‘ndrangheta: è tempo di bambini pentiti? Un caso
Ci sarebbe un bambino un bambino supertestimone bambino, un nuovo pentito d’ndrangheta, un bambino che ha 11 anni. Il bambino sarebbe figlio di un affiliato all’ndrangheta, la madre del bimbo avrebbe già iniziato la collaborazione tempo fa.
Il bambino potrebbe dare un grosso contributo a scoprire le’ndrine calabresi così si pensa. Ad ora riportano le maggiori agenzia starebbe riempiendo verbali su verbali davanti al sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria Giulia Pantano.
In uno dei verbali Nicola nome (non corrispondente al vero) afferma che “mio papà faceva parte di questa cosca. Papà faceva quello che voleva all’interno della cosca, era il braccio destro del capo”. Quando il pm chiede al bimbo cosa ha visto fare a suo padre ed agli uomini della cosca, il ragazzino risponde che ‘li ho visti fare tutto, tutto quello…so tutto quello che avete trovato armi. Ho visto la droga, le armi, pistole più che altro, fucili mai…la droga l’ho vista sempre nel garage, in giro non l’ho mai vista’”.
Ricordiamo che si tratta di parole riportate dalla testata la Repubblica, che sottolinea che il bambino sia abitato a maneggiare pistole sin da quando era piccolo piccolo, sa bene cos’è la droga e come si chiede il pizzo. Il suo era un destino segnato, sarebbe diventato uno di loro, un picciotto delle ‘ndrine. Nicola, riportano le cronache sarebbe il figlio maggiore di Gregorio Malvaso, 37 anni, presunto capo della cosca di San Ferdinando, arrestato ad ottobre dell’anno scorso dai carabinieri nell’ambito dell’operazione Eclissi.
E’ per “salvare” lui e i suoi fratelli da un destino indirizzato verso la criminalità che Nicola ha deciso di diventare il “pentito” più giovane della storia. Da quando sua madre ha deciso di collaborare con la giustizia, il piccolo non ha risparmiato nulla e ha rivelato (e sta rivelando) tutto ciò che sa: dai nomi dei membri del clan alla divisione dei ruoli, dai “giri” con la cosca alle partite di droga, fino alla consegna della sua scheda telefonica utilizzata in passato anche dal padre.
Da quattro mesi il bambino vive lontano dalla Calabria, in una località protetta, con un altro nome, insieme ai due fratelli più piccoli e alla madre. La donna, quando ha chiesto di parlare con i pm, ha detto che “mi trovo qui per i miei figli, non voglio che crescano secondo ideali e valori sbagliati”.’