“Roma ha bisogno rapidamente di una profonda riforma politico-amministrativa per troncare la contrapposizione esistente fra la città consolidata – quella ‘storica’ che contiene tutte le funzioni – e le periferie, in cui abita l’80 per cento dei cittadini”. È l’appello a Parlamento e governo del vice presidente del Parlamento Europeo David Sassoli sulle colonne dell’Huffington Post.
“Con l’arrivo in Campidoglio del commissario, la “questione romana” darà il via ad una lunga campagna elettorale.
Se ci pensiamo a mente sgombra, cosa difficile in queste ore, tanti degli errori compiuti negli ultimi 8 anni hanno sempre rimandato a domande più generali. Come si governa Roma? Con quali strumenti è possibile amministrare il più vasto territorio comunale d’Europa?”. Dall’esempio europeo discende la proposta di Sassoli.
“Roma è l’unica grande città europea in cui quasi 3 milioni di abitanti e circa 150mila ettari di territorio sono riuniti in un solo Comune. Una situazione che ha sviluppato, nel corso della sua storia moderna, una costante cultura dell’emergenza e ha prodotto, a parte alcune illuminate esperienze a cavallo del secolo scorso, disprezzo per gli strumenti della pianificazione e una ricerca costante e umiliante di strumenti straordinari. Non è un caso, invece, – afferma David Sassoli – che le grandi metropoli si caratterizzino per una forte diversificazione di poteri e competenze”.
“Da noi, i 15 Municipi di Roma somigliano a enti inutili: vengono eletti dai cittadini, ma sono senza bilancio, hanno poteri delegati e riferiti solo ad alcune materie; al contrario, in gran parte delle grandi città europee si tratta di veri Comuni, con tanto di sindaco, bilancio, urbanistica, servizi di controllo, responsabilità sulla manutenzione. Molto spesso hanno anche poteri sui servizi sociali, edilizia popolare e raccolta e smaltimento dei rifiuti”.
Fare di Roma una “Città delle città”, ecco quanto esprime il vice presidente del Parlamento Europeo. “Di certo – conclude – Roma ha bisogno rapidamente di una profonda riforma politico-amministrativa per troncare, ad esempio, la contrapposizione esistente fra la città consolidata – quella ‘storica’ che contiene tutte le funzioni – e le periferie, in cui abita l’80 per cento dei cittadini. E soprattutto per favorire logiche di integrazione e riqualificazione di vaste aree abbandonate e prive di servizi, in cui si esasperano squilibri sociali, privilegi di casta, vergognosi sprechi di risorse pubbliche. Grandi agglomerati urbani devono trovare dinamiche di gestione proprie delle città. E possono farlo solo diventando città. Disegnare una “città delle città”, con sei o otto veri Comuni, potrebbe inoltre consentire al Campidoglio di dotarsi di un piano strategico e acquisire poteri di indirizzo e controllo idonei ad amministrare una vasta area urbana.
La politica e i partiti hanno enormi responsabilità e oggi ci ritroviamo con una città non amministrata. Per molti aspetti non può esserlo con gli strumenti attuali. E non basta chiedere scusa ai romani – modo infantile e offensivo di prendere atto della propria incapacità – come fanno a gara in queste ore solitari esponenti di partito”.