Bruno Chiarlone Debenedetti Dove finisce la storia e inizia il social…
Al mattino gli viene in mente che il filo della parola è molto esile, soprattutto nel rapporto con gli altri; la conversazione on-line sui social network poi si muove in un terreno minato: bastano pochi accenni per suscitare irritazioni e levate di scudi.. far scoppiare pandemoni e fuochi d’artificio… sembra che molti siano affacciati ad un balcone trasparente sulla pubblica via on-line e che le parole li scalfiscano e li feriscano come proiettili, come lanci di frutta troppo matura o uova marce…
basta una frase per rovinarlo questo balcone virtuale… le parole vengono scrutate dai lettori occasionali che cercano di carpirne il senso e il dissenso, il suono ancora percepibile, il commento stonato o sgradito… le istantanee fatte con i telefonini tradotte in parole che si pietrificano sulla pagina, attimi di vita scheggiata, parole dei vecchi libri con la sorpresa del reperto, un’archeologia del passato di verdura inscatolato nella nostra pagina feisbuc ricca di reperti umani e di brandelli persi nel tempo, immagini abbozzate in luce gentile dei selfi, dialoghi esplicati in forma barocca, pieni di vita imbalsamata…
parole vivaci si aggiungono nelle righe dei social, riempiono il foglio elettronico come protette nella moltitudine e al sicuro nella massa allineata, riga dopo riga ognuna porta il suo minimo pezzo di realtà, ognuna inserisce un frammento di senso che sarà poi arduo non prendere nella dovuta considerazione…
quelle parole cadono a terra sfrigolando come petardi abbandonati alla forza di gravità… Dìstese nel social le frasi sono testimonianze in apparenza immutabili, sono, nella migliore delle ipotesi, l’unica verità possibile nel momento in cui sono scritte, ne costituiscono la traccia scura e l’impalcatura aggiornabile continuamente…
Bruno Chiarlone Debenedetti