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Seconda prova Magistrali tema di Pedagogia Autorità e autoritarismo

download (5)Autorità dal latino auctorítas-ātis, presenta notevoli sfaccettature nei concetti a secondo del campo in cui il termine si adotta. Interessa in questo discorso soprattutto la definizione di quella di capacità di del  Il dialogo educativo, che si esplica nella dimensione relazionale e della comunione, implica alcuni presupposti nel pensare-agire dell’educatore – e perciò nella sua parola trasformatrice : l’amore, l’umiltà, l’autorevolezza, l’ascolto, la speranza, la coerenza, la creatività.

Tutte queste dimensioni sembrano oggi imprescindibili se si intende assegnare all’educazione il di effettiva costruzione di un’umanità migliore. Il rapporto tra docente e discente è un rapporto fondato su un’autorità che libera, che spinge il fanciullo a fare quello che è giusto anche se a lui dispiace. È la vecchia tesi del compromesso dell’autorità liberatrice cara ai cattolici liberali, a cui già il Lambruschini aggiungeva, ispirato da Pestalozzi, la dedizione amorosa che deve essere propria dell’educatore.

Il termine, contrapposto a libertà, forma una delle più note e dibattute antinomie pedagogiche. Da più parti tuttavia è stato rifiutato il carattere di irrisolvibilità dell’antitesi riconoscendo ai due termini, almeno di fatto, una posizione fra loro dialettica i cui modi variano, però, secondo i punti di vista teorici da cui quella posizione viene considerata e interpretata. Rousseau nell’Emilio fu tra i primi a proclamare la libertà nell’educazione contestando, implicitamente o esplicitamente, l’autorità degli adulti (educatori o genitori).

Una ricostruzione completa della problematica pedagogica inerente ad autorità e libertà richiede un’esplicitazione delle basi filosofiche dei due concetti e una loro chiarificazione in termini storico-politici. Si può qui osservare che il primo termine ha potuto prevalere nel processo educativo fino a quando è vissuto insieme a strutture socio-politiche esse stesse fondate sul principio d’autorità. Una prima parziale rimozione si è operata quando l’assetto politico-sociale ha almeno messo in discussione quel principio e quando la “rivoluzione copernicana” dell’educazione apertasi con l’attivismo e con le “scuole nuove” ha riaffermato la libertà, l’autogoverno, l’autonomia dell’educando e di conseguenza il rifiuto di un’illegittima ed estrinseca autorità. Si discute, di conseguenza, del perché nell’attivismo originario la libertà del fanciullo non si accompagnava a un’esplicita e radicale contestazione dell’autorità degli adulti, che è un modo più concreto di ricercare e assicurare la libertà del fanciullo. Nella storia più recente delle istituzioni scolastiche si è affermata con forza la critica pratico-teorica dell’autoritarismo per opera della contestazione studentesca che ha sollecitato, almeno in parte, anche una riqualificazione pedagogica del tradizionale problema di autorità e libertà.

La pedagogia dell’Attivismo poi ha inteso sottolineare – pur con molte sfumature e varianti – i diritti del bambino, la sua spontaneità, la sua naturale bontà, la sua creatività e la sua espressività, la sua esigenza di libertà e di crescita autonoma, il suo bisogno di fare e di apprendere attraverso il fare, di liberazione dalla coercizione e dall’autoritarismo. D’altra parte, con poche eccezioni – il caso estremo è rappresentato dal libertarismo anarchico di Leone Tolstoj (1828-1910) – tutte le pedagogie e le metodologie, comprese quelle attivistiche, si caratterizzano di fatto nel contemperamento di coppie di concetti almeno apparentemente antitetici, quali: libertà/ autorità, spontaneità/regole, autonomia/dipendenza, libero sviluppo/condizionamento, attività disinteressata/educazione finalizzata, natura/cultura, istinto/abitudine, innato/ acquisito, bambinocentrismo/maestrocentrismo, ecc. La libertà e la spontaneità devono sempre fare i conti con dei condizionamenti ambientali e delle scelte educative, le quali inevitabilmente comportano il riferimento a un modello di donna e di uomo storicamente e socialmente determinato, che l’educatore fa proprio più o meno consapevolmente.
Più specificamente, in ambito cattolico, l’educazione non può prescindere da alcuni valori fondamentali, come chiaramente teorizzato dal filosofo tomista e personalista Jacques Maritain (1882-1973), sostenitore di un “umanesimo integrale” comprensivo delle dimensioni individuale, sociale e religiosa. Maritain evidenziava il carattere intenzionale dell’educazione, diretta verso la verità e indirizzata alla formazione integrale della persona, individuando “gli errori dell’educazione contemporanea”: “ il misconoscimento dei fini”, “false idee riguardo al fine”, “il pragmatismo”, “il sociologismo”, “l’intellettualismo”, “il volontarismo”, l’idea che “ogni cosa può essere insegnata” (Cfr. Maritain J., 1947, L’educazione al bivio, La Scuola, Brescia, pp.13-40). Si trattava quindi di un’educazione nettamente orientata da una ragione integrata dalla fede, rispetto a cui doveva essere l’adulto consapevole ad

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