Secondo i ricercatori, coordinati dal Dr. Claudiu I. Diaconu, la sclerosi multipla (SM) è una malattia recidivante e progressiva del sistema nervoso centrale. E’ più comunemente caratterizzata da episodi di peggioramento clinico, seguiti da un miglioramento clinico. A livello patologico la SM è associata con aree focali di distruzione della mielina, infiammazione e transezione assonale (“placche demielinizzanti”) nel cervello e nel midollo spinale. Tradizionalmente la SM è stata considerata una malattia autoimmune con fisiopatologia principale derivante da un sistema immunitario impazzito. Recenti pubblicazioni hanno sollevato la possibilità che la SM non sia causata principalmente da un sistema immunitario anomalo ma che possa invece derivare da anomalie venose che riguardano il sistema venoso delle giugulari e/o dell’azygos. Questa condizione è stata definita come insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI). È stato proposto che la CCSVI possa essere patogena nella SM, causando una pressione venosa invertita e depositi di ferro con una risposta immunitaria secondaria. Alcuni ricercatori hanno effettuato procedure di angioplastica e di stenting, non blindate e non randomizzate, nei pazienti con CCSVI con resoconti aneddotici sul miglioramento dei sintomi. A causa dei dati contrastanti sulla presenza di CCSVI e l’assenza di studi controllati dell’intervento per la CCSVI l’attuale standard di cura clinica non è quello di valutare nei pazienti con sclerosi multipla (SM) la presenza di anomalie della CCSVI né di intervenire con procedure per modificare tali anomalie. C’è un intenso interesse e ci sono lavori in corso per valutare la presenza di anomalie venose nei pazienti con sclerosi multipla nonché nei controlli normali e nei pazienti con altre patologie neurologiche, per caratterizzare tali anomalie, se presenti, e per comprendere meglio se il concetto della patologia di “contropressione” è confermato dall’evidenza.
Ad avviso del team di Cleveland se la CCSVI fosse davvero un meccanismo patogenetico di un sottoinsieme della popolazione con SM questo cambierebbero drammaticamente il centro dell’attenzione per gli sforzi terapeutici ed il monitoraggio della popolazione e porterebbe le terapie perla SM saldamente nella zona di intervento vascolare. D’altra parte la storia della ricerca sulla SM contiene molte nuove idee con spostamento dei paradigmi che sono state successivamente smentite da altri ricercatori.
Questi neurologi americani sono molto positivi perchè nonostante siano critici, sono consapevoli che qualcosa di vero nell’ipotesi del prof. Zamboni c’è. Sembrano neurologi “open mind” come il Dr. Fabrizio Salvi (Direttore del Centro Il Bene dell’Ospedale Bellaria di Bologna), che da anni collabora attivamente con il prof. Zamboni.
Che li possa seguire anche qualche altro collega italiano?
Fonte: Current Treatment Options in Cardiovascular Medicine, DOI 10.1007/s11936-012-0168-7