Italia
Gioia Tauro: pericolo chimico
Un porto internazionale che, per la sua posizione strategica, sarebbe potuto diventare il fulcro principale per gli scambi italiani via mare, una risorsa mai completamente sfruttata in tutti questi anni, nonostante le continue promesse avanzate dalle varie parti. Il porto di Gioia Tauro, una tra le infrastrutture più importanti in Italia ha da sempre vissuto in penombra o, peggio, è sempre stata ricondotta ad episodi relativi a traffici di droga, almeno fino ad oggi.
È arrivata infatti in queste ore la conferma sulla scelta del porto calabrese come luogo di scambio tra le navi che trasportano armi chimiche provenienti dalla Siria, un vero fardello per il nostro Paese che ha accuratamente vagliato le varie ipotesi, optando per uno scalo che risulterebbe più sicuro e di più facile gestione in caso di proteste e manifestazioni.
“Le proteste sicuramente ci saranno in questi giorni, perché la popolazione non rimarrà certamente impassibile davanti a questa decisione; – afferma sconcertato il Presidente dell’U.Di.Con., Denis Nesci appena appresa la notizia – la Calabria è stata sacrificata per accordi internazionali che potrebbero mettere a rischio la salute dei residenti qualora si verificasse anche il minimo imprevisto, inoltre – aggiunge il Presidente – bisogna da subito prevedere interventi eccezionali di sicurezza internazionale, vista la straordinarietà dell’evento”.
Lo scalo fino a questi giorni è stato purtroppo considerato di serie b, comparso sulle pagine di cronaca nera di molti quotidiani, non vorremmo che ora fosse ricordato anche nei manuali di relazioni internazionali per possibili incidenti che potrebbero avvenire in acque internazionali.
“Si tiene in considerazione il porto di Gioia Tauro solo per situazioni estremamente pericolose – conclude il Presidente Nesci – sarebbe doveroso d’altro canto tenere in considerazione la possibilità di scegliere lo stesso scalo, viste le ottime caratteristiche tecniche come luogo adatto allo smaltimento della Costa Concordia, visto che possiede tutti i requisiti per poter svolgere tale funzione, senza dover avviare una gara tra i Paesi dell’Ocse”.
Roma, 16/01/2014
Martina Donini