Caso Tommy Onofri: la condanna per Antonella Conserva è definitiva
Chi si ricorda dell’omicidio del piccolo Tommy? Per Antonella Conserva è arrivala la condanna definitiva a 24 anni di reclusione per Antonella Conserva, accusata di aver partecipato al drammatico sequestro del piccolo Tommaso Onofri, il bimbo di 18 mesi rapito e ucciso il 2 marzo del 2006 a Casalbaroncolo (Parma) dal manovale pregiudicato Mario Alessi, convivente di Antonella, e del suo complice Salvatore Raimondi. Lo ha deciso la prima sezione penale della Cassazione confermando il verdetto emesso il 17 giugno 2011 dalla Corte di Assise di Appello di Bologna. Si chiude così la vicenda giudiziaria dei tre indagati per questo crimine: Alessi e Raimondi, infatti, stanno già scontando rispettivamente la condanna all’ergastolo e quella a 20 anni di reclusione. Anche la Conserva è in carcere da circa 6 anni. Nella requisitoria, la Procura della Suprema Corte aveva messo in evidenza come gli elementi dell’accusa a carico della Conserva – che avrebbe avuto il ruolo di carceriera del bimbo se Alessi non avesse deciso di ucciderlo subito perché piangeva troppo – “hanno la loro forza indiziaria indiscutibile e provano e giustificano l’affermazione della colpevolezza”.
La Procura aveva poi ricordato che l’imputata, prima del sequestro, a dicembre, si era offerta come baby-sitter di Tommaso, fatto messo in collegamento con il suo futuro ruolo di “custode”. Inoltre la Procura, aveva dato rilievo probatorio anche alla telefonata, di soli nove secondi, ricevuta dalla Conserva e fatta da Alessi dopo l’omicidio, su schede sotto falso nome. Secondo la linea di difesa, sostenuta dagli avvocati, Luigi Vincenzo e Eduardo Rotondi, invece, si sarebbe trattato di un sequestro “su commissione a scopo di vendetta e non di estorsione, e l’omicidio è stato premeditato”. “Occorre cercare il terzo livello, quello dei mandanti, che è collegato all’ambiente della pedopornografia e della pedofilia nella zona di Parma e Bologna”, aveva sottolineato il criminologo Carmelo Lavorino dello staff difensivo, ricordando che il padre di Tommaso – in coma dopo un malore – deteneva “di nascosto dalla moglie, molti files con violenze sessuali su minori”.
Invece, per Donata Cappelluto, l’avvocato che ha difeso i familiari della piccola vittima, “la telefonata ricevuta da Conserva, da parte di Alessi, la sera del sequestro e omicidio del piccolo, rappresenta l’impronta digitale virtuale dell’imputata su questo gravissimo crimine: è la prova certa e diretta del suo coinvolgimento”. “Una telefonata così breve – aveva aggiunto l’avvocato – dopo un delitto così grave, può essere fatta solo ad un soggetto direttamente coinvolto”. Cappelluto aveva poi ricordato che Conserva “durante quattro interrogatori e ben trentadue udienze, ha sempre negato la telefonata, ammettendola solo quando è stata disposta la perizia sulle intercettazioni”. In Cassazione è voluta essere presente anche Paola Pellinghelli, la mamma di Tommy, insieme a uno zio del piccolo che l’ha accompagnata. Ha pianto in silenzio mentre l’udienza ripercorreva i momenti dell’ultima giornata del suo Tommy.