manifestazione, quella più spettacolare: la
cavalcata delle Parilljas (pariglie). Qui, i cavalieri si lanceranno al galoppo stando in piedi sulle groppe dei cavalli riccamente bardati ed eseguiranno, in coppia, o a piccoli gruppi, esercizi equestri di varia abilità: piramidi umane ed esercizi acrobatici e di destrezza spettacolari. Finito lo spettacolo, su Cumponidori si lancerà di nuovo in corsa benedendo per l’ultima volta gli spettatori e rientrerà nello stesso luogo dove ebbe inizio la cerimonia, per la sua svestizione.
Così sotto grida di giubilo e canti, tutti i cavalieri, tamburini e trombettieri e i componenti del gremio si riuniscono per la ricca cena offerta dal gremio stesso, mentre la folla presente si accalca per le vie del centro storico della città mangiando zippole e bevendo vernaccia sino a notte fonda.
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