Non è certo un interrogativo di oggi! Molti attenti osservatori da molto tempo si chiedevano come mai in Italia si partorisce per lo più con parto cesareo. Il Paese infatti è il primo, triste primato, in Europa a scegliere il bisturi invece della via di madre Natura.
Per questo è partita una inchiesta dei Carabinieri dei Nas per verificare ed accertare, a campione, nelle cliniche e negli ospedali l’ «utilizzo non appropriato del cesareo in corsia». Le cifre parlano chiaro, nel 1980 i cesarei da noi erano l’11%, nel 1990 sono saliti al 28% mentre oggi siamo al 38,2%. I dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità si dovrebbero, invece, aggirare tra tra il 15 e il 18%.
“L’intervento del Ministro è apprezzabile. Da tempo la Commissione d’inchiesta che presiedo denuncia un abuso del ricorso al parto cesareo in Italia. Questa tecnica viene utilizzata in maniera eccessiva e non necessaria, con regioni che sono del tutto fuori controllo, come la Campania (62% ogni anno) o la Calabria, con Reggio Calabria che raggiunge addirittura il 65%. Per di più l’intervento avviene generalmente in piccole strutture private accreditate, quasi sempre di mattina, in un giorno feriale. Si tratta perciò di una situazione da indagare con attenzione: il ricorso al parto cesareo va sempre valutato rigorosamente poiché si tratta di un intervento chirurgico. Il sospetto della Commissione è che attualmente esso sia praticato in maniera così massiccia nel nostro Paese poiché determina un profitto superiore rispetto al parto vaginale; inoltre, si tratta di un intervento programmabile. Tutti criteri che nulla hanno a che fare con la salute delle pazienti e dei loro bambini.” Lo dichiara, in una nota, il senatore Pd Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul Servizio Sanitario Nazionale.
Potrebbero dunque essere molti e “particolari” i motivi che si nascondono dietro la decisione dell’occorrenza del cesareo. Indubbiamente la salute della partoriente e del nascituro non è tra i primi posti nella scelta.