Opicina: ucraina suicida in commissariato. Coisp con i 9 poliziotti
Ucraina suicida al Commissariato di Opicina, presenza rispettosa e silenziosa del Coisp in occasione dell’udienza preliminare per 9 Poliziotti. Maccari: “Colleghi nei guai per aver fatto ciò che era previsto ma che non avrebbe mai dovuto spettare loro”
“Dare solidarietà a colleghi finiti nei guai solo per aver fatto ciò che era previsto e che era stato loro detto di fare, nonostante che strutture e mezzi a loro disposizione non fossero idonei e, soprattutto, senza che a chi gestisce l’intero sistema fosse importato dell’insostenibile responsabilità loro affidata, è il minimo che potessimo fare. Il minimo che avessimo il dovere di fare, in quanto rappresentanti di una categoria che continua ad essere lasciata a se stessa, quella di uomini e donne dai quali si pretende tutto senza concedere nulla, ai quali si addossa ogni responsabilità senza assumersi alcun onere di metterli in condizione di operare al meglio, ai quali si scarica addosso ogni conseguenza problematica di un lavoro ingrato e difficile ed a volte impossibile salvo assumere su di se, invece, ognuno dei continui ottimi risultati che quegli stessi uomini e donne portano a casa a costo di sacrifici personali. Il grave episodio accaduto ad Opicina è il simbolo di tutto ciò, ed ecco perché quella è una delle sedi in cui far sentire la nostra presenza ai colleghi che rischiano loro malgrado di restare schiacciati dal peso di un sistema inadeguato che non hanno pensato, predisposto e messo in piedi loro”.
Così Franco Maccari, Segretario Generale del Coisp, nel giorno in cui una rappresentanza del Sindacato Indipendente di Polizia ha manifestato silenziosamente la propria solidarietà ai colleghi in Tribunale a Trieste in occasione dell’avvio dell’udienza preliminare a carico di 9 Poliziotti coinvolti nel caso del suicidio della giovane ucraina Alina Bonar Diachiuk, che si tolse la vita nell’aprile del 2012 mentre era trattenuta presso il Commissariato di Villa Opicina. La donna era stata scarcerata la mattina di sabato 14 aprile dal giudice del Tribunale di Trieste, dopo una condanna a 4 anni di reclusione emessa con il rito del patteggiamento per il reato di associazione a delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, in attesa di essere allontanata dall’Italia. Poichè la straniera non era in regola con le disposizioni inerenti il soggiorno, visto che nella fascia pomeridiana non vi era in servizio personale dell’Ufficio Stranieri, ed inoltre che né il sabato pomeriggio né la domenica sono fissate udienze per l’Autorità chiamata a convalidare i decreti di espulsione, fu il personale della Squadra Volante a prelevare dal carcere la cittadina ucraina per accompagnarla presso la sala fermati all’interno del Commissariato di Villa Opicina in attesa dei provvedimenti amministrativi previsti dalla Legge, in considerazione del fatto che secondo la Questura gli immigrati in attesa di espulsione non dovevano essere rimessi in libertà. Qui la donna si tolse la vita ed, in seguito, la Procura ha chiesto il rinvio a giudizio di 9 Poliziotti, fra cui l’allora responsabile dell’Ufficio Immigrazione, con accuse che, a vario titolo, vanno dal sequestro di persona alla morte come conseguenza di altro delitto, ritenendo che la clandestina non dovesse invece essere trattenuta in attesa di espulsione. Una grave “discrasia” evidenziata fin da subito dal Coisp che, soprattutto, si è battuto per evidenziare l’impossibilità di adempiere a disposizioni come quelle contenute nell’allora neo “svuota-carceri” che addossano ai Poliziotti l’onere di trattenere presso le camere di sicurezza, a volte inesistenti o fatiscenti, soggetti fermati in attesa di giudizio.
L’udienza di ieri non è entrata nel vivo venendo piuttosto rinviata al prossimo 19 gennaio, ma intanto Maccari ha voluto rimarcare la Posizione del Coisp rispetto a questa come a vicende simili.
“Quel che è accaduto a Trieste – ha concluso – ben poteva verificarsi in molti altri posti, come infatti è avvenuto. Ogni giorno, difatti, immigrati clandestini vengono trattenuti negli Uffici di Polizia per eseguirne l’espulsione nonché decine di arrestati vengono trattenuti in attesa di giudizio grazie alle norme dell’ultimo cosiddetto svuota-carceri. Non vi sono disposizioni che regolano punto per punto tali trattenimenti. Sono state fatte le leggi, ma chi le ha fatte si è ben guardato dal redigere le regole per applicarle, demandando agli uomini ed alle donne della Polizia di Stato l’obbligo di arrangiarsi per adempiervi. Nei weekend non è in servizio un giudice che possa convalidare i decreti di espulsione e, di certo non a caso, adesso infatti anche a Trieste è previsto che i clandestini in attesa di giudizio se ne vadano liberi, e se fanno perdere le proprie tracce e non tornano per dare esecuzione al provvedimento al momento che esso diventa esecutivo…. tanto piacere e tanti saluti alla pretesa di legalità dei cittadini ed al lavoro di chi prima è stato chiamato per legge a fermarli. Ma se prima a Trieste non era così per volontà di chi di competenza, non è certamente colpa dei Poliziotti che eseguono ogni giorno degli ordini. Come purtroppo il Coisp aveva profetizzato al momento dell’approvazione del decreto svuota carceri, la tragedia di Opicina, l’ennesima, è la conseguenza diretta dello scaricabarile che è stato consapevolmente effettuato sulle spalle delle Forze dell’Ordine, costrette a trattenere persone per giorni in strutture inadeguate senza che siano mai state fissate delle regole procedurali”.
“Avevamo descritto allora lo scenario e lo rifacciamo oggi – conclude Maccari -: il personale di una Volante arresta un cittadino o qualcuno dispone che determinati soggetti siano trattenuti? Ebbene li si deve trattenere presso la camera di sicurezza e sorvegliarli, ma nel contempo proseguire l’attività di controllo del territorio o garantire le richieste di intervento da parte dei cittadini. Ebbene, il dono dell’ubiquità non ce l’abbiamo, così come non siamo medici né abbiamo a disposizione 24 ore per poter effettuare una valutazione dello stato psico-fisico delle persone che dobbiamo trattenere, così come non abbiamo possibilità di garantire loro qualche minuto d’aria, così come non abbiamo possibilità di garantire loro pasti decenti, e molto altro ancora. Le camere di sicurezza non sono luoghi vigilati come le celle di un carcere, né possono esserlo, non avendo le Questure, e gli uffici di Polizia in genere, personale sufficiente. Personale che, tra l’altro, è stato formato per fare indagini, combattere la criminalità, mantenere l’ordine pubblico, non certo per fare ‘la guardia’ ai malviventi, e che non ha alcuna preparazione che possa aiutarlo ad affrontare emergenze di natura medica, come spesso si verifica. Il suicidio della cittadina ucraina si sarebbe potuto evitare. Ma la tragedia si è verificata e non certo per colpa dei Poliziotti”.