Un recente studio americano portato avanti da David Greenfield, professore di psichiatria all’Univeristà del Connecticut, avrebbe dimostrato che ” l’attaccamento allo smartphone è simile a tutte le altre dipendenze, perché causa delle interferenze nella produzione della dopamina, il neurotrasmettirore che regola il circuito celebrale della ricompensa: in altre parole, incoraggia le persone a svolgere attività che credono gli daranno piacere.”
La dopamina sale ogni volta che lo smart riceve una notifica.
Se non si riceve nessuna notifica allora chi soffre di nomofobia tenderà a guardare ripetutamente lo smart e sentirlo vibrare o squillare quando è in silenzio.
Nicola Luigi Bragazzi e Giovanni Del Puente, studiosi dell’Università di Genova, hanno proposto che la nomofobia venga inserita nel «Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali», conosciuto dagli addetti ai lavori con la sigla Dsm, dal titolo dell’edizione statunitense e sostengono che “Come in ogni dipendenza, il primo sintomo è la negazione . Anche se la tecnologia ci consente di sbrigare il nostro lavoro più velocemente e con efficienza, i dispositivi mobili possono avere un effetto pericoloso sulla salute: dobbiamo indagare il fenomeno ancor più in profondità e studiarne gli aspetti psicologici”.
“Quella sensazione di “perdersi qualche cosa” se non si controlla costantemente, è del tutto illusoria – conclude Greenfield -. Quello che succede sullo schermo non ha nulla a che fare con la nostra vita”.
Voi siete nomofobici?
Noi per ora no!
Anche se di fobie come tutti ne abbiamo tante!!!