Dipendente pubblico sospeso per un like su Facebook che nuoce all’immagine del datore
Stop al lavoratore che viene “spiato” sul social. Basta un “mi piace” per la sospensione del dipendente dell’amministrazione penitenziaria che interviene nel thread sul suicidio in carcere dove ci sono commenti duri.
Da domani solo facce cerulee e visi spenti sul luogo di lavoro perché anche fare un “click” sul “Mi piace” al link su internet che nuoce all’immagine del datore dell’azienda può costare caro.
È l’incredibile vicenda processuale accaduta ad un lavoratore, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, a portare alla ribalta un tema “carnevalesco” che però non fa ridere, quello del limite tra scherzo che non va punito e scherzo che integra addirittura una conseguenza censurabile con la sanzione disciplinare della sospensione per un mese dal posto di lavoro. Il fatto riguarda un agente di polizia penitenziaria che interviene nel thread sul suicidio in carcere dove ci sono commenti duri. La sezione del Tar Lombardia con l’ordinanza 246/16, ha stabilito il principio secondo cui il dipendente che sul social network interviene in un thread mette in imbarazzo l’amministrazione datrice dal momento che gli utenti di fb hanno postato «commenti riprovevoli» sulla vicenda; il tutto mentre il lavoratore non ha tolto subito il like, come ben avrebbe potuto, sottolineano i giudici.
Tra l’altro l’articolo postato dava anche notizia del pronto intervento delle guardie carcerarie, dunque la sequenza di commenti che si è aperta risulta complessa. In ogni caso la condotta ascritta al lavoratore non può ritenersi irrilevante. Da oggi la raccomandazione dello “Sportello dei Diritti” è quella di essere cauti prima di condividere sui social frasi o foto che potrebbero offendere la “reputazione” dell’azienda in cui lavorate.
Lecce, 16 sttembre 2015
Giovanni D’AGATA