Massimo Turlinelli DI-VISIONI inaugurazione sabato 29 agosto
Galleria NUVOLE VOLANTI, via Castello, CASTELFALFI (Montaione, Fi)
Inaugurazione, sabato 29 agosto, ore 17:30
Si inaugurerà sabato 29 luglio alle ore 17:30 la mostra di Massimo Turlinelli “Di-Visioni” a Castelfalfi (FI) presso la Galleria d’Arte NuvoleVolanti e negli spazi Casa Argelà-Gucci. La rassegna è curata dal critico e storico dell’arte Gerardo De Simone.
Come sottolineato dal Curatore De Simone, Turlinelli è uno dei pochi artisti che lavora a matita policroma, tecnica assai rara e peculiare il cui rimando diretto è al divisionismo e al simbolismo.
Le opere di Turlinelli esprimono un profondo rapporto tra l’uomo e la natura, prati verdi, cipressi, pini e cieli infiniti. Questo spettacolo, lineare e pacato, è ciò che maggiormente affascina l’artista e lo incuriosisce: un’incessante fonte di meraviglia, mistero, conoscenza. Il nodo centrale della sua ricerca artistica risiede nel processo combinato della percezione e della rappresentazione: come tradurre in immagini, in opere d’arte le impressioni captate dall’occhio, rimeditate dalla mente, interiormente rivissute. La radice del suo linguaggio è nella pittura dei post-impressionisti francesi e dei simbolisti italiani: la visione è ricomposta sul supporto attraverso una lunga, metodica, studiata applicazione di tocchi di matita e pastello (la cui selettiva gamma cromatica è ridotta alla grafite e ai tre colori fondamentali), segni puntiformi che acquistano concrezione riconoscibile attraverso la loro calcolata aggregazione, come un caos pulviscolare che gradatamente si fa forma e colore.
Raccogliendo l’intuizione degli impressionisti, che avevano fatto dei tratti di colore puro le unità lessicali di base di un inedito, rivoluzionario alfabeto espressivo, Seurat e Signac approfondirono le ricerche sulla percezione visiva con un’impronta scientifico-positivistica, forti dei coevi sviluppi dell’ottica e della chimica organica (si pensi al ‘cerchio cromatico’ di Chevreul), creando il pointillisme. Il puntinismo, spesso allungato in pennellate filamentose evocative di onde di energia, fu adottato in Italia dai divisionisti, come Previati, Segantini, Pellizza da Volpedo, e dai futuristi, poi stregati dal Cubismo sulla via di Parigi. Il divisionismo, che è il movimento cui Turlinelli è intimamente più vicino e di cui è una sorta di epigono, ebbe due anime, non di rado intrecciate tra loro (anche in uno stesso artista): una rivolta alla natura, alla sua ricca, varia, policroma e multiforme fenomenologia, e al simbolo (di qui l’appellativo invalso di simbolisti), alla trascendenza del visibile verso un significato altro, in linea con il fervere di correnti spiritualiste tra fine Otto e primo Novecento; l’altra rivolta alla realtà, al sociale, in chiave di solidarietà umana e di denuncia (il Quarto Statodi Pellizza da Volpedo ne è il manifesto più noto).
Estraneo a quest’ultima componente, Turlinelli è rimasto invece indelebilmente plasmato dalla prima: il naturalismo simbolista, erede della ‘religione della natura’ dei romantici, che elegge conseguentemente il paesaggio come genere principe (pittori come il citato Segantini, Longoni, Nomellini sono tra i suoi numi tutelari).
Gran protagonista della pittura ottocentesca, il paesaggio ha avuto sorti assai meno propizie nel secolo successivo, senza tuttavia mai spegnersi né rinunciare a provare vie nuove. Il paesaggio, in quanto contemplazione della natura, è in essenza interrogazione sul mondo, sulla sua apparenza visibile (ciò che vediamo e ciò che possiamo provare a conoscere). Apparenze reali o ingannevoli, persistenti o evanescenti, verisimili o fantastiche: le visioni di Turlinelli includono vedute naturalisticamente identificabili (scenari pianeggianti o collinari, ora dolcemente ondulati ora ordinatamente ‘pettinati’ in filari) e immagini metafisiche (ombre proiettate, lunghe ed enigmatiche, di dechirichiana memoria) o ‘surreali’ (alberi dalle chiome lievitanti, separate dal tronco, ispirati a Magritte). Rispetto a queste fonti, fondamentali sia in termini artistici che filosofici, Turlinelli approfondisce la sperimentazione sul punto di vista, anzi sui punti di vista sul mondo: ora abbassando la linea dell’orizzonte fino a ridurre il territorio ad un lembo sottile, lasciando campo prevalente al cielo, ora guardando dritto in alto, tra i rami i cui viluppi lineari disegnano tramature astratte; ora ‘volando’ e osservando dall’alto lo scorrere del paesaggio; ora potenziando la gamma cromatica e sfociando in esiti al confine tra suggestioni atmosferiche (di alba o tramonto) e trasfigurazioni visionarie.
Davanti al mondo, Turlinelli resta sospeso tra stupore incantato e razionalità conoscitiva (quest’ultima si coglie anche nel frequente ricorso ai formati quadrati e alla sezione aurea, di ascendente rinascimentale-illuminista): un’ambizione filosofica interpretata con leggerezza, che fa pensare a Calvino, anche per la curiosità indagatrice del visibile (si ricordi ad esempio Palomar: “gli 1 corrispondono generalmente a un’esperienza visiva, che ha quasi sempre per oggetto forme della natura”), e che presenta assonanze significative, e crediamo non casuali, con Jean-Michel Folon e con Tullio Pericoli, con il quale Turlinelli condivide, oltre all’amore per il paesaggio (osservato dall’alto o comunque secondo prospettive non ortodosse), le origini marchigiane.