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Gioia Tauro : operazione Oro Rosso, tutti i nomi. Sequestrata società Delfino e società Abate

Gioia Tauro : operazione Oro Rosso, tutti i nomi. Sequestrata società Delfino e società AbateRubavano decine di tonnellate di rame e così a seguito di una importante operazione di polizia si sono avuti dei fermi. Sembra che l’organizzazione fosse dedita a reperire il rame installato in alcuni impianti Enel e Telecom.

Di seguito la nota diffusa.

Nel corso della notte  il Commissariato di P.S. di Gioia Tauro e la Squadra Mobile di Reggio Calabria  hanno dato esecuzione alle ordinanze  di custodia cautelare in carcere  nr.            3254-2011       R.G.N.R. e nr. 1981/2011 R.G. GIP e nr. 2089-12 R.G.N.R. e nr. 1326/12 R.GG. GIP  emesse dal Tribunale – Ufficio GIP di Palmi (Dott.ssa Cristina Mazzuoccolo), su richiesta della Procura della Repubblica di Palmi, (Procuratore dr. Creazzo e sost. Proc. D.ssa Pantano) a carico di:


1.    DELFINO Rocco, nato a Gioia Tauro il 25.07.1962, ivi residente via ss 111 nr. 66;

2.    DELFINO Giovanni, nato a Gioia Tauro il 16.06.1957, ivi residente in via ss 111 nr. 66;

3.    ABATE Saverio Carmelo, nato a Gioia Tauro il 27.04.1961, ivi residente in via delle Rimembranze nr. 53;

4.    ABATE Antonio, nato a Gioia Tauro il 26.01.1966, ivi residente in via delle Rimembranze nr. 53;

5.    BEVILACQUA Armando,  nato a Reggio Calabria il 25.12.1978, residente in Gioia Tauro alla via Ciambra s.n.c., di fatto domiciliato in via Asmara s.n.c.;

6.    BEVILACQUA Armando, nato a Melito di Porto Salvo il 13.03.1989, residente in Brancaleone alla via Pantano piccolo s.n.c., di fatto domiciliato in Rosarno alla via Po nr. 23.

ritenuti responsabili, in concorso tra di loro ed in più circostanze, di furto e ricettazione di elevati quantitativi di rame.

Contestualmente agli arresti, sono stati eseguiti i Decreti di sequestro preventivo delle società “Fratelli Delfino” di Delfino Giovanni e TRA.FER. dei fratelli Abate, entrambe con sede a Gioia Tauro, aventi ad oggetto sociale la raccolta, trasformazione e commercializzazione di materiali ferrosi e similari.
Le indagini avevano avuto inizio il 2 novembre 2011, allorquando nella mattinata la Volante del commissariato di Gioia Tauro era intervenuta  presso la sede della ditta ECO Attrezzature S.R.L., operante all’interno di un capannone industriale di proprietà della ditta RADIPLAST S.r.l., sito nella 1^ zona industriale del comune di San Ferdinando, dove ne era stato richiesto l’intervento per una constatazione di furto di cavi in rame.
Nel corso del sopralluogo gli agenti, nell’effettuare i rilievi tecnici all’interno di una cabina elettrica di trasformazione a 20.000 Volts, sita all’interno del cortile del predetto capannone, notavano delle tracce di sostanza ematica, per cui effettuavano una verifica all’interno del trasformatore attraverso il pannello posto sulla parte superiore, che risultava rimosso, constatando che all’interno vi era un cadavere carbonizzato, successivamente identificato in Sadik EL TAYB, nato in Marocco il 14.09.1979, domiciliato ad Anzio.
In considerazione di quanto sopra, appariva pertanto ragionevole ritenere che il soggetto stesse tentando di sottrarre materiale in rame all’interno della cabina, quando era rimasto folgorato dalla corrente elettrica a 20 mila volt.

Il giorno successivo, 3 novembre 2011, la dipendente  Volante si recava nuovamente presso la ditta RADI PLAST, poiché un dipendente della stessa riferiva della presenza di due uomini in fuga, intenti presumibilmente a sottrarre del materiale elettrico.
Giunto sul posto, il personale operante nel fare il sopralluogo, rinveniva nelle immediate adiacenze dei capannoni della ditta  “Inveco”, confinante con la RADI PLAST vario materiale, palesemente di provenienza furtiva. Si procedeva, quindi, ad una perquisizione all’interno del capannone INVECO, dove si erano nascosti due soggetti extracomunitari che, alla vista degli operanti, cercavano di dileguarsi, senza peraltro riuscire perché prontamente bloccati.
Appariva chiaro dalle circostanze accertate che i due extracomunitari si fossero recati nel luogo dove sono stati fermati per recuperare il materiale precedentemente asportato dall’interno del capannone RADI PLAST e nascosto  in quello della INVECO. I due venivano identificati in RIMILI Issam, nato in Algeria, domiciliato a Rosarno, e BAFI Keame, nato in Ghana e domiciliato a Rosarno, clandestino.

RIMILI Issam decideva di confessare, confermando che la morte di EL TAYB era avvenuta accidentalmente mentre stavano rubando dei cavi di rame, e dava delle importanti indicazioni, utili per il prosieguo delle indagini.

Attraverso vari servizi di appostamento ed attività d’intercettazione telefonica, si accertava l’esistenza di una vera e propria organizzazione criminale, con precisa organizzazione dei compiti.

Il ruolo di effettuare i furti, il più pericoloso, è assegnato ai cittadini extracomunitari, che si devono anche occupare di bruciare i cavi.

Qui termina il loro ruolo; il rame bruciato, infatti, viene consegnato a cittadini di etnia rom stanziati a Gioia Tauro, che a loro volta lo consegnavano a due centri di raccolta:
•    F.lli DELFINO  di DELFINO Giovanni s.a.s. con sede sociale in Gioia Tauro via Lomoro nr. 17 e sede operativa in via Ponte Vecchio;
•    TRA. FER. s.r.l., con sede sociale in Gioia Tauro via Padova nr. 20 e sede operativa in località Sant’Angelo s.n.c. (str. Provinciale Gioia Tauro – Rizziconi).

Entrambi, come detto, sottoposti a sequestro preventivo ed affidati ad un custode giudiziale.

Le indagini si sono protratte sino al mese di luglio. L’ultimo sequestro è stato effettuato il 5 luglio 2012, a carico dei sopracitati BEVILACQUA Armando, cl. 78, e BEVILACQUA Armando, cl. 89, bloccati dalla Volante mentre stavano trasportando 7.500 chilogrammi di rame di provenienza furtiva presso il Capannone dei fratelli DELFINO.

Va sottolineato che il furto dei cavi di rame, ed il suo successivo riciclaggio, negli ultimi tempi ha fatto registrare in questo centro, come in altre aree del territorio nazionale, un allarmante  aumento  a causa del valore crescente di questo  metallo.
Si tratta di un fenomeno tra i più remunerativi e insidiosi, perché provoca spesso l’interruzione di servizi pubblici essenziali con ripercussioni di natura economica/sociale di particolare rilievo e possibili implicazioni di sicurezza e ordine pubblico, oltre che un serio rischio per la vita umana.
L’aumento dei casi di furto di rame trova due spiegazioni. La prima, ovviamente, di carattere economico: l’aumento della domanda di questo metallo, che ha un’importanza fondamentale nell’economia contemporanea, insieme alla speculazione finanziaria, ha portato il prezzo del rame alle stelle.


La seconda è legata alla facilità di riciclaggio del metallo e, soprattutto, sulla mancanza di controlli necessari in fase di rivendita.

Quindi, la facilità di furti, che spesso avvengono in luoghi abbandonati o non controllati, e quello del prezzo della rivendita aumentano ancor di più l’appetibilità del metallo. I ladri rubano il rame ovunque sia possibile: linee ferroviarie, cantieri, case, fabbriche e perfino cimiteri, determinando spesso l’interruzione di pubblici servizi, in particolare sulla linea ferroviaria.
Il prezzo della sua vendita varia tra i 3 e i 7 euro al chilo.

Di tale rilievo è divenuto il problema che, il 24 febbraio 2012 presso il Viminale, tra il Ministero dell’Interno, l’Agenzia delle dogane, le Ferrovie dello Stato Italiane, l’Enel, la Telecom Italia e l’Anie,  è stato sottoscritto il protocollo istitutivo dell’Osservatorio sui furti di rame.

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