Prepensionamento lavoratori vittime dell’amianto
Il primo termine è il 16.09.2017, ma l’INPS non ha la modulistica e rifiuta le domande.
Roma – 02 agosto 2017 – Coloro che, hanno contratto “mesotelioma pleurico, mesotelioma pericardico, mesotelioma peritoneale, mesotelioma della tunica vaginale del testicolo, carcinoma polmonare e asbestosi, riconosciuti di origine professionale, ovvero quale causa di servizio, ha diritto al conseguimento di una pensione di inabilità, ancorché non si trovi nell’assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa. Ai fini del conseguimento del diritto alla pensione di inabilità di cui al primo periodo, il requisito contributivo si intende perfezionato quando risultino versati a favore dell’assicurato almeno cinque anni nell’intera vita lavorativa”.
“Questo è il disposto chiaro dell’art. 1 co., 250 della L. 232/16. Fino ad ora l’INPS ha rifiutato di ricevere le domande, sostenendo che mancava il decreto del Ministro del lavoro. Ora che il decreto del Ministro del lavoro è stato pubblicato in G.U. n. 166 del 18.07.2017, l’INPS non ha più scuse. Però continua a rifiutare le domande e il primo termine del 16.09.2017 si avvicina perché il decreto stesso contiene un cronoprogramma che si fonda anche sulle risorse e quelle non spese si perdono. Ed allora, se nel termine del 16.09.2017, le vittime non riescono a presentare le domande, si ingolfa tutto il meccanismo per l’anno dopo e cioè per il secondo termine, quello del 31.03.2018, oltre che perdere un anno. Per questi motivi abbiamo costituito in mora il Ministro del lavoro, il Presidente dell’INPS e, per il caso specifico del Sig. Giannoni, l’INPS di Massa Carrara, chiedendo peraltro che la domanda da questi presentata venga accolta immediatamente” –dichiara l’Avv. Ezio Bonanni, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Amianto.
L’Osservatorio Nazionale Amianto ha costituito un dipartimento per assistere le vittime/lavoratori che, riconosciuti per la loro malattia professionale, si vedono impossibilitati ad andare in pensione per il fatto che la burocrazia la fa da padrone, e impedisce l’applicazione dell’art. 1 co. 250 della L. 232/16.