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La presa di ostaggi a In-Amenas è la prova che i terroristi sono sempre presenti in Algeria e possano colpire ancora

La presa di ostaggi a In-Amenas è la prova che i terroristi sono sempre presenti in Algeria e possano colpire ancora16 gennaio 2013, l’impianto della British Petroleum (BP) a In Amenas in Algeria è stato attaccato da terroristi islamisti armati che hanno sequestrato 41 stranieri tra americani, europei ed asiatici. Il vile accaduto di In Amenas è l’ennesima prova che i terroristi sono sempre presenti in Algeria e possano colpire ancora.
Il sequestro è stato rivendicato da una nuova sigla del terrorismo di matrice islamista staccata dall’Al Qaeda, la Katiba “Al Muaqiiona Biddam, (I firmatari con il sangue)”, diretta da alias Mokhtar Belmokhtar o Mister Marlboro, un veterano dell’Afghanistan e della guerra civile algerina degli anni ’90.
Le forze speciali dell’Esercito algerino, conosciute per la loro ispirazione di modi di interventi russi, non hanno esitato il giorno dopo (17 gennaio 2013), con un blitz senza avvertire i paesi degli ostaggi stranieri, a sacrificare la vita degli ostaggi stranieri, per eliminare ogni traccia di probabile implicazione nell’orchestrazione del rapimento, per pretesi legate alla crescita dell’instabilità e l’insicurezza nel Sahel e in Algeria, causando uno sterminio di ostaggi, almeno 45 vittime.
L’accaduto è avvenuto poco giorni dopo un incontro a Ghedams in Libia tra i Premier della Libia, Tunisia ed Algeria sul tema delle frontiere, senza coinvolgere altri Stati della regione.


Il gruppo terroristico che ha colpito nel suolo algerino conferma che il fenomeno dell’ex Gruppo Salafita per la Predicazione e il Combattimento algerino (GSPC) attualmente Al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI), attivo nell’area sahelo-saharawi, e il Movimento per l’unicità e il jihad in Africa occidentale (MUJAO), anche se sia stato esportato in Mali ed internazionalizzato, ma non è stato sradicato per niente in Algeria.
Non si tratta ovviamente di una operazione terroristica completamente improvvisata, ma probabilmente è stata preparata da lungo tempo è perpetrata, secondo le autorità algerine, da un gruppo terroristico attivo nella regione.
Non è importante da dove sono arrivati i terroristi, dal Mali, 1700 km, dalla Libia o dall’interno algerino come pretendono o come si contraddicano le autorità algerine, nella stessa circostanza, questi gruppi hanno trascorso centinaia di chilometri in cui sono sparse basi militari algerine, particolarmente nelle regione di Tamanrasset in cui si trova addirittura la sede del Comitato di Stato Maggiore Operazionale Congiunto (CEMOC), una struttura militare incaricata per la lotta antiterrorismo, nel Sahara algerino, composto oltre all’Algeria che lo dirige, il Mali, Niger e la Mauritania, tale CEMOC appare sempre deficiente. La stessa zona ha conosciuto, due anni fa, il rapimento dell’italiana Sandra Maria Mariani dall’AQMI.
È molto grave che questi gruppi si siano spostati liberamente ed inosservati questo significa che c’è una totale assenza dello Stato.
Le recenti informazioni che parlano della fuga dei capi d’AQMI dal nord di Mali verso i campi del “Polisario” di Tindouf in Algeria (dove è stata rapita l’italiana Rossella Urru e 2 spagnoli), confermano che la maggior parte dei rapporti di esperti, specialisti ricercatori ed osservatori internazionali sono unanimi che questi campi sono diventati terreno fertile per la gestazione di jihadismo e salafismo. Questi campi, come rifugio sicuro, rappresentano un incrocio e un punto in cui si incontrano i gruppi estremisti violenti e gruppi terroristici e criminali. Siamo dunque davanti ad una zona di non- legge che rappresenta una minaccia reale, nella quale il mondo deve agire con forza.
In aggiunta, oggi che le relazioni complesse che si intrecciano nel Sahel dimostrano che ci sono legami profondi di qualità tra i membri AQMI e membri del Polisario provenienti da Tindouf.
Certamente, mantenere questa zona di non-legge e di non-diritto rappresenta oggi un pericolo supplementare contro la sicurezza e la stabilità nella Maghreb e nel mediterraneo.


È diventato chiaro che l’Algeria che è incapace di sorvegliare il suo territorio, non può assumere un leader di primo piano nella sicurezza, senza un coordinamento più ambizioso regionale, in particolare nel suo rapporto bilaterale con il Marocco. La difficile situazione che percorre l’Algeria, oggi, ha bisogno della solidarietà dei suoi vicini in modo che possa garantire una copertura completa sul tutto suo vasto territorio.
La lotta contro il flagello del terrorismo in Algeria e nella regione del Sahel passa innanzitutto con la concertazione di sicurezza tra le diverse forze di intelligence nella regione del Maghreb e del Sahel. Senza la cooperazione tra queste forze e il coordinamento di tutte le istanze, non si potrà mai apportare una risposta a questo flagello.
Infine, la risposta militare è imminente, ma occorre una profonda riflessione sul modo di combattere il terrorismo in una zona vasta e difficile da padroneggiare dalla Mauritania alla Somalia.

Venerdì 18 gennaio 2013

Yassine Belkassem* Coordinatore della Rete delle Associazioni della Comunità Marocchina in Italia

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"Amo ricercare, leggere, studiare ogni profilo dell'umanità, ogni avvenimento, perciò mi interesso di notizie e soprattutto come renderle ad un pubblico facilmente raggiungibile come quello della net. Mi piace interagire con gli altri e dare la possibilità ad ognuno di esprimere le proprie potenzialità e fare perchè no, nuove esperienze." Eleonora C.

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