Italia

Sardegna: oltre 10milioni di ore di Cassa Integrazione autorizzate dalla RegioneSardegna. Dati CNA

cna1Ammonta a più di 10 milioni il monte ore di Cassa integrazione autorizzate dalla Regione Sardegna nel primo semestre del 2013. Lo annuncia la Cna sarda che – in una indagine del suo ufficio studi – rileva come, in base ai dati INPS, il risultato odierno segni un calo del 28% rispetto al primo semestre 2012. Dato questo che però non deve trarre in inganno in quanto proprio il 2012 ha rappresentato il picco massimo in Sardegna di ricorso all’ammortizzatore sociale: se nel 2005 le ore di CIG autorizzate erano state pari a 3,4 milioni (quasi un terzo di quelle autorizzate nei primi sei mesi del 2013), sette anni dopo queste sono infatti salite a quasi 27,6 milioni. La Cna rileva in particolare una impennata a Sassari, dove il ricorso all’ammortizzatore nel primo semestre del 2013 è cresciuto ancora del 6%, a fronte di un calo generalizzato osservabile negli altri territori.


In base alla rilevazione della Cna regionale, nei primi anni della crisi economica il trend di crescita della Cig riguardava soprattutto il regime straordinario – passato da 970mila ore autorizzate nel 2006 a 4,6 milioni del 2009 – in particolare nei settori tessile (1,4 milioni di ore autorizzate nel 2009) e metallurgico (1,1 milioni). Nella fase più recente – invece – è aumentato soprattutto il regime in deroga (da meno di 3 milioni del 2009 a più di 18 milioni di ore autorizzate lo scorso anno) a testimonianza di una crisi che questa volta interessa particolarmente il settore dell’industria meccanica (2,2 milioni di ore autorizzate lo scorso anno nel settore industriale e quasi 700 mila in quello artigianale), il settore edile (quasi 3 milioni di ore) e soprattutto il settore commerciale, con un numero di ore passate da 1,1 milioni nel 2009 a 5,8 milioni nel 2012.

«In quest’ottica dunque il risultato del primo semestre 2013 non può essere letto come una buona notizia», spiegano Bruno Marras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario della Cna regionale, rilevando come – in base all’indagine sulle forze lavoro dell’Istat – nel primo trimestre 2013 il numero degli occupati complessivi in regione sia sceso a 558mila, il livello più basso dal 2005.

«In Sardegna la crisi economica continua pertanto a penalizzare il mercato del lavoro – aggiungono Marras e Porcu -. Nell’industria metallurgica il numero di ore di CIG è balzato addirittura a più di 1,7 milioni nel primo semestre 2013: un livello davvero eccezionale, superiore a quello raggiunto nel 2011 e nel 2012. La crisi industriale – aggiungono i vertici della Cna sarda – riguarda anche il settore dei trasporti e delle comunicazioni, con 1,5 milioni di ore autorizzate. Queste due attività economiche – spiegano – mantengono quasi stabile il numero complessivo di ore autorizzate in tutte le attività industriali regionali, che registrano un modesto -6%, a fronte di riduzioni assai più importanti per l’edilizia, l’artigiano e il commercio, con tassi negativi prossimi al 40%».


Spinti dall’emergenza sociale – dichiarano i vertici CNA – abbiamo giustamente aperto un ombrello di protezione sociale sotto al quale hanno trovato riparo decine di migliaia di lavoratori sardi.

Per il 2013, rimangono da reperire decine di milioni di euro per assicurare “copertura” all’intero sistema degli ammortizzatori sociali che, a fine anno, riguarderà circa 30 mila lavoratori sardi, per un costo annuo che si aggira intorno ai 220/230 milioni di euro. In migliaia di casi, lavoratori giunti alla terza o quarta proroga non hanno nessuna prospettiva di rientrare nel vecchio posto di lavoro, né di trovarne uno nuovo, non essendo impegnati in alcuna seria azione di riqualificazione professionale.

«La Regione – dichiarano Marras e Porcu – deve con urgenza aprire subito il confronto con le parti sociali. Siamo nel mezzo di una situazione esplosiva, che deve essere gestita trovando per il 2014 soluzioni equilibrate, in cui le giuste esigenze di protezione sociale non pregiudichino per intero la possibilità di rilanciare la crescita.

Per questo occorre passare da un modello di protezione sociale passivo, dal profilo puramente assistenziale, a modelli anche sperimentali di politiche attive in grado di offrire una speranza di reinserimento nel mondo del lavoro».

Tag

Related Articles

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Back to top button
Close
Privacy Policy Cookie Policy