Scoperti funghi sconosciuti all’interno di confezioni alimentari
Un ricercatore tedesco scopre funghi sconosciuti in confezioni in commercio
Un micologo presso i prestigiosi Royal Botanic Gardens, Kew – più noti come Kew Gardens, Bryn Dentinger ha fatto una scoperta che dovrebbe far riflettere tutti i consumatori quando acquistano funghi confezionati: in una busta di preziosi “porcini” importati dalla Cina c’erano in realtà specie sconosciute e non ancora classificate.Se è vero che, secondo le stime, ci sono tra 500.000 e 10 milioni di specie di funghi sulla superficie del globo e che ogni anno, i micologi descrivono circa 1.200 nuove specie, Bryn Dentinger e la sua collega Laura Suz nello studio che hanno appena scritto, disponibile sulla rivista scientifica online e open access sito Peer J Pre, hanno anche rilevato che a causa di ciò maggiore è la probabilità che specie non note possano entrare nella catena agro-alimentare. Tuttavia questa considerazione non deve apparire banale se si pensa che a causa dei funghi, in Italia, ogni anno ci sono circa un migliaio di casi di avvelenamento.Ma tornando alla confezione di funghi “cinesi” che è stata sottoposta a verifica i ricercatori hanno addirittura analizzato frammenti di DNA. La notizia rassicurante è che si trattava effettivamente al 100% porcini e tutti erano commestibili. L’informazione più sorprendente è che tra le tre specie di Boletus rappresentati, nessuno corrispondeva ad una specie conosciuta! Il problema della tracciabilità e dell’identificabilità dei prodotti alimentari, per Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” si riaffaccia un’altra volta. Senza andare a ridiscutere dello scandalo del 2013 della carne di cavallo (e maiale), che era stata venduta come carne bovina che scoppiò a seguito di una analisi del DNA condotta sugli hamburger in Irlanda, è evidente come sia necessario sottolineare quanto sia importante accelerare la nomenclatura genetica della vita e l’effettiva identificabilità di tutti i prodotti alimentari..Da un lato, ovviamente, per migliorare la sicurezza alimentare e garantire che ciò che entra nel nostro organismo corrisponda a ciò che dice l’etichetta. E, in secondo luogo, per un migliore controllo affinché talune specie protette non finiscano in cucina.
Lecce, 11 luglio 2014
Giovanni D’AGATA