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Ssi è fatto tatuare in testa il segno della cicatrice del figlio Gabriel, operato di tumore al cervello

ospedale

Un tatuaggio completamente diverso da quelli che siamo abituati a vedere che sintetizza la commovente storia di Gabriel Marshall, un bambino di 8 anni e di suo padre Josh, 28enne del Kansas.

A marzo dello scorso anno al piccolo è stata diagnosticata una rara forma di tumore al cervello. Il mondo crolla addosso ai genitori. Ma il piccolo è forte, lotta. E sconfigge la malattia. Ma da questa lotta esce segnato. Un segno indelebile provocato dall’operazione. Un segno che porterà con sé per tutta la vita: un enorme cicatrice curva sul lato destro della testa. Il bimbo guarisce, ma soffre per questo sfregio sempiterno. Non riesce a sopportarlo. «Si sentiva un mostro», racconta il papà a ABC News. Josh, il padre, per aiutare il figlio ad accettarsi decide di farsi tatuare sulla testa una replica di quella ferita. Della stessa forma. Allo stesso posto. Tutto questo accade ad agosto 2015, quando l’americano dice al figlio: «Sai piccolo? Mi sono fatto tatuare la tua cicatrice. Così, se la gente vorrà prenderti in giro, dovrà prendere in giro entrambi». Da quel momento, Gabriel ha ripreso la fiducia in sé stesso e considera il padre come il proprio gemello. Josh e suo figlio hanno partecipato ad un concorso fotografico consacrato ai papà che si sono rasati i capelli come gesto solidale. Una competizione tra amici che Josh e Gabriel si sono aggiudicati a mani basse. «Non pensavo che il nostro caso facesse tanto scalpore. Per noi rappresentava solo un un concorso simpatico per combattere questa terribile malattia», spiega Josh. Il piccolo Gabriel, dal canto suo, sta bene. Il tumore è tenuto sotto controllo e non cresce più.

Un tatuaggio per amore, commenta Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti”, un gesto per far superare al bambino il disagio che gli provoca quel segno così vistoso, che ora, grazie al gesto del padre, lo fa sentire un po’ meno solo o un po’ più uguale agli altri.  .

Lecce, 22 giugno 2016                                                                                                                                                                                           

Giovanni D’AGATA

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