SALERNO CITTA’ DI MATTEO – IL LIBRO DEGLI STUDENTI DELLE FORNELLE
Gli studenti della scuola “Lanzalone” delle Fornelle hanno intervistato rappresentanti delle istituzioni pubbliche e private, esponenti della Chiesa, della società civile e del mondo del giornalismo
E’ stato presentato questa mattina, nella Sala del Gonfalone, a Palazzo di Città, il libro “Salerno, città di Matteo”, pubblicato dalla Fondazione Comunità Salernitana e curato dalla prof.ssa Marianna Bortone Blasi con la collaborazione dei docenti della scuola “Lanzalone”, di rappresentanti delle istituzioni pubbliche e private, esponenti della Chiesa, della società civile e del mondo del giornalismo.
Nel corso dell’intero anno scolastico, gli allievi del corso G della Scuola Secondaria di I grado “Lanzalone” dell’Istituto Comprensivo “G. Barra” di Salerno sono stati coinvolti in un progetto didattico che è andato ben oltre l’apprendimento scolastico. I ragazzi hanno raccolto le voci dei protagonisti del proprio quartiere, le Fornelle, riscoprendone la storia, le usanze, le tradizioni e i costumi. All’interno del volume si narra anche la storia di Salerno, attraverso i ricordi e le testimonianze di chi questa storia l’ha vissuta, dalla Seconda Guerra Mondiale, all’Alluvione, passando per le suggestioni della festa di San Matteo, patrono della città.
Alla presentazione hanno partecipato coloro che sono stati intervistati dagli alunni e tutti quelli che hanno rilasciato testimonianze sulla storia recente e passata di Salerno. Tra questi, i portatori di San Matteo, le signore delle Fornelle, oltre, ovviamente, ai protagonisti del volume, gli studenti della Lanzalone.
“Un’idea – spiega la prof.ssa Marianna Bortone Blasi, curatrice del progetto – può nascere da tante circostanze. Da un incontro, come anche da un input involontario e occasionale, può essere perfino meccanicamente istintiva. A volte è come un seme che pian piano germoglia e silenziosamente prende vita. In un basso del rione Fornelle, nel 2005, ha inizio il mio impegno nel quartiere, come insegnante di doposcuola. A promuovere l’iniziativa è il mio Club Inner Wheel Salerno, sostenuto e coadiuvato dal parroco dell’Annunziata don Claudio Raimondo. In questo libro, le tradizioni, gli umori e i sussurri del quartiere vengono raccolti dai ragazzi nelle tante interviste; è un chiedere, un ascoltare, un registrare per trasmettere e non voler dimenticare. Al mondo della Chiesa, alla figura di San Matteo, alle tradizioni legate al suo culto si è dato molto rilievo. San Matteo ieri e oggi, assurto a simbolo forte, identificazione singolare del vasto contesto territoriale della metropoli salernitana. Sono grata – rimarca ancora la prof.ssa Bortone Blasi – a quanti (Dirigente scolastica, insegnanti, rappresentanti delle istituzioni pubbliche e private, esponenti della Chiesa, della società civile e del mondo del giornalismo) sono scesi in campo con i quarantotto studenti della scuola media “Lanzalone” per vivere la complessa e affascinante realtà del vecchio cuore di Salerno. Siamo riusciti a realizzare la pubblicazione grazie alla generosa partecipazione della Fondazione Comunità Salernitana, in particolare della presidente Antonia Autuori sempre molto attenta alle iniziative umane e culturali del nostro territorio”.
Al progetto, dunque, ha preso parte anche la Fondazione Comunità Salernitana Onlus, che è la prima Fondazione di Comunità del Mezzogiorno, costituita il 27 aprile 2009. “Il volume – sottolinea la presidente, la dottoressa Antonia Autuori – nasce da un progetto corale, simbolo di sociale convivenza, voglia di voler ricordare e preservare il nostro passato, memoria di accadimenti, racconti, testimonianze. La nostra Fondazione nasce con l’intento di promuovere il dono, rafforzare i legami di solidarietà e responsabilità sociale, di migliorare la qualità della vita, di seminare e rafforzare tracce culturali in cui tutti i cittadini possano sentirsi consapevolmente coinvolti e partecipi. La Fondazione è il punto di incontro tra chi vuole donare e chi ha necessità di chiedere, è spazio in cui bisogni diversi si incontrano e allertano rinnovato modo di intendere il bene comune, è azione di conclamate esigenze che devono essere realizzate. Questo libro è un frammento significativo di vita, una storia di incontri: tra scuola, famiglie, quartiere, città fisica e morale, è eco di voci, tracce di persone. È questo un lavoro di riappropriazione culturale, recupero di ideale identità, ed è singolarmente importante perché coinvolge i giovanissimi, veri attori in prima persona del progetto. Il dialogo è servito ad attivare e declinare positive riflessioni volte a far comprendere soprattutto ai giovani, nati digitali, l’importanza di preservare la endogena cultura, la storia territoriale, le antiche origini, veri prodromi e sostanza di vitalità comunitaria”.
“Con questo progetto – aggiunge la prof.ssa Anna Maria Grimaldi, Dirigente Scolastico – la scuola si è fatta laboratorio di ricerca e luogo di rielaborazione e di produzione culturale, nonché di promozione sociale e civile, avvicinando i ragazzi alla vita reale, alla scoperta del territorio, delle sue tradizioni e delle sue molteplici risorse, contribuendo allo sviluppo di abilità sociali e civili e realizzando, in tal modo, la sua visione istituzionale”.
In 155 pagine, si racconta Salerno, partendo dalle sue origini, fino ad arrivare agli eventi più recenti entrati non solo nella storia ma anche nel vissuto più intimo e personale di tantissimi cittadini. I 48 studenti della Lanzalone hanno intervistato giornalisti, personalità del mondo della cultura, istituzioni politiche e religiose della nostra realtà, tratteggiando uno spaccato di Salerno, ai più finanche sconosciuto.
Antonio Bottiglieri, giornalista, già dirigente nazionale Rai, si è soffermato non solo sulle Fornelle, “quartiere storico di Salerno, chiamato anche il quartiere degli Amalfitani”, ma anche sulla prima trasformazione urbana dovuta al sindaco Luciani che “fece costruire le strade fuori dalle porte”.
L’artista Mario Carotenuto, autore anche della suggestiva copertina, in una lunga intervista rilasciata gli studenti, racconta la sua gioventù, le drammatiche giornate dell’alluvione, l’amicizia con Lelio Schiavone e Alfonso Gatto, oltre alla sua predilezione per le farfalle, tratto distintivo delle sue opere, “simbolo fiammingo che rappresentano la libertà la rinascita, la caducità del pensiero”.
Toccante il racconto di Orazio Boccia, imprenditore e presidente Arti Grafiche Boccia. Nato a Salerno nel 1932 da una famiglia poverissima, Boccia perse il padre nel 1943, crescendo così con la madre e quattro sorelle. “Ho fatto – dice – tanti lavori umili. Il primo è stato quello di sciuscià, cioè di lustrascarpe. Pulivo le scarpe dei soldati americani”. Nel 1945 fu portato nell’Orfanotrofio Umberto I, chiamato “Il Serraglio”. Un’infanzia durissima, “ho vissuto la fame, ma i sogni mi hanno sempre tenuto compagnia”. Nominato Cavaliere del Lavoro, Boccia ha due figli: Maurizio “che segue con molta determinazione i processi industriali della nostra azienda e Vincenzo, attualmente proiettato sulle complesse strategie della Confindustria e sono convinto che lascerà un segno profondo nelle strategie industriali, ma anche sul piano umano, sociale e culturale”.
E, ancora, l’intervista a Matteo Bonavita, titolare del Vicolo della Neve, storico ristorante amato e conosciuto da artisti importanti del nostro tempo. “Quello che non ho conosciuto – svela con una punta di rammarico – è Totò, ma mi hanno riferito che nel primo 900 era nostro cliente”.
Non poteva mancare, ovviamente, neanche Mario Pantaleone, titolare della pasticceria nata nel 1868 dove anticamente sorgeva l’antica Cappella delle Anime del Purgatorio, sconsacrata da Murat all’inizio dell’Ottocento. E’ stato proprio suo zio a brevettare uno dei dolci simbolo di Salerno, la “Scazzetta del Cardinale”, “un dolce ricco di storia”.
Gli studenti della Lanzalone hanno intervista anche le signore delle Fornelle, come Lucia D’Agostino, Lucia Sapere e Maria Rosaria D’Agostino. Raccontano tutte dell’attaccamento al proprio quartiere dove sono nate e vogliono morire. “Non siamo mala gente – spiega con orgoglio Lucia D’Agostino – Siamo persone con il cuore in petto”.
Ampio risalto è stata data alla figura di San Matteo, patrono della città. Secondo l’arcivescovo Mons. Luigi Moretti – intervistato anche lui dagli studenti – “Salerno gode del privilegio di possedere il corpo di San Matteo che è sepolto nella nostra cattedrale. La sua presenza favorisce nella nostra città la pietà popolare, irrobustisce la devozione religiosa dei salernitani. Due le feste importanti in suo onore: il 6 maggio, a ricordo della traslazione del santo in città e il 21 settembre, data della festa liturgica per la chiesa universale”.
Proprio in quest’ultima occasione, partecipativa e corale la processione. A raccontarla agli allievi della Lanzalone, sono stati proprio alcuni portatori (Francesco Alfani, Emilio Alfieri, Ciro De Caro, Giuseppe Fiorillo, Mario Silvestri, Silvio Sivoccia) i quali hanno spiegato che: “i portatori di San Matteo, nel passato, erano portuali, quelli di San Giuseppe, fruttivendoli. Da qualche tempo, invece, si sono aggiunte anche altre categorie come commercianti, operai, dirigenti di fabbrica. Indubbiamente è un sacrificio fisico, ma per noi portatori è una gioia e un onore avere sulle spalle le statue dei nostri santi”.
Toccanti, infine, le testimonianze di chi ha vissuto, in prima persona, momenti tragici della città, come la guerra e l’Alluvione del ’54.Raffaele Annunziata, padre della celebre giornalista Lucia Annunziata, dai suoi 93 anni, ricorda la seconda guerra mondiale quando fu arruolato in Marina e inviato a Pola per poi essere imbarcato sulla corvetta Scimitarra, dove rimase fino alla fine della guerra. Il magistrato Francescopaolo Ferrara, già presidente di sezione della Corte di Appello di Salerno, invece, racconta l’alluvione con gli occhi di quello che allora era un ragazzino di tredici anni. “Sentivamo – dice – anche le grida delle persone travolte dalla frana, anche se più di rado, poiché la maggior parte di loto arrivava già morta”. Stesso trasporto anche nelle parole di Elisa Nigro. Lei, per finire la quinta elementare, fu mandata a Milano dagli zii. Per i compagni di classe era diventata “la bambina del porto. Quando tornai a Salerno, trovai la ruspa che stava demolendo la nostra vecchia casa, per costruirne un’altra. La città stava scoprendo le sue profonde ferite, mentre assisteva i “Bambini orfani dell’alluvione”. Ogni salernitano portava un fiore nel cuore”. Straziante la testimonianza della professoressa Franca Ventre che “omette particolari troppo toccanti e intimi che non si possono tradurre in parole”. La sua storia racchiude in sé, morte, dolore, annientamento perché “gli inquilini del palazzo di mia nonna, quasi tutti miei parenti carissimi, scomparvero in quella notte terribile”. “Rivedo – spiega la professoressa Ventre – mio nonno, mia zia poco più che trentenne che abbraccia, nel tentativo di proteggerle, le sue quattro bambini in età dai dieci anni ai quattro mesi; rivedo il volto di zii, cugini e parenti (in tutto ottantatré), ma sopra tutti, il volto scavato e attonito del mio unico fratello Pietro che, poco più che ventenne, cerca di proteggere, assieme alla moglie, il suo piccolo di otto mesi, il quale gli si abbarbica al collo, pur essendo ignaro della tragedia che lo circonda”.
Il volume si chiude con le frasi scritte dagli alunni su cosa amano di più della propria città. Chiara Plaitano dice: “Sono orgogliosa della principessa Sichelgaita che rispecchia il mio ideale di donna: determinata, colta, caparbia”. Gabriele Ragone predilige “i murales con i versi di Alfonso Gatto nel rione Fornelle”; Lorenzo De Rosa, “le Fornelle, piene di vitalità e di poesie”; Antonio Boccia “il centro storico, perché ci sono nato e conosco tutti”; Claudia Filodoro “Le luci d’artista che illuminano il Natale”.