Italia

Cultura del cibo e integrazione: i piatti dei migranti sbarcano all’Expo

unnamed (83)Quartu Sant’Elena, 15 maggio 2015 – Un’occasione importante per far sentire, attraverso la cultura del cibo, i richiedenti asilo più vicini alla terra che li ospita e meno lontani da quella terra, la loro, dalla quale sono dovuti fuggire. E’ quanto si propone il progetto “Il pranzo di Babele – dall’Africa e dall’Oriente per l’Europa incontrando la Sardegna”, presentato oggi all’ex Convento dei Cappuccini di Quartu, portato avanti dallo Sprar (Sistema protezione richiedenti asilo e rifugiati) San Fulgenzio di Quartu Sant’Elena, in collaborazione con la Caritas San Saturnino Fondazione Onlus, la Caritas Diocesana di Cagliari, la cooperativa sociale il Sicomoro Onlus e il ristorante S’Apposentu dello chef stellato Roberto Petza, attraverso un laboratorio di cucina che vedrà i partecipanti di dodici diversi gruppi etnici proporre e realizzare una ricetta tipica del proprio paese di provenienza rielaborata in chiave sarda. Le attività formative, che si terranno a Siddi nei locali dell’Accademia Casa Puddu, saranno seguite da Alessandro Congiu che realizzerà un DVD da proporre il prossimo 24 settembre all’Expo di Milano, presumibilmente in occasione della presentazione del secondo Rapporto Caritas sulla Protezione Internazionale.

“Abbiamo proposto questo progetto – spiega Stefania Russo, presidente dell’associazione il Sicomoro – perché siamo convinti che grazie alla capacità di rappresentazione e di richiamo propria del cibo, i migranti possano raccontare alla comunità che li accoglie i propri luoghi di origine e la propria storia personale. Per questo, nel processo di scambio tra culture che la migrazione presuppone, sono necessari elementi che permettano di mantenere la propria identità e nel contempo siano strumento e veicolo di scambio ed interazione culturale e sociale”.
Il cibo, dunque, visto anche come mezzo di scambio culturale, come sottolinea lo chef Roberto Petza: “Possiamo dire che rappresenti la prima forma di contatto tra gruppi sociali e individui, perchè presuppone fiducia nell’altro, in colui che ci prepara e ci offre un alimento sconosciuto. Ho condiviso questo progetto con grande entusiasmo perché rispecchia in pieno il motto che anima i nostri corsi di formazione e cioè quello di essere ambasciatori del gusto. Da maggio a luglio rivisiteremo con i prodotti tipici della nostra cucina sarda le ricette proposte da ragazzi del Mali, del Bangladesh, del Pakistan, del Ghana, del Gambia, della Costa d’Avorio, Nigeria, dell’Eritrea, del Marocco, del Ciad, della Somalia e della Guinea, per dar vita a una serie di contaminazioni tra diverse culture culinarie che poi verranno rappresentate all’Expo”.
Il progetto, che si sviluppa attorno all’idea del cibo come prima forma di interazione tra le culture sarà presentato a Milano al padiglione Caritas.
“L’idea è quella di mostrare il video in occasione del rapporto sui migranti – dice monsignor Marco Lai, direttore della Caritas Diocesana di Cagliari – per dare un segnale forte che riprenda le parole del Papa su accoglienza e nutrimento del corpo e dell’anima di questi nostri fratelli che hanno dovuto lasciare la propria terra. Siamo parte attiva in questo progetto per proseguire nella missione che ci vede impegnati nel trovare il giusto connubio tra immigrazione e integrazione. Il cibo rappresenta una di queste strade per i suoi aspetti sociali e relazionali, propri del preparare, offrire, condividere e consumare insieme”. Valori e concetti sposati in pieno dall’Accademia Casa Puddu: “La cucina è l’espressione della cultura di un popolo – rimarca il direttore Gianfranco Massa – e rappresentare questo attraverso la solidarietà e lo scambio di esperienze con persone che arrivano da altre parti del mondo non può che accrescere le loro ma anche le nostre competenze. Da qualche mese tra i ragazzi che fanno servizio in sala al ristorante, sotto contratto c’è anche un giovane inserito nel progetto Sprar. L’auspicio è che qualcuno dei partecipanti a questo progetto possa magari seguirne le orme”.

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