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10 aprile 1945: Direttive del PCI per l’insurrezione d’aprile.Meno di 15 giorni alla Liberazione

E’ il 10 aprile 1945  quando il Comando generale delle Brigate Garibaldi dirama la “direttiva n. 16”. Nel testo si mettevano in   allerta tutti i combattenti delle formazioni a prepararsi per l’insurrezione generale in tutta l’Alta Italia in modo da  precedere l’arrivo delle truppe Alleate e cooperare  per la totale disfatta delle residue forze nazifasciste.
Il comando generale delle brigate ed il Partito comunista nelle note del 10 aprile enfatizzano l’importanza dell’insurrezione nec enfatizzarono al massimo l’importanza dell’insurrezione, da effettuare a tutti i costi, senza accettare accordi, proposte, tregue con il nemico: sarà necessario però che i partigiani e gli oppositori al regime entrino nelle città, salvaguardino le fabbriche, impediscano e limitino le fughe ai nazisti. L’insurrezione avverrà il 24 aprile dopo il famoso comunicato :”Aldo dice 26×1″


da Rinascita anno 2 – Maggio, Giugno 1945
trascrizione a cura del CCDP
 
Le direttive del P.C.I. per l’insurrezione d’aprile
 
10 aprile 1945
 
1. – L’ora dell’attacco finale è scoccata.
 
L’esercito tedesco è in rotta disordinata su tutti i fronti. Nuovi grandi avvenimenti militari si stanno scatenando che accelereranno il crollo definitivo del nazismo: l’offensiva sovietica sull’Oder e l’offensiva anglo-americana in Italia saranno gli atti finali della battaglia vittoriosa.
 
Anche noi dobbiamo scatenare l’assalto definitivo. Non si tratta più solo d’intensificare la guerriglia, ma di predisporre e scatenare vere e proprie azioni insurrezionali.
 
Le formazioni partigiane devono iniziare gli attacchi in forze ai presidi nazifascisti, obbligarli alla resa o sterminarli se resistono; devono spingere con la più grande energia alla liberazione del territorio nazionale, liberando dai nazifascisti paesi, vallate e intere regioni, favorendo, nelle zone liberate, la costituzione immediata di organi popolari d’amministrazione e di governo. Puntate audaci di formazioni partigiane in collaborazione con le organizzazioni Sap, devono essere organizzate contro i principali centri industriali e contro i principali nodi di comunicazione. Nelle città i Gap e le Sap devono attaccare e abbattere senza pietà quanti gerarchi fascisti possono raggiungere, quanti agenti e collaboratori dei nazifascisti, che continuanoa tradire la Patria (questori, commissari, alti funzionari dello Stato e dei comuni, industriali e dirigenti tecnici della produzione asserviti ai tedeschi) quanti nazifascisti e repubblichini che restano sordi all’intimazione della Patria di arrendersi o perire. Azioni più ampie devono senz’altro essere iniziate nelle città per la liquidazione di posti di blocco, di sedi fasciste e tedesche, di commissariati di polizia, ecc.
 
Le organizzazioni di massa, operaie e contadine, devono scatenare dei movimenti popolari per le rivendicazioni immediate dei lavoratori, contro il terrore nazifascista, per la liberazione della Patria. Fermate di lavoro, scioperi, manifestazioni di strada e di piazza, devono segnare, con ritmo accelerato lo sviluppo del movimento insurrezionale. Queste manifestazioni devono aver carattere sempre più vasto e generale, abbracciare interi settori, meglio, intere città o zone. Non c’è bisogno di aspettare che un’intera regione sia pronta per scatenare un movimento di massa. Se oggi è una città che ferma il lavoro, domani è una intera vallata che sciopera, dopodomani è un’altra zona che manifesta il suo odio antitedesco e antifascista, tanto meglio: ogni episodio di lotta sarà stimolo ad altra massa per scendere in campo, l’estendersi della lotta disperderà le forze della reazione, le demoralizzerà dando loro la sensazione che ormai è tutto il popolo che in ogni località attacca e vuol farla finita.
 
Colle direttive n. 15 sono state date le indicazioni precise per far entrare senz’altro in azione i ferrovieri, gli autisti e quanti sono addetti ai trasporti. Con le presenti direttive si richiamano tutte le nostre organizzazioniad estendere l’azione insurrezionale, a seconda delle possibilità e delle opportunità locali, al più gran numero di categorie delle città e delle campagne. Si tratta d’iniziare l’azione insurrezionale risolutiva, di portare le masse lavoratrici allo sciopero generale insurrezionale.
 
Abbiamo sempre detto che l’insurrezione non è un piano misterioso da far scoppiare all’ora X, ma una progressione continua di lotta e di attacchi di formazioni armate e di masse lavoratrici. Analogamente deve essere concepito lo scatenamento dello sciopero generale insurrezionale. Anche esso non deve essere concepito come uno scoppio improvviso dell’ira popolare, ma come una progressione accelerata di movimenti popolari, di fermate, di manifestazioni e di scioperi. Già oggi dobbiamo considerarci in fase di sciopero insurrezionale nel senso che ogni manifestazione si deve accompagnare largamente con delle azioni armate, nel senso che alcune categorie, come i ferrovieri e gli addetti ai trasporti, devono già considerarsi in sciopero generale insurrezionale, cioè in sciopero che non deve cessare che con la vittoria definitiva, in sciopero che non deve consistere solo nella paralisi del lavoro, ma in attacchi con tutte le armi ai mezzi e alle vie di comunicazioneGià oggi le masse operaie e contadine di quelle regioni dove più ferve la lotta partigiana, e dove si pone all’ordine del giorno la liberazione di vallate e di zone intere, devono essere chiamate allo sciopero, all’azione insurrezionale, in appoggio e accompagnamento all’azione militare. Nei centri dove i rapporti di forza contingenti non consigliano ancora di scatenare in pieno l’azione risolutiva, ci si deve considerare in fase insurrezionale in questo senso: che le fermate, gli scioperi, le dimostrazioni di strada, che si devono scatenare, unitamente all’azione militare, devono essere progettate e considerate come delle puntate di assaggio, delle azioni di avanguardia per lo scatenamento a breve scadenza dell’azione risolutiva.
 
Con questi criteri generali bisogna che ogni organizzazione passi con la più grande energia alla fase insurrezionale decisiva. Bisogna avere un piano di azioni militari e di massa combinate da scatenare nelle vallate e nelle campagne, attorno alle città e nelle città stesse. Questo piano deve prevedere, per ogni giorno, almeno qualche grande azione militare o di massa che colpisca il nemico, lo disorganizzi, lo demoralizzi e, per contro, galvanizzi la volontà combattiva del popolo e lo porti ad azioni e ad attaccare sempre più audace, sempre più importanti, fino a obbligare il nemico a piegare, a cedere, ad abbandonare la partita.
 
Queste direttive devono essere realizzate da tutte le nostre organizzazioni, da tutti i nostri compagni; devono essere portate in tutti i comandi militari e in tutte le organizzazioni di massa interessate all’insurrezione; devono essere fatte accettare e realizzare da tutti, ma la carenza, l’opposizione degli altri, non deve costituire per nessun motivo, ragione valida per giustificare da parte dei nostri compagni, ritardi, debolezze, incertezze dell’azione insurrezionale. Dove gli altri resistono, mancano o si oppongonodobbiamo fare noi, anche solo con le nostre forze.
 
2. – Le direttive insurrezionali n. 15 richiamavano l’attenzione delle nostre organizzazioni soprattutto sull’importanza del lavoro di disgregazione delle file avversarie. Questo lavoro deve essere fatto e intensificatosempre più a misura dello sviluppo dell’azione insurrezionale. Si tratta di offrire una via di scampo e di colpire duramente chi intende resistere. Nell’agitazione e nella azione devono risultare sempre bene evidenti i due termini del dilemma: arrendersi o perire. Mentre si darà applicazione alle direttive date per l’agitazione della nostra intimazionesi dovrà colpire duramente quanti non s’arrendono, per dare la prova che la nostra intimazione non è una inutile bravata, ma che abbiamo la forza e i mezzi per darle integrale applicazione. Il lancio dei manifestini diretti a nazifascisti, ai loro amici, collaboratori, l’invio di lettere personali a grossi papaveri dell’apparato statale o produttivo, devono essere accompagnati da quanti più esempi è possibile di gerarchi, di nazifascisti, di alti funzionaridi dirigenti collaborazionisti abbattuti dal piombo giustiziere dei patrioti. Ogni esempio dev’essere popolarizzato, divulgato, ad ammonimento di quanti non intendessero seguire gli ordini e le intimazioni delle organizzazioni e delle forze di liberazione nazionale. Allo stesso modo devono essere popolarizzati e divulgati gli episodi di resa di nazifascisti, di formazioni del cosiddetto esercito repubblicano, di personalità importanti dell’apparato statale o industriale.
 
3. – In questa fase risolutiva della lotta insurrezionale è da prevedersi una intensificazione inaudita e sfacciata di tutte le manovre tendenti a sabotare, a impedire l’insurrezione, e, soprattutto, il movimento insurrezionale popolare.
 
Può darsi che questa sia l’ultima direttiva che le nostre organizzazioni potranno ricevere dal centro dei Partito; può darsi che ci sarà impossibile rispondere a quesiti, a richieste di precisazioni che ci saranno rivolte dai nostri compagni di base, ma, per tutti, dev’essere ben chiara una cosa: per nessuna ragione il nostro Partito, e i compagni che lo rappresentano in qualsiasi organismo militare o di massa, devono accettare proposte, consigli, piani tendenti a limitare, evitare, a impedire l’insurrezione nazionale di tutto il popolo.
 
Per avvalorare dei piani di sabotaggio e di tradimento si dirà che vi sono ordini di questo o di quell’altro organismo, si invocheranno le più alte autorità italiane o straniere, si imbastiranno non sappiamo quanti messaggi, si architetteranno non sappiamo quanti piani vantaggiosissimi, onorevolissimi, intelligentissimi. Sia ben chiaro per tutte le nostre organizzazioni e per tutti i nostri compagni, senza necessità di ulteriori schiarimenti o precisazioni da parte del centro, che tutte le voci, che tutti i piani, che tutti i progetti, tendenti a limitare o ad evitare l’insurrezione nazionale del popolo, sono false e contrarie agli interessi del popolo e alle precise direttive ripetutamente date dal C.d.L.N. e dal Comando generale del C.V.d.L.
 
Ogni disposizione contraria all’orientamento insurrezionale del movimento patriottico dev’essere sempre e con la più grande energia respinto dai nostri compagni, da qualunque parte essa provenga. Se i nostri amici nei C.d.L.N. e nei Comandi Militari, intendessero dar corso a simili disposizioni antinsurrezionali, noi dobbiamo far di tutto per dissuaderli per convincerli del tradimento che essi compiono ai danni degli interessi nazionali per trascinarli ad ogni costo sulla giusta via sempre fissata dal C.L. e dal Comando generale, che è la via anche del Governo democratico italiano, per una più grande partecipazione dell’Italia alla guerra antinazista, essendo questa condizione necessaria per la nostra rinascita ed il nostro avvenire.
 
Ma se, nonostante tutti i nostri sforzi, non riuscissimo, in simili casi, a dissuadere i nostri amici e alleati, noi dobbiamo fare anche da soli, cercando di trascinare al nostro seguito quante più forze possibile ed agendo sempre, però, in nome dei C.d.L.N. e sul piano politico della unione di tutte le forze popolari e nazionali per la cacciata dei tedeschi e dei fascisti, e mettendo bene in chiaro che colla nostra attività non ci proponiamo affatto degli scopi e degli obiettivi di parte. La possibilità di situazioni incresciose di questo genere, che possono venirsi a creare, deve essere presa in considerazione da ogni compagno responsabile al fine di prendere preventivamente tutte quelle misure di organizzazione che, pur continuando e intensificando più che mai la nostra politica di unione e di unificazione di tutte le forze militari nazionali, ci possano permettete, nella deprecata evenienza, di procedere solo con parte dei nostri amici alleati o, nel caso più disperato, anche da soli.
 
Ben inteso non deve essere visto in ogni proposta e in ogni misura che non collimi esattamente con le nostre vedute, un tentativo di sabotare o di evitare l’insurrezione. Noi dobbiamo studiare ed esaminare attentamente ogni proposta, ogni misura insurrezionale, per comprendere la portata esatta e col più grande spirito di collaborazione e anche di comprensione delle legittime preoccupazioni dei nostri amici ed alleati. Quando sia utile dobbiamo anche fare tutte le concessioni necessarie purchè esse non compromettano sostanzialmente lo scatenamento e la vittoria dell’insurrezione. Dove dobbiamo essere intrattabili è sul punto della necessità dello scatenamento della lotta insurrezionale di tutto il popolo. Fermezza su questo punto non vuol dire prepotenza o insolenza verso gli amici dei vari organismi militari, politici e di massa che devono dirigere l’insurrezione. Al contrario, questa fermezza deve accompagnarsi a molto tatto e abilità nei confronti di tutti e in particolare delle Missioni alleate, le quali spesso, per iniziativa dei loro singoli componenti, si fanno volentieri portavoce più delle preoccupazioni degli clementi attesisti che delle esigenze militari e insurrezionali della nostra lotta.


 
Soprattutto in questo periodo bisogna cercare di avere, a mezzo delle Missioni, dai nostri alleati il più grande aiuto possibile in armi e munizioni. Dobbiamo anche provvedere a fare senza questo aiuto in caso che esso, per una ragione o l’altra, non venisse. Tutte le nostre energie tutti i nostri piani, devono tendere in primo luogo a procurarci le armi, il più gran numero possibile di armi, a spese del nemico. I disarmi, le liquidazioni di presidi, l’organizzazione di rese in massa di nazifascisti, la caccia ai depositi nemici, devono essere visti come le fonti più importanti di rifornimento in armi per le nostre formazioni.
 
L’insurrezione nazionale dev’essere, ripetiamo, insurrezione di tutto il popolo. L’ampiezza di questa insurrezione non dev’essere condizionata dalla disponibilità di armi. Si organizzino in unità partigiane, in Gap e in Sap, tutti quei patrioti che vogliono battersi contro i nazifascisti. Se non hanno armi, se le procurino alla partigiana, cioè strappandole al nemico. A quanti, chiunque essi siano, raccomandano di non allargare ulteriormente l’organizzazione partigiana, si risponda che il patriota italiano non si batte per capriccio o per lusso ma si batte per una sentita esigenza nazionale e per un bisogno di difesa individuale; che nessuna disposizione, di nessun organismo e di nessun comando, può impedire al patriota, all’operaio, al ferroviere, al contadino, al giovane ricercato e braccato dalle belve nazifasciste, di darsi alla macchia, di cercare un’arma per difendersi e per sterminare chi è causa di tutti i mali del nostro popolo.
 
Rifiutarsi di organizzare quanti patrioti si offrono per battersi contro i nazifascisti equivarrebbe ad abbandonare questi patrioti a se stessi, abbandonarli ad un’azione disordinata e inconcludente, favorire non l’unificazione e il disciplinamento di tutte le energie patriottiche, ma le iniziative individuali e anarchiche che possono portare grave pregiudizio ai patrioti stessi e all’insurrezione nazionale che noi vogliamo, si, generale e di massa, ma anche esempio di disciplina e di ordine.
 
Qualunque cosa dicano e pensino i nostri amici ed alleati, noi dobbiamo procedere con la più grande energia all’organizzazione militare delle più grandi masse, al loro armamento e al loro impiego in azioni belliche.
 
4. – Queste sono le precise direttive che noi diamo a tutte le nostre organizzazioni, a tutti i nostri compagni in questo momento decisivo per l’insurrezione nazionale. Può darsi, ripetiamo, che esse siano le ultime direttive che noi possiamo far loro arrivare; gli avvenimenti precipitano; l’insurrezione è all’ordine del giorno, la liberazione sarà questione di dure lotte ma di poco tempo. Che tutti siano consci delle grandi responsabilità politiche e morali che pesano in questo momento sul nostro Partito nell’Italia ancora occupata dai nazifascisti: che tutti siano decisi a dare tutti se stessi per affrontare degnamente questa responsabilità e per portare il nostro popolo all’insurrezione vittoriosa e alla libertà.

l 10 aprile 1945 il Comando generale delle Brigate Garibaldi diramò la “direttiva n. 16” che allertava tutti i combattenti delle formazioni a prepararsi per l’insurrezione generale in tutta l’Alta Italia per precedere l’arrivo delle truppe Alleate e cooperare nella disfatta delle residue forze nazifasciste. Il comando generale delle brigate ed il Partito comunista enfatizzarono al massimo l’importanza dell’insurrezione, da effettuare a tutti i costi, senza accettare accordi, proposte, tregue con il nemico che potessero limitare l’azione delle forze partigiane. Venne stesi piani dettagliati per entrare nelle città, per salvaguardare le fabbriche e gli impianti, per impedire la fuga delle forze nazifasciste[18]. L’insurrezione ebbe quindi inizio il 24 e il 25 aprile nelle grandi città del Nord[19], dopo la diffusione del messaggio in codice comunicato dai vari comandi regionali: “Aldo dice 26×1″[20].

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