Coisp: Poliziotto riabilitato. Sistema fallimentare

Poliziotto riabilitato dopo 33 anni, il Coisp: “Sistema completamente fallimentare. Lo Stato ha il dovere di tutelarci con mezzi adeguati dalla possibilità che avvengano cose simili. Il nostro lavoro non si può fare a queste condizioni!”
“Quello che leggiamo oggi sugli organi di informazione a proposito del collega riabilitato dall’infamia di false accuse dopo 33 anni è sconcertante. Ma non è frutto della fantasia sfrenata di uno sceneggiatore folle, è pura realtà, e noi lo sappiamo molto bene perché di continuo assistiamo a situazioni simili, che travolgono carriere e distruggono vite e devastano intere famiglie, denunciando l’ignominia di cui si macchia uno Stato che non si preoccupa e non riesce a tutelare i suoi Servitori più fedeli, tenendoli al riparo da queste che sono le peggiori conseguenze possibili legate ad un lavoro non più sostenibile. La ‘morte civile e professionale’, al pari della morte fisica se non ancor di più, è in agguato per chi a causa del suo lavoro si aggira costantemente fra i meandri di vendette, ritorsioni, violenze perpetrate dai soggetti più disparati e per i più diversi motivi. Eppure i colleghi continuano ad essere abbandonati a destini crudeli e feroci, senza aiuto e senza alcun sostegno, e solo i più fortunati riescono a mantenere la loro sanità mentale di fronte a tanta ingiustizia e mentre la vita di ogni giorno si sgretola inesorabilmente sotto ai loro piedi. Non solo. Oggi, incredibilmente, dare addosso ad un Poliziotto è ancor più facile, i mezzi per fargli del male aumentano, gli strumenti per difenderlo diminuiscono, e l’attenzione e la preoccupazione che le Istituzioni dovrebbero riservargli sono sempre più il fantasma di un’utopia”.
Questo il commento di Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, Sindacato Indipendente di Polizia, alla notizia che un Brigadiere sardo, cacciato dalla Polizia perché accusato di aver intascato una tangente nell’82, e finito per questo anche in carcere, è stato riabilitato dopo 33 anni di calvario. Giovanni Maria Scarpa è riuscito a dimostrare la sua innocenza ed è stato assolto dimostrando di essere stato colpito da false accuse. L’ex brigadiere, che ora ha 62 anni, nell’82, dopo undici anni di brillante carriera nella sezione sequestri ed antirapina e dopo aver partecipato anche alla cattura di boss delle bande di Renato Vallanzasca, Francis Turatello e Angelo Epaminonda, fu incastrato da due suoi colleghi di allora, poi risultati corrotti. Fu processato e condannato nell’84 a due anni e nove mesi, oltre all’interdizione dai pubblici uffici. Nell’88 decise di scontare la pena per chiudere i conti con il passato, trascorrendo 129 giorni in prigione. Una volta uscito iniziò un’attività commerciale, che poi fu costretto a chiudere, chiedendo inutilmente il reintegro in Polizia. La svolta nel 2013, spiega la stampa, quando morì il boss che lo aveva incastrato, e l’informatore dell’ex Brigadiere decise di raccontare la verità.
“Lo Stato italiano ha il dovere ineludibile di tenere gli Appartenenti alle Forze dell’Ordine al riparo da situazioni simili – conclude Maccari -, costi quel che costi e con qualsiasi mezzo necessario. E questo dovere deve essere assolto prima di pensare a qualsiasi altra cosa, a qualsiasi altro provvedimento, a qualsiasi altra richiesta che provenga da qualunque parte. Perché il nostro lavoro non si può più fare a queste condizioni”.