U.Di.Con: giù le mani dalla sanità
Si ritorna come ogni anno a parlare di spending review e, immancabilmente, il settore sanitario compare tra le prime voci di spesa per i tagli. Non sono bastate le chiusure e gli accorpamenti di intere strutture ospedaliere attuati negli ultimi anni, questa volta nel mirino sono finite alcune prestazioni gratuite per i cittadini che inciderebbero in maniera consistente sul sistema sanitario nazionale.
Nei prossimi mesi, al centro della discussione ci saranno circa 2 miliardi di euro, a tanto ammonta la riduzione che si prevede per il prossimo anno sul settore che, secondo il Governo, in questi ultimi anni ha sperperato le risorse a disposizioni per prestazioni inappropriate ed inutili.
In particolare, saranno attentamente valutate tutte le 208 visite (tra cui risonanza magnetica, cure dentali, test per allegrie, analisi del colesterolo) che attualmente i cittadini possono effettuare gratuitamente dietro prescrizione del medico, finito anche quest’ultimo nel mirino della riforma.
Secondo quanto anticipato dal Ministro Lorenzin, sono previste delle modifiche sulla responsabilità dei medici, con l’inversione dell’onere della prova sui cittadini che intentano cause temerarie.
Sull’argomento è intervenuto il Presidente Nazionale dell’U.Di.Con., Denis Nesci, il quale ha dichiarato: “innanzitutto duole constatare che davanti ad una simile decisione non siano state ancora consultate le associazioni dei consumatori, ciò che più ci preme è che siano effettivamente tutelati i cittadini soprattutto per quanto riguarda i danni subiti a seguito di operazioni sbagliate, la priorità – continua il Presidente Nesci – è la certezza della condanna per i medici che hanno commesso gravi errori, senza far cadere in prescrizione la denuncia dopo sette anni. Invitiamo infine il ministro Lorenzin – continua il Presidente – a valutare attentamente nei prossimi giorni l’azione da intraprendere perché, se è vero che bisogna eliminare inutili sprechi, è pur vero che ciò non deve gravare sulla spesa dei cittadini meno abbienti, né tantomeno costringerli a rivolgersi a strutture private”.