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Articolo 1: non pentirti. Le condanne a morte selvaggia inflitte dal clan dei Sarno a pentiti e familiari

Articolo 1: non pentirti. Le condanne a morte selvaggia inflitte dal clan dei Sarno a pentiti e familiariPentirsi è difficile avere un familiare che collabora con la giustizia spesso diventa un vero e proprio incubo e così ci sono ulteriori vittime. Una assurda vicenda è stata portata alla luce dalle forze dell’ordine.

Torturati, epurati e condannati a morte, questa è la giustizia interna alla camorra. Quattro le vittime accertate. Il clan dei Sarno non tollera i collaboratori e si fa giustizia da sè.  Quattro le vittime delle leggi di morte imposte dai capi del clan camorristico dei Sarno, negli anni tra il ’94 ed il 2002, su cui oggi si e’ fatta luce con l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per 15 affiliati della cosca. I carabinieri del gruppo di Castello di Cisterna (Napoli) hanno dato esecuzione al provvedimento emesso dal gip di Napoli su richiesta della Dda. Ne emergono storie drammatiche e di violenza indicibili.

 Mario Scala,, incaricato della vendita di eroina per conto del clan, il tronco e altre parti del corpo furono trovati carbonizzati il 3 dicembre del ’94 in contenitori per la raccolta dei rifiuti in localita’ Varcaturo, a Giugliano, nel Napoletano.


Il cadavere era talmente irriconoscibile che, prima che venisse effettuato l’esame autoptico, si pensava che appartenesse ad una donna, in ragione delle dimensioni delle parti ritrovate, compatibili con un corpo femminile. Scala, prima di essere assassinato, venne ‘interrogato’ e sottoposto a terribili torture per svelare i contenuti della sua collaborazione con la giustizia.

C’é poi una donna, Anna Sodano, scomparsa il 29 gennaio del ’98 dall‘hotel Executive di Napoli in attesa di essere trasferita in una località protetta per la sua collaborazione. Anche lei venne interrogata e uccisa. Il suo corpo non è stato mai ritrovato. Il suo compagno, Gennaro Busiello viene ucciso a Napoli il 18 marzo del 2000 con quattro colpi di pistola calibro 7,65 per il suo proposito di collaborare con la giustizia. Il suo omicidio avvenne, dicono gli investigatori, con il consenso del fratello a condizione che la stessa sorte fosse toccata ad altri componenti del clan che avevano manifestato analoghi intenti collaborativi. L’uccisione di Giuseppe Schisa, che si occupava delle estorsioni fin da quando apparteneva alla storica Nco del superboss Raffaele Cutolo, avvenuta il 18 marzo 2002 nel quartiere napoletano di Ponticelli con 9 colpi di pistola calibro 7,65, fu addirittura condivisa dal fratello Roberto che indicò agli autori materiali del delitto il luogo dove poter tendere l’agguato. Anche qui fu punita la decisione di avviare la collaborazione con le forze dell’ordine. Il clan Sarno opera da un trentennio nell’area vesuviana e nel quartiere Ponticelli. Le vittime, come spiega il procuratore aggiunto della Repubblica di Napoli, Rosario Cantelmo, erano tutti affiliati al clan, con ruoli più o meno marginali, “con l’unica responsabilità di voler uscire dal sistema criminale in cui erano entrati giovanissimi, intraprendendo la strada della collaborazione con gli organi inquirenti. Un sistema in cui, rispetto ai vincoli di sangue, a prevalere erano i legami criminali”.

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