Sclerosi Multipla: la risposta del Dr. David Hubbard allo studio PREMiSe di Buffalo sul Metodo Zamboni
29 marzo 2013
Al Direttore della rivista scientifica Neurology
201 Chicago Ave.
Minneapolis, MN 55415
Risposta a:
Siddiqui A, Zivadinov R, Benedetto R, Karmon Y e altri. L’angioplastica venosa percutanea transluminale (PTVA) è inefficace nel correggere l’insufficienza venosa cronica cerebro spinale (CCSVI) e può peggiorare l’attività di malattia della sclerosi multipla (SM) a breve termine: risultati sulla sicurezza ed efficacia nello studio a 6 mesi, in doppio cieco, a controllo simulato, prospettico, randomizzato sulla terapia endovascolare nella SM (PREMiSe).
Poster presentato al meeting annuale dell’American Academy of Neurology, marzo 2013.
Come primo studio dell’angioplastica nella SM che era randomizzato e in doppio cieco includendo un trattamento simulato, è importante analizzare se il metodo e l’analisi giustificano le conclusioni. Sorgono molte domande che si spera verranno chiarite quando il Dr. Siddiqui presenterà lo studio per la pubblicazione su qualche rivista:
1) Com’è stata fatta la procedura simulata? Presumibilmente è stato inserito un catetere, ma fino a che punto è avanzato, attraverso le valvole delle vene giugulari interne, nella vena azygos? Quanto tempo è stato lasciato nel sito?
2) Il criterio di inclusione pre-angioplastica era una riduzione del diametro misurata con l’IVUS pari o superiore al 50%. Il diametro post-angioplastica ripristinato ad almeno il 50% del normale diametro venosa prossimale… Una tabella dovrebbe fornire i diametri attuali e un’analisi se i ripristini erano significativi, ad esempio è significativo un cambiamento dal 49% al 51%?
3) E’ stato calcolato un punteggio di gravità dell’insufficienza emodinamica venosa per determinare il cambiamento del flusso nel tempo e tra i gruppi. Com’è stato calcolato? Sarebbe utile una tabella che presenti questi dati. E’ stato trovato un miglioramento statisticamente significativa (p meno di 0,0001) dal basale a 1, 3 e 6 mesi (combinato) per il gruppo in aperto, ma non per il gruppo di trattamento simulato (p = 0,894). Sarebbe interessante sapere se il cambiamento del diametro della vena misurato mediante l’IVUS è correlato con la variazione di flusso misurata dal punteggio di variazione di flusso. Perché il ripristino del flusso nel gruppo in aperto aveva successo, ma non nel gruppo di trattamento ritardato? Gli operatori e il metodo di angioplastica erano gli stessi?
4) Non ci sono state differenze statisticamente significative tra i gruppi di trattamento e simulato nelle ricadute della SM (p = 0,389) e nella conta delle lesioni di RM (p = 0,079 0.81,0.5 e, fig. 2). Questi risultati non giustificano la conclusione che l’angioplastica “può aumentare l’attività della malattia SM nel breve termine“. Non sono stati presentati dati a sostegno della conclusione che “il cambiamento più considerevole nel deflusso venoso è stato associato ad un’aumentata attività della malattia in primo luogo osservata alla risonanza magnetica“.
5) Il poster ha concluso che l’angioplastica “non è riuscita a fornire un miglioramento duraturo del deflusso venoso come dimostrato dal doppler e/o dai risultati clinici e di risonanza magnetica“. Dal momento che l’obiettivo dello studio ha ipotizzato che la correzione del flusso venoso migliorerebbe la SM, perché ci si aspetterebbero miglioramenti della SM se il flusso venoso non lo era?
Dr. David Hubbard
Membro dell’Academy of Neurology
Fonte: http://www.hubbardfoundation.org/CCSVI_key_scientific_papers.html