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Anteprima #Voce #Popolo:Pupi #Avati al #Sermig nell’intervista a #Voce #Popolo annuncia #film sui #Vangeli

download (5)Il regista Pupi Avati presente al Sermig.
Le riflessioni del maestro sulla bellezza delle persone e l’annuncio del suo progetto di tradurre in film per la televisione alcune pagine del Vangelo attualizzate.

“Porterò i Vangeli in televisione” Entro il 2015 il primo film ispirato alle Nozze di Cana,
attualizzate fra i migranti extracomunitari


Pupi Avati sta progettando una serie di film televisivi ispirati ai
Vangeli. Intende attualizzarli, calare il messaggio nella società
moderna, < >. La notizia è freschissima,
comunicata per la prima volta attraverso questa intervista alla Voce
del Popolo. < >. Abbiamo incontrato il regista Avati martedì 5
maggio all’Arsenale della Pace, dov’era ospite dell’Università del
Dialogo. Accompagnati da Ernesto Olivero, suo amico, ci ha accolti
nell’ufficio del fondatore del Sermig, tra icone orientali e statuette
della Madonna. Lo sguardo è intenso e sornione. Il suo modo di parlare
è quieto e preciso, ma alterna momenti in cui si accende di passione.

— Maestro Avati, come immagina l’attualizzazione televisiva dei Vangeli? —

Sto tentando di proporre una serie di film che riguardi i Vangeli. Non
la semplice messa in scena dei passi evangelici, ma una loro
attualizzazione. Come il Vangelo possa essere oggi un modello, una
lezione di vita. Certo, si tratta di un modello di vita altissimo,
impraticabile, ma anche una richiesta di bellezza assoluta. Perché
volere bene al prossimo come a se stessi è una delle richieste più
assurde che si possano avanzare. Pensare che gli ultimi sono beati
perché saranno i primi è straordinario: una visione così rovesciata ma
così straordinaria, piena di amore per il prossimo.

— Cosa vedremo nel film sulle nozze di Cana? —

Il primo film, prodotto per la televisione, avrà per titolo < >, ispirato alle Nozze di Cana. Lo giriamo fra pochi mesi,
sarà pronto entro fine 2015. Alle nozze di Cana Gesù compie il primo
miracolo della sua vita, sollecitato da sua madre. Io ambienterò il
film fra i braccianti che raccolgono gli agrumi in Calabria:
braccianti subsahariani, ragazzi che arrivano dall’Africa più
razziata, penalizzata. Uno di questi ragazzi si innamora della figlia
del padrone dell’agrumeto: una storia difficilissima… Questo film
vorrebbe essere il primo di una serie. Un’operazione simile a quella
che fece Kieslowsky con dieci film del < >. Mi auguro che mi
mettano nelle condizioni di poter realizzare questa serie di film.
Partiamo con le Nozze di Cana, ma purtroppo non abbiamo ancora la
certezza di poter produrre i film successivi.

— Che cosa pensa di queste difficoltà? —

È una cosa che mi preoccupa perché, secondo me, riprendere il
messaggio dei Vangeli e trasportarli nell’oggi è importante anche per
chi non è credente. È significativo anche a livello sociale.

Fa un po’ specie che il progetto tardi ad essere sostenuto e mandato
avanti. Con tutta la produzione di polizieschi, drammi familiari,
storie di famiglie disfatte, una serie di film positivi dovrebbe
essere sostenuta. Il Vangelo ti fa vedere l’altro nella sua luce
migliore, nella sua bellezza. Avere difficoltà oggi a produrre film di
questo genere in un paese che sta al centro della cristianità è un po’
inquietante… Peraltro l’autore dovrebbe essere apprezzato: Gesù
Cristo…

— La bellezza della persona umana, soprattutto della persona
fragile, è uno dei temi ricorrenti dei suoi film…

La bellezza delle relazioni umane, della qualità dell’essere umano,
della famiglia, certo. Ma anche la bellezza dei sogni dell’essere
umano; anche la bellezza della persona che non ce la fa e aspetta
continuamente, dentro di sé, di essere risarcito. L’essere umano
continuamente spera di riscattarsi, poi magari non ci riesce.
L’importante è dargli voce, dare voce a questa sua bellezza. Io questo
essere umano inadeguato, che si porta appresso un senso perenne di
inadeguatezza, lo trovo a me molto vicino.

— < > scriveva Dostoevkij. Questa
bellezza lei la vede dentro alle persone. —

Sì certo, ma non solo della bellezza esteriore. Ci sono vari gradi di
bellezza: Belen è certamente bella, la cappella sistina è bellissima.
La bellezze dell’essere umano si coglie soprattutto nella sua
fragilità. E’, per esempio, la bellezza del disabile… Io ho scritto la
storia di una ragazzino down, che è di una bellezza incommensurabile,
uno degli esseri umani più belli che io conosca. Certo bisogna andare
a cogliere l’interno della persona, non solo l’esterno. Non potete
immaginare quanto i genitori di questo bambino siano riconoscenti di
avere un bambino down: questa è la bellezza che intendo io. Tutto può
essere apprezzato come bellezza: il gesto di chi ti recita un poesia,
il tempo che condividi con gli altri, anche solo in un vagone
ferroviario. È bellissimo stare con gli altri. Però bisogna essere
educati a mettere in campo la propria sensibilità e soprattutto la
propria vulnerabilità. Perché la vulnerabilità che ti fa percepire
l’altro, non la forza.

—Quest’anno anche il Salone del Libro, che si apre fra pochi giorni,
celebra la bellezza. Precisamente la bellezza dell’Italia, dei beni
culturali e naturali. Approva il tema? —

Era ora che si puntasse su questo. L’Italia ha un ministero intitolato
ai Beni Culturali e al Turismo, ma fino a prima del ministro
Franceschini era percepito come una sorta di punizione: non ti danno i
ministeri importanti, però di danno il ministero dei Beni
Culturali…Sembra di capire che adesso finalmente si riconosca
un’opportunità nei beni culturali, nelle migliaia di situazioni
interessanti sul piano della bellezza: sono un’opportunità turistica,
di seduttività dell’Italia. Il nostro paese deve tornare ad essere
seducente. Se questo è il progetto, è assolutamente sensato. Puntare
sulla meraviglia dei nostri beni culturali: non abbiamo altro.

Alberto RICCADONNA e Marco FRACON

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