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Sclerosi Multipla: a proposito degli studi contro la CCSVI di Zamboni

ccsviVengono periodicamente pubblicati su alcune riviste scientifiche studi ecografici che cercano di dimostrare come l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI), scoperta nel 2007 dal prof. Paolo Zamboni (Direttore del Centro Malattie Vascolari dell’Università di Ferrara), non esista oppure non sia correlata alla sclerosi multipla (SM), malattia gravemente invalidante per la quale purtroppo non si conoscono ancora le cause né una terapia definitiva e valida per tutti, nonostante le ingenti risorse investite nella ricerca, sopratutto nel ricco settore farmaceutico.


Gran parte di questi studi, che spesso partono da un evidente pregiudizio, sono stati effettuati da neurologi che in precedenza non si erano mai occupati di circolazione venosa extracranica (nel collo) ma solo di arterie (carotidi) e che non hanno effettuato alcun specifico training per questo particolare esame diagnostico, improvvisandosi piccoli scienziati in studi mal progettati e mal eseguiti.

Preoccupano anche i notevoli conflitti d’interessi con le case farmaceutiche da parte degli autori degli studi contro la CCSVI, che talvolta non vengono nemmeno dichiarati nonostante ciò sia obbligatorio.


E’ curioso notare che questi studi non prendono in considerazione il protocollo* più recente proposto dal prof. Zamboni e pubblicato alla fine del 2011 sulle riviste scientifiche International Angiology e Functional Neurology, che forse li avrebbe potuto aiutarli ad eseguire meglio l’esame o almeno a comprenderne la difficoltà di esecuzione.

Nel protocollo del 2011, secondo gli autori, l’insufficienza venosa cronica cerebrospinale (CCSVI) è una sindrome caratterizzata da stenosi o ostruzioni delle vene giugulari interne e/o azygos con un flusso disturbato e la formazione di circoli venosi collaterali. Studi che utilizzano l’ecografia hanno dimostrato nei pazienti con sclerosi multipla (SM) un’elevata prevalenza di CCSVI (media 70%, range 0-100%, N = 1496), mentre, nei controlli normali e nei pazienti senza SM la prevalenza era molto più bassa (media 10%, range 0-36%, N. = 635). L’ecografia utilizza una combinazione di misurazioni fisiologiche nonché di imaging anatomico ed è stata utilizzata per la rilevazione della CCSVI da diversi centri con risultati variabili. E’ stata trovata da alcuni team un’alta prevalenza delle lesioni ostruttive che varia nei pazienti con SM dal 62% al 100% rispetto ad una minore prevalenza nei controlli dello 0-25%. Tuttavia, da altri è stata riportata l’assenza di tali lesioni o una prevalenza più bassa (16-52%). Questa variabilità potrebbe essere il risultato di differenze nella tecnica, formazione, esperienza o criteri utilizzati. L’attuale mancanza di una metodologia condivisa tra gli esperti è un elemento di confondimento negli studi epidemiologici, e non consente l’uso del teorema di Bayes o altri tipi di analisi. Al fine di garantire un’elevata riproducibilità delle scansioni doppler con una precisione comparabile tra i centri, gli autori hanno proposto un protocollo dettagliato con metodologia e criteri standard. Questo è necessario anche per la formazione. E’ stato dimostrato che la variabilità inter-rater aumenta dopo la formazione (da k = 0,47 per k = 0,80), mentre la riproducibilità intra-rater negli operatori addestrati era k = 0,75. Infine, il documento di consenso propone uno standard di refertazione delle misure doppler, e chiede future ricerche per rispondere alle aree di incertezza.


* http://www.minervamedica.it/it/riviste/international-angiology/articolo.php?cod=R34Y2011N06A0571

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