Barbarie sugli animali in Europa raccontati nell’ultimo libro di Cinthia De Luca: “Barbarie dell’Uomo”
In un‘Europa che si dichiara moderna e civilizzata, si verificano ancora fenomeni “agghiaccianti” come quello che riguarda le famigerate Perreras (canili-gattili lager), moderne Auschwitz per animali, in un paese che si dichiara evoluto e progressista come la Spagna. Qui gli animali vengono impiccati, impalati, bruciati vivi nei forni crematori che lavorano ininterrottamente accanto alle celle. Le Comunidades Spagnole sono disposte a pagare, in un’epoca di crisi, fino ad 80 euro per ogni “esecuzione”.
In alcune Comunidades è lecita l’uccisione in strada di randagi, pagata dagli enti locali, da parte degli stessi veterinari comunali, con iniezioni letali.
Famosa è la “pila dei morti”: 6 tonnellate di cadaveri di cani e gatti nella sola Madrid, alla fine del 2010. In Spagna questa vergogna è già conosciuta, senza che abbia però provocato una petizione popolare, massiva e decisiva, che basterebbe forse da sola, ad arrestare questa “macchina di morte”.
In Ucraina è stata attivata un’ ulteriore “macchina di sterminio” con uccisioni di massa dei randagi, spesso sepolti ancora vivi nel cemento, in vista degli Europei di Calcio 2012, una manifestazione sportiva che avrebbe dovuto unire e non creare invece logiche di morte sistematizzata.
Nonostante la petizione al Parlamento Europeo nello scorso novembre e l’interessamento di numerose Associazioni animaliste e di volontari, l’Italia vergognosamente tace, assieme a tutta l’Unione Europea, sconfessando i principi espressi nella “Dichiarazione dei Diritti dell’Animale” redatta a Parigi il 15 Ottobre 1978, presso la sede dell’Unesco, difendendo appieno il “Diritto alla Vita” di tutte le specie nell’ambito dell’equilibrio.
“La grandezza di una nazione ed il suo progresso morale si possono giudicare dal modo in cui tratta gli animali” diceva Gandhi.
Cinthia De Luca, medico chirurgo presso la “Facoltà di Medicina e Chirurgia” della Sapienza di Roma, attivista O.I.P.A. (Organizzazione Internazionale Protezione Animali), rivela tutto ciò nel suo ultimo saggio “Barbarie dell’uomo”, edito da Abelbooks.net, documentando con un’attenta e comprovata documentazione scientifica come la vivisezione, inutile da un punto di vista medico, sia a volte anche lesiva per il raggiungimento di risultati fallaci.
La tesi che esponi nel tuo “Lo sterminio – La barbarie dell’uomo sugli animali” è che dietro allo sterminio generalizzato perpetrato ai danni di molte specie animali non ci siano solo interessi economici o commerciali, ma qualcosa di più profondo. Cosa?
Credo fermamente che ci sia la profonda volontà, anche a livello governativo, in molti stati, di annichilire di annientare ogni aspirazione di giustizia e di verità, anche attraverso una profonda “desensibilizzazione delle coscienze”. E alla “morte degli ideali” incoraggiata dalla società stessa, si è sostituita una naturale “barbarie di ritorno”, caratterizzata dalla voglia di fare del male, gratuitamente, in un tempo accelerato, fortemente autodistruttivo, in cui la nostra umanità sta scomparendo come esile ombra di un’epoca ormai finita, di un sogno perduto. Naturalmente anche gli interessi economici hanno un loro peso in tutta questa allucinante situazione. Sapevate, ad esempio, che molte marche, anche conosciute, producono i loro cibi per animali, nell’ambito della cosiddetta industria del Pet–Food, proprio con la carne di questi cani e gatti così brutalmente uccisi o con carne di animali malati ed addirittura “eutanasizzati” per patologia tumorale? E’ utile documentarsi, per poter conoscere le tante verità nascoste; forse, chissà, questo sterminio di massa serve ad alimentare anche l’industria del Pet–Food? E’ stato ipotizzato anche questo e credo che in una società senza più valori tutto sia possibile.
Qual è la tua posizione – come medico – nei confronti della vivisezione?
La mia posizione è molto chiara ed origina da un cammino tortuoso. Nelle scelte che facciamo per cercare di migliorare il mondo (è un’utopia?) o comunque per dare testimonianza non possono esserci vie di mezzo. Ho dovuto conseguentemente rifiutare tutte le opportunità di lavoro, e sono tante, che comportavano protocolli di ricerca sulle cavie di qualsiasi genere. Devi sapere che la maggior parte dei Dottorati di Ricerca medica si fondano ancora sull’uso di cavie, anche se fortunatamente si stanno affacciando metodologie alternative molto più valide, come è esposto nel libro, che forse negli anni rivoluzioneranno questo settore. Comunque per me il primo passo è stato non scendere a compromessi; non potrei infatti torturare ed uccidere un essere vivente e senziente come me e poi avere la “coscienza pulita”. Non sarebbe nemmeno intelligente, ben sapendo che sperimentando su sistemi biologici profondamente diversi, non si otterrà mai nulla. Naturalmente anche il problema vivisezione è ampiamente trattato nel libro. Il secondo passo, fondamentale, è quello di creare più informazione possibile, attraverso volantini, opuscoli, trattati scientifici altamente attendibili, e ce ne sono; basti pensare all’attività del dott. Stefano Cagno, uno dei più preparati ed attivi medici antivivisezionisti italiani (LIMAV). Naturalmente l’informazione deve raggiungere tutti, ma forse soprattutto i colleghi, che spesso sono disinformati al riguardo e sono stati abituati a considerare gli “animali non umani” – sia per educazione che per formazione – come oggetti animati invece che come esseri viventi, senzienti. E’ fondamentale inoltre proporre, soprattutto ai giovani, l’idea dell’obiezione di coscienza, ossia la possibilità di scegliere, di conoscere le mille nuove opportunità che la tecnologia propone, i mille metodi alternativi di ricerca, pienamente esistenti ed adottati già con successo in alcuni Centri sia italiani, che della Gran Bretagna, spesso invece abilmente nascosti. Un esempio per tutti è rappresentato dalla famosa “Fondazione Grigioni” di Milano per la ricerca sul Parkinson, all’avanguardia in tutti i sensi.
Dopo aver letto il tuo libro, cosa può fare una persona comune per lottare contro questo massacro, per cambiare le cose?
Non ci sono “persone comuni”, concedimi l’espressione, in quanto ognuno di noi è unico e speciale e può portare un proprio prezioso contributo: un primo passo sicuramente utile è collegarsi ai siti delle varie associazioni. Personalmente consiglio l’OIPA (Organizzazione Internazionale Protezione Animali), alla quale mi sono rivolta dopo tante delusioni; naturalmente questo non vuol dire che non esistano altre Associazioni serie. È solo che quest’ultima ha sicuramente carattere più risolutivo; si tratta infatti di un’Associazione che cerca di risolvere sia i grandi problemi, anche a livello governativo con vari interventi, inviando anche i propri delegati sul luogo per mesi. Basti pensare alla strage canina e felina avvenuta in Ucraina in vista degli Europei di Calcio in questi ultimi due anni: sono state prese numerose iniziative in proposito, in primo luogo i delegati che combattevano, nel senso letterale del termine, a fianco della popolazione locale, che veniva anche maltrattata se mostrava di aiutare i randagi; si è arrivati più volte infatti anche allo scontro fisico con le autorità stesse che sparavano o malmenavano i cittadini inermi; poi gli importanti incontri con le autorità locali stesse. Inoltre, per chiunque voglia, come ad esempio avveniva quest’estate per il massacro in Ucraina, è possibile la collaborazione sia attiva, con manifestazioni, che a distanza, comprensiva della possibilità di inviare “lettere preformate”, dunque già preparate, agli indirizzi governativi indicati, che hanno costituito, ad esempio, una protesta massiva, che insieme agli altri interventi, sta mitigando un poco le cose in quei luoghi o ha contribuito a fermare completamente altri massacri che avvenivano fino a poco tempo fa in Romania.
Utili, a mio avviso, anche i convegni informativi, o la proposta dell’ “obiezione di coscienza”, di cui parlavo prima, per cui occorrerebbe una campagna di conoscenza e sensibilizzazione.
Infine, qualunque rifugio serio, che proponga di salvare, anche una sola vita, è da sostenere, perché è la “coscienza sociale” quella che conta in fondo e che forse cambierà il mondo.