Economia

Gli attentati ai sindaci sardi e le responsabilità dello Stato

Gli attentati ai sindaci e la risposta delle istituzioni (pochi appunti)  Noota scritta per l’incontro tra i parlamentari sardi e il ministro Cancellieri, Viminale, 5 dicembre 2012

Un dossier completo degli attentati agli amministratori sardi ancora non esiste (si calcolano in un numero di circa 80 in media ogni anno), e forse andrebbe costruito sistematicamente a cura del Ministero, elencando anno dopo anno episodi apparentemente slegati l’uno dall’altro per località, circostanze, motivazioni e modalità ma in realtà uniti da un filo comune, riconducibile a quella che una sociologia ormai vecchia di quasi 40 anni ha definito come l’ “anomìa” della Sardegna di estrazione agropastorale, cioè il suo vivere in sostanziale estraneità rispetto all’ordinamento dello Stato e alle sue leggi.

Con ciò, si badi, non si vuole sostenere affatto che i reati di cui trattiamo siano, come accadeva in passato, di stretta estrazione agropastorale, avendo anzi per protagonisti spesso soggetti di cultura urbana (sebbene quasi sempre recente, da non più di una generazione) e traendo alimento da contenziosi con l’autorità locale (fondati o no, il più spesso del tutto infondati) che si radicano in atti per lo più amministrativi relativi a settori lontani dalla realtà agropastorale (spessissimo alle origini ci sono licenze edilizie non concesse o concesse ad altri, appalti anche per piccole cifre, contravvenzioni ritenute ingiuste, concorsi pubblici ecc.). Quel che domina è una logica individualistica per la quale l’atto oggettivo assunto dall’amministratore in nome dell’interesse pubblico viene interpretato come rivolto, per inimicizia o antipatia privata, a colpire persone “nemiche”, sia per ragioni familiari che personali; o a favorire persone “amiche”, per gli stessi motivi.

 I dati, sia pure non sistematici, sono comunque allarmanti. Le denunce sono state nel tempo ripetute e purtroppo rimaste senza adeguate risposte. Ricordiamo qui che l’ANCI sarda tenne il 2 febbraio 2011 una affollata assemblea (240 comuni, circa i 2/3 delle amministrazioni sarde) a Oristano alla presenza dell’allora ministro Roberto Maroni, nel corso della quale vennero concordati: a) la costituzione di un tavolo permanente tra Ministero, Regione ed Enti locali; b) l’organizzazione sul territorio sardo di nuclei specializzati simili a quelli impiegati per l’antiterrorismo (misure di intelligence, ritenendosi “inefficaci” quelle volte alla pura militarizzazione del territorio); c) la stipula di un Patto territoriale per la sicurezza tra Stato, Regione e Enti locali.

In quell’occasione il Ministro Maroni quantificò in 58 le azioni criminose messe a segno nel 2010 nell’isola sotto forma di danneggiamenti e/o intimidazioni (9 nella Provincia di Cagliari, 3 in quella di Carbonia-Iglesias, 21 in quella di Nuoro, 4 in Ogliastra, 11 nella Provincia di Oristano, 7 in quella di Sassari e 3 in quella di Olbia). Nel solo mese del gennaio 2011 gli atti criminosi erano stati già 12. Successivamente, per tutto il 2011-2012, episodi di violenza e di minaccia si sono susseguiti a ritmo impressionante in tutta la Sardegna, con maggiore, preoccupante concentrazione nelle aree interne, afflitte in particolare da una gravissima crisi economica accompagnata da accentuate dinamiche di spopolamento. A solo titolo indicativo, e rinviando alla documentazione fornita dall’ANCI Sardegna (dalla quale si possono anche evincere le puntuali reazioni dei consigli comunali), e limitandosi ai soli anni 2012-2012, si ricordano:

gennaio 2011: attentato ai danni del sindaco di Siliqua;

 gennaio 2011: attentato al sindaco di Benetutti (distruzione casa di campagna);

 11 gennaio 2011: Gairo, incendiata auto e un rudere, nonché sgozzate otto pecore e una gallina in loc. Sa Costa;

 17 gennaio 2011: Gairo, incendiata l’auto di un operaio forestale;

 23 gennaio 2011: Gairo, sette proiettili contro auto di un operaio forestale;

 agosto 2011: attentato alle Grotte Is Janas in territorio di Sadali. In seguito al quale la ditta che gestiva il servizio di visita guidate alle grotte rinunciò a partecipare al nuovo bando;

 8-9 novembre 2011: danneggiata auto di un consigliere comunale di Gesturi;

 30 novembre 2011: tentato incendio all’auto di un vigile urbano a Gairo;

 agosto 2011: Santulussurgiu, gravi attentati ai danni dell’azienda agricola di un assessore e delle private abitazioni di amministratori e familiar. Probabilmente in reazione alla costituzione della compagnia barracellare;

 febbraio 2012: danneggiamenti alla sede del municipio di Gesturi;

 marzo 2012: attentati contro amministratori a Monserrato, a Tempio, a Galtelle, ad Irgoli;

 luglio 2012: grave atto di danneggiamento contro il sindaco di Sindia, con esplosione di un ordigno nell’autorimessa privata;

 luglio 2012: una lettera anonima con minacce di morte recapitata al sindaco di Nuoro;

 luglio 2012: una lettera minatoria, con minacce estese alla famiglia e con allegate due pallottole, indirizzata al sindaco di Bonorva;

21 ottobre 2012: Gairo, bossolo cartuccia sopra l’auto del Vice Sindaco;

 13 novembre 2012: Gairo, bruciata auto della Regione concessa al Comune per i Barracelli;

 novembre-dicembre 2013: scritte con minacce di morte rivolte al sindaco di Orani. Rimosse vengono di nuovo tracciate durante la notte, a sfida, in muri centrali del paese;

 La lista, lo si ripete, è puramente indicativa e si limita ai fatti emersi nella cronaca. Episodi gravi e meno gravi, tutti però sintomo di un acuto stato di precarietà dell’ordine pubblico, si succedono in moltissimi centri. Spesso non vengono neppure denunciati (le scritte minatorie, ad esempio, tracciate impunemente in zone spesso centrali dei paesi interessati).

 Talvolta gli episodi si radicano in contenziosi apparentemente “minori” (se non fosse che possono sfociare in conseguenze spesso di rilievo penale). Per fare un primo esempio: a Perdasdefogu sono apparse negli scorsi giorni scritte contro il sindaco perché un concorso di quel comune per l’assunzione di tre vigili urbani è stato vinto (pare con merito) da tre ragazzi di Escalaplano. Qualcuno evidentemente interpreta quell’esito come lesivo dei diritti della comunità e ne fa carico al sindaco, colpevole di non avere tutelato i “suoi” concittadini, vendendosi a qualcuno proveniente da fuori paese.

La recente sociologia sulla Sardegna rurale ci invita tuttavia a non derubricare gli episodi anche minori confinandoli nelle sole categorie del risentimento o dell’invidia (sebbene in alcuni casi questo movente sia più che plausibile). Molto spesso, sempre più spesso, il motivo è economico, e si può rintracciare nel conflitto di interessi che insorge in molti paesi relativamente alla amministrazione comunale. Nasce così un pericoloso nesso tra l’attivazione di quelli che sono o si crede siano i propri diritti e l’atto criminoso, interpretato come il mezzo per farsi ragione da soli. La lentezza della giustizia, i suoi costi, la distanza stessa delle sue istituzioni dai territori (il che induce a meditare su recenti, infelici scelte governative, come quella di scardinare la rete dei giudici di pace periferici applicando alla Sardegna parametri simili a quelli delle aree intensamente urbanizzate) può rappresentare sotto questo profilo una delle condizioni in cui matura la risposta individuale in termini criminosi.

 Gli attentati sono una costante ormai stabile della vita locale sarda, specie di quella dei piccoli centri dell’interno. Ma vi sono stati episodi anche al di fuori di questa area cruciale, come ad esempio ad Olbia (ripetutamente, e con caratteristiche che dovrebbero destare specifico allarme, legandosi a un intreccio di stampo per lo meno premafioso tra politica e affari: nel giugno 2010 due gravi attentati incendiari sono stati ad esempio rivolti contro un singolo assessore comunale di quella città); o a Tortolì, dove nel 2006 fu incendiata l’auto della allora sindaco, avvocato Marcella Lepori senza che mai se ne siano trovati i colpevoli (per spegnere l’incendio l’auto fu innaffiata a tal punto da far scomparire qualunque prova residua). Frequenti sono anche i casi di attentati contro le caserme dei carabinieri (come è successo di recente ad Orune, per protesta – pare – contro alcuni arresti effettuati dall’Arma), o contro gli edifici scolastici, o comunque contro luoghi-simbolo della presenza attiva delle istituzioni. A Oliena l’atto violento ha avuto per oggetto l’auto di un agente carcerario. A Galtellì (notizia di queste ore) due cani di un consigliere di maggioranza sono stati impiccati a scopo intimidatorio: l’ultimo di una serie di apparentemente piccoli episodi, dei quali è costellata la cronaca della Sardegna recente. Di scritte intimidatorie contro i sindaci (vedi caso attualissimo di Orani) sono pieni i muri della Sardegna.

Le modalità di questi atti, che qui accomuniamo per brevità sotto un’unica categoria, sono le più varie: in particolare si spara contro il municipio o la casa degli amministratori (come avvenne nel 2010 contro quella del sindaco di Ottana: i colpevoli, in questo caso, sono stati condannati), si incendiano loro beni privati, si danneggiano le auto per lo più incendiandole, si fa uso di rudimentali (ma pericolosissime) bombe di costruzione artigianale, si inviano lettere minatorie a volte (come nel caso recente del sindaco di Bonorva) contenenti pallottole, si minacciano i parenti stretti, si scrivono in evidenza in luoghi di grande frequentazione pubblica accuse e minacce, si sgarretta o si uccide il bestiame ecc.

 Non sempre, anzi raramente, le indagini per identificare i colpevoli hanno buon esito. E qui bisogna lamentare un calo della capacità non solo strettamente investigativa ma di controllo del territorio da parte delle forze dell’ordine. Scarsi gli organici e forse mal distribuiti, chiuse una dopo l’altra le vecchie casermette dei carabinieri che un tempo presidiavano punti nodali del territorio rurale, assicurando la vigilanza sulle campagne (le campagne sarde sono per chilometri deserte, prive di insediamenti abitativi che non siano ovili isolati), in pensione e non sostituiti da personale di analoga competenza i vecchi marescialli dell’Arma un tempo profondi conoscitori della realtà locale. A Illorai, specie in occasione delle feste (ma è accaduto anche per eventi non prevedibili) una banda di presunti “balentes” percorre a cavallo di gran carriera le vie strette del paese, senza che i 3 carabinieri locali vi si oppongano. Una donna che ha denunciato i fatti ha subito una serie di violenze, quali impiccagione del cane, incendio della casa di campagna, fastidi al matrimonio della figlia, uccisione del maiale ecc. Il sindaco locale appare isolato e privo di mezzi per reagire.

 E’ prassi che i carabinieri intervengano non preventivamente ma solo su denuncia delle vittime, il che in certi contesti rende, data la paura di denunciare, non perseguibili i reati. A Bonorva però, dove il sindaco ha dovuto trasferire gli uffici comunali nell’agro per presidiare coraggiosamente i diritti della comunità contro alcuni pastori di altro paese, facinorosi che avevano invaso un fondo pubblico destinato alla forestazione, l’episodio delle pallottole recapitate al primo cittadino ha origine in una ordinanza di sgombero legittimamente emanata dall’autorità comunale e inspiegabilmente non eseguita dai carabinieri, con il risultato che il sindaco è stato da qualcuno dei suoi concittadini fatto responsabile dell’omissione.

 Lo Stato, rappresentato in molti paesi isolati dalla figura del carabiniere, è drammaticamente assente o in ritardo. A Illorai agiscono i carabinieri di Bono, ma sono lontani. Certi atti aggressivi maturano secondo un crescendo di minacce verbali e di scritte o altre forme di intimidazione per poi esplodere nella violenza contro le cose e le persone: occorrerebbe prevenirli intervenendo nella fase per così dire preparatoria, scoraggiando gli autori dal mettere in esecuzione i loro propositi. Invece essi possono agire per mesi nel silenzio e nella paura di chi subisce, senza che nessuna autorità pubblica difenda il bene comune e i cittadini onesti.

 In generale è necessaria in Sardegna una presenza preventiva e repressiva più costante, visibile ed efficace. E’ noto che la rete delle casermette dei carabinieri strategicamente disposte in luoghi particolari della campagna, in modo da intercettare movimenti di uomini e di bestiame, è stata negli anni smantellata. Le forze dell’ordine, in Sardegna come altrove, sono sotto organico. E’ andata in pensione e non sostituita adeguatamente una generazione di investigatori (l’ultima rappresentativa di una lunga tradizione) che conosceva perfettamente il territorio e gli ambienti per esservi nata e cresciuta e sapeva dunque captare in anticipo i fenomeni criminosi.

 La notte in molti paesi sardi, e non solo in quelli dell’interno, la comunità è lasciata sola. Non esiste pattugliamento, e talvolta neppure presenza fisica sui luoghi dei carabinieri, concentrati in uno soltanto dei centri abitati di aree anche abbastanza vaste. I sindaci e gli amministratori, estremo avamposto delle istituzioni, si sentono (e realisticamente sono) soli e isolati.

 Occorre contrapporre a questo deficit di Stato un di più di Stato. Occorre studiare in queste zone, a partire dai centri colpiti, opportune misure di polizia preventiva, insediamenti stabili delle forze dell’ordine e una politica della sicurezza pubblica sistematica e produttiva di effetti. E’ ovvio che molto gioverebbe a quelle aree una risposta in termini di sviluppo economico e di occupazione, così come una vitalizzazione del sistema scolastico interno che invece viene lasciato decadere. Ma prima ancora di queste politiche di lungo periodo, bisogna che nell’immediato le popolazioni sentano che lo Stato esiste, che è attivo, che reagisce all’arroganza e alla prepotenza, che tutela i cittadini onesti.

Guido Melis

 

 

 

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