“L’ospedale discrimina?”
Criticità, linee guida e buone prassi nell’accoglienza delle persone con disabilità in ospedale
Una giornata di studio dedicata ai diritti delle persone con disabilità
Rozzano, 4 ottobre 2014 – Fatto salvo alcuni casi di eccellenza, gli ospedali italiani ancora non sembrano pronti ad affrontare tutte le complessità della gestione intraospealiera delle persone con disabilità. Questa la fotografia che emerge dalla giornata di studio “L’ospedale discrimina? L’accoglienza in ospedale delle persone con disabilità”, promossa da Fondazione Ariel e Spes contra spem, con la collaborazione di Fondazione UMANA MENTE, venerdì 3 ottobrepresso dell’Istituto Clinico Humanitas di Rozzano (Mi).
A fotografare il ritardo e le criticità – barriere materiali, organizzative/gestionali e culturali – con cui si muovono i centri ospedalieri in merito alle cure delle persone con disabilità è l’indagine conoscitiva sulle strutture ospedaliere pubbliche, promossa da Spes contra spem e Fondazione Ariel in partnership con l’Osservatorio Nazionale sulla Salute nelle Regioni Italiane dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma.
Poco confortanti i risultati preliminari dell’indagine realizzata tra gennaio e settembre 2014 contattando 814 strutture (con un tasso di risposta pari al 20%). La maggioranza delle strutture rispondenti non ha ancora installato mappe a rilievo e/o percorsi tattili all’interno dell’ospedale. Solo il 36% delle strutture contattate ha un flusso prioritario per pazienti con disabilità presso i servizi ambulatoriali/day hospital con erogatori di numeri dedicati e solo il 19% ha un punto unico di accoglienza. Anche la presenza in Pronto Soccorso di locali e/o percorsi specifici per pazienti con disabilità cognitiva/intellettiva sembra essere un miraggio.
“L’assenza nella maggioranza dei nostri ospedali di percorsi clinico assistenziali per le particolari esigenze delle persone con disabilità non solo contravviene a un principio di giustizia ma ha ricadute sulla qualità delle cure in generale. Le buone pratiche che dovrebbero essere esercitate in relazione alle persone con disabilità – intellettive, motorie e sensoriali – avrebbero una ricaduta positiva su tutti i pazienti, commenta il dottor Nicola Panocchia, dirigente medico del Policlinico Gemelli di Roma.
Da questa consapevolezza è nata la Carta dei diritti delle persone con disabilità in ospedale, curata dalla cooperativa sociale onlus Spes contra spem e già adottata dal Policlinico Gemelli di Roma e dall’ospedale ASL Alto Vicentino: 14articoli, diritti imprescindibili ed esempi concreti delle esigenze specifiche dei pazienti con disabilità, molto spesso non in grado di esprimersi, di comprendere, di comunicare.
Soluzioni spesso di ordine organizzativo e pratico a cui si aggiunge attenzione e flessibilità: percorsi specialistici, ambienti più tranquilli, tempi personalizzati per visite ed esami diagnostici, la presenza del familiare o caregiver, sono alcuni esempi della sfida della personalizzazione delle cure e dei percorsi di assistenza. “L’ospedale necessita di una capacità adattativa notevole perché ogni paziente è un caso a se stante e presenta spesso caratteristiche uniche e non consuete”, ha spiegato Filippo Ghelma, presentando l’esperienza di eccellenza del DAMA, il servizio di accoglienza specialistica dell’Ospedale San Paolo di Milano, che dal 2.000 a oggi ha preso in carico oltre 5.000 persone con disabilità.
Una attenzione particolare è stata dedicata al trattamento e la cura dei bambini con disabilità. “Oltre a percorsi dedicati, riduzione dei tempi di prericovero e degenza e aggiornamento degli operatori, è necessario supportare l’intero nucleo familiare con attività di formazione e assistenza”, ha spiegato il prof. Nicola Portinaro, responsabile dell’Unità Operativa di Ortopedia Pediatrica dell’Istituto Clinico Humanitas e direttore scientifico di Fondazione Ariel, che dal 2003 opera a livello nazionale per sostenere le famiglie con bambini con Paralisi Cerebrale infantile e disabilità neuromotorie.
“Di fronte a un soggetto con disabilità complessa devi pensare non solo in termini medici ma anche sociosanitari e di comunicazione. Un approccio nuovo della mente, che necessita di un lavoro di equipe e di formazione specifica”, ha sottolineato il prof. Giuseppe Zampino, responsabile UO Malattie rare e difetti congeniti del Policlinic Gemelli. Gli ha fatto eco Maria Luisa Di Pietro, professore di Medicina Legale dell’Università Cattolica del Sarco Cuore di Roma: “Oltre al linguaggio dei diritti serve un linguaggio dei doveri che si leghi al rispetto della dignità umana. Questo rimanda alle istituzioni e alla formazione degli operatori sanitari. Una formazione della mente, del cuore, della mano”.