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Pensione: donne 57 anni e 3 mesi con 35 anni di contributi ecco come. Termini riaperti

pensioni scuolaNovità per le donne, torna la possibilità di andare in pensione con 57 anni e 3 mesi ma con almeno 35 anni di contributi. Lo si legge su Rainews.Le donne lavoratrici che hanno almeno 35 anni di contributi e 57 anni e 3 mesi di età e che volessero andare in pensione, ma con l’assegno calcolato interamente con il metodo contributivo, potranno continuare a presentare la domanda all’Inps sino al 31 dicembre dell’anno prossimo.

Come riporta il Corriere della Sera, l’Inps ha infatti esteso la data per aderire alla cosiddetta ‘opzione donna’ sino alla fine del 2015. E per farlo ha diffuso un messaggio – il numero 009304 – in cui il direttore generale Mauro Nori mette nero su bianco: “Eventuali domande di pensione di anzianità in regime sperimentale presentate dalle lavoratrici che perfezionano i prescritti requisiti anagrafici e contributivi entro il 31 dicembre 2015, ancorché la decorrenza della pensione si collochi oltre la medesima data, non devono essere respinte ma tenute in apposita evidenza”.

Altrimenti detto, tutte le donne lavoratrici che hanno i requisiti su citati e che volessero andare in pensione, ma con l’assegno calcolato interamente col metodo contributivo, rimettendoci cioè circa il 15-20% rispetto al calcolo retributivo, potranno continuare a presentare la domanda all’Inps fino alla fine del prossimo anno.

L’Istituto di Previdenza riapre quindi i termini che altrimenti sarebbero scaduti il 30 novembre scorso in base alle precedenti interpretazioni della legge 243 del 2004 (governo Berlusconi) che istituì in forma sperimentale e volontaria ‘l’opzione donna’. Secondo una precedente circolare dell’Inps, che aveva tenuto conto del fatto che sulla vecchia pensione di anzianità si applicava la cosiddetta finestra mobile, passava cioè un anno dalla maturazione dei requisiti alla decorrenza della pensione, il termine per le domande scadeva a fine 2014 (novembre, tenendo conto che bisogna presentarla un mese prima) anziché il 31 dicembre 2015.

Non è però assicurato che le richieste che arriveranno grazie alla nuova interpretazione verranno accolte, e soprattutto liquidate. Non è affatto certo, infatti, che la Ragioneria generale dello Stato avalli l’interpretazione larga della norma, perché questa comporterebbe un aumento della spesa. Tanto è vero che nello stesso messaggio diffuso dall’Inps si legge che l’Istituto, “in seguito dell’emergere di ulteriori perplessità in merito alla portata della norma”, ha chiesto chiarimenti al ministero del Lavoro. “In attesa di conoscere gli esiti delle valutazioni”, si dispone che gli uffici continuino ad accogliere le domande.
(rainews)

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